
AL CONFINE DELLA REALTÀ
di Beatrice Olivieri
È arrivato il postino e mi ha consegnato un pacco, non c’è il mittente.
Lo apro … È un libro… Sembra molto antico …Mi ricorda uno di quei libri di Beppone che conservava gelosamente e che non mi ha mai fatto toccare.
Siamo stati amici per tanto tempo, ma lo scherzo che mi fece quella volta mi allontanò da lui, e credo proprio fosse per paura di ciò che successe ed ora … Ora mi manda questo libro …. Come? Quando? E perché ora?
Lui non c’è più, il libro della sua vita si è chiuso prima del tramonto, proprio dove mi trovo io in questa fase della vita.
Sono ormai vecchio, ma la memoria è ancora molto buona: ricordo con gioia la nostra gioventù tra lavoro, fame e piccole gioie.
Il mio amico si chiamava Beppe detto “Beppone” perché era alto, forte e robusto, al contrario di me di forma longilinea, che i morsi della fame perenne contribuivano a mantenere.
Ero povero e vivevo ai fianchi di una montagna aspra e povera, alle falde della quale scorreva un rumoroso fiumiciattolo, al limitare di un bosco e Beppone in basso sulla sponda opposta del torrente, che divideva due monti l’uno di fronte all’altro.
Una stradina di montagna acciottolata univa le case sparse sui pendii fino a raggiungere un ponte in legno che io attraversavo spesso per andare a casa di Beppone.
Non ero ricco, ripeto, il sostentamento della mia famiglia erano le pecore che portavo al pascolo, qualche gallina, qualche coniglio ed un orticello che coltivava mio padre.
Vivevo allora con i miei genitori ed una sorellina, mentre Beppone viveva da solo perché la sua famiglia era stata sterminata nell’ultima guerra.
Beppone mi piaceva anche se aveva sei anni di più, avevamo concluso le scuole medie da tempo e non avevamo proseguito con gli studi ma condividevamo il piacere della lettura che ci era rimasto da allora.
In casa ambedue avevamo dei libri tramandati nel corso del tempo, un’eredità preziosa.
I miei erano per lo più di autori classici: Ariosto, Tasso, Dante con copertine ormai lise dal tempo e pagine ingiallite, che io rileggevo di continuo.
Spesso ce li scambiavamo, tranne alcuni che Beppone custodiva con riguardo e che non voleva che toccassi: avevo notato che avevano copertine con strani disegni e simboli.
Francamente il suo atteggiamento nei confronti di questi libri non mi importava, perché la scelta per lo scambio era ampia.
Io, a differenza di Beppone, avevo anche altri amici con cui trascorrere le mie giornate dopo il lavoro, mentre lui si isolava e la gente contribuiva al suo isolamento definendolo “strano”.
Si raccontava in giro di fatti accaduti con lui presente ai quali la gente non riusciva a dare una spiegazione plausibile e razionale, e la superstizione colorava di misterioso tutto quello che lo riguardava.
Ricordo, in particolare un episodio: Beppone era un dipendente dell’“Impresa Boschiva Penna”.
L’azienda commercializzava legna da ardere, la filiera consisteva nell’abbattimento degli alberi, nel trasporto e vendita.
Quel giorno, in particolare, con due colleghi, stava segando una grande quercia che si era seccata, quando, improvvisamente, l’albero si è inclinato cadendo rovinosamente dalla parte di Beppone che non fece in tempo a scansarsi.
I compagni lo credettero ormai morto, quando questi si alzò senza un graffio sorridendo e inneggiando alla fortuna che lo aveva risparmiato.
Col senno di poi e di quello che mi è successo con lui, penso proprio che allora non si trattò di fortuna e che i paesani non avevano tutti i torti a non frequentarlo al di fuori del lavoro.
Ora vado col pensiero ai fatti di quel giorno.
Era un sabato e durante il giorno avevo lavorato tanto ed ero rimasto d’accordo con Beppone che nel pomeriggio tardi sarei passato da lui. Verso le diciassette mi sono incamminato verso la sua casa, il tempo stava cambiando, c’era un temporale all’orizzonte che si avvicinava con fare minaccioso.
Feci appena in tempo ad entrare in casa di Beppone che si scatenò l’inferno: l’acqua cadeva a catinelle e dalla finestra notavo che il torrente si era ingrossato ed era a livello del ponticello.
Beppone mi consigliò di restare a dormire da lui per non rischiare e di ripartire domenica in mattinata.
Non avevo scelta, ma restavo di buon grado, mi trovavo a mio agio con lui.
Abbiamo cenato e poco dopo Beppone mi disse:«Io ora devo uscire per mezz’ora non di più, tu aspettami alzato, continua a leggere il libro che ti ho dato, non tentare di andare a letto».
Allora come ora non capii ciò che diceva e perché doveva uscire con un tempo simile, ma non riuscii a trattenerlo, non avrei neanche saputo come, perché guardandolo negli occhi, per una frazione di secondo, non lo riconobbi e mi ammutolii.
Lui uscì deciso, io mi accomodai sulla poltrona e cominciai a leggere.
Dopo mezz’ora ancora non ritornava e stanco, dimenticando la sua raccomandazione, andai a dormire.
Tirai su le coperte fino al collo e spensi la luce.
La coperta, d’improvviso, scese fino ai miei piedi. Riaccesi la luce per vedere cosa era successo ma tutto era normale: tirai di nuovo su la coperta e spensi la luce, ma la coperta venne tirata giù di nuovo. Dico “venne tirata giù” perché qualcosa o qualcuno la tirava giù.
Non ero e non sono un tipo che si spaventa, quindi, prima di spegnere la luce, presi i lembi della coperta e con entrambe le mani e con tutta la mia forza mantenni la presa. Spensi la luce. Non riuscii nemmeno stavolta: la coperta finì ai piedi del letto.
Accesi la luce, non vidi niente e nessuno,il cuore mi balzò in petto. Mi alzai e corsi in cucina accendendo tutte le luci e sedendomi in poltrona.
Dopo quaranta minuti, Beppone entrò dalla porta e prima che potessi parlare disse: «Scusami per il ritardo, ora possiamo coricarci … però ti avevo detto di aspettarmi prima di andare a letto!».
Io, ricordo che non riuscii a dire nulla, passando una notte insonne, mentre Beppone dormiva tranquillo.
Ero scosso da morire e mi aspettavo delle spiegazioni, ma non ne ho avute da lui quella sera ma la mattina della domenica prima di salutarmi mi confidò un segreto.
Prendendomi le mani mi disse che stava leggendo uno di quei libri con strane copertine che avevo notato e che non mi faceva toccare.
Mi confidò che erano “Libri del comando” che usava sua nonna quando era in vita e che li aveva lasciati a lui in eredità dicendogli che lui aveva “Il dono” come lei e che poteva usarli per fare “Il bene”, ma che era morta prima di insegnargli come.
Io rimasi interdetto riuscii solo a dirgli di stare attento o addirittura di lasciar perdere, era troppo pericoloso, anche se in cuor mio facevo fatica a creder a tutto quello che mi aveva detto.
Lo salutai con dispiacere, avevo un nodo in gola, un brutto presentimento e dopo pochi giorni partii per la leva e poi una volta finita non tornai più.
Dopo tanti anni, mi dissero che Beppone era sparito senza lasciare traccia. Dal sopralluogo dei carabinieri, in casa sua sembrava fosse passato un tornado: non c’era più nulla di integro, tutto era rotto, dai mobili alle porte, dalle sedie alle credenze. Un particolare strano saltò agli occhi degli inquirenti e cioè che sulle mura figuravano delle strane scritte, all’apparenza geroglifici.
Dopo tempo le ricerche furono abbandonate.
Il fiume restituì il corpo di Beppone mesi dopo. Il medico legale scrisse nel referto che il corpo non era quello di un uomo di cinquantacinque anni, la vera età di Beppone. Sembrava molto più vecchio e gli organi interni erano usurati come quelli di un novantenne.
La certezza che fosse lui fu data dalle sue impronte dentali. Il caso venne archiviato in fretta e Beppone fu sepolto nel cimitero locale. Tutte queste notizie le ho avute dagli amici rimasti nei luoghi della mia gioventù.
Ora questo libro … lo apro. C’è un biglietto … un momento! La firma è di Beppone ma … lui è morto da molto tempo!
“Questo è un libro del comando, quello di cui ti ho parlato quella domenica di tanti anni fa: serve per conoscere e distinguere gli spiriti benigni e maligni e le formule per invocarne l’intervento. Ho sbagliato nell’interpretazione di alcuni incantesimi e gli spiriti maligni liberati hanno preso il controllo, volendo obbligarmi a fare cose orribili. Ho rifiutato e mi hanno punito con dolori indicibili. Non potrò resistere per molto, il fisico ha cominciato a cedere.
Ti chiederai com’è possibile dopo tanti anni ricevere un pacco da me. Devi sapere che sto così male e senza via d’uscita che farò testamento da un notaio dicendogli di consegnarti il pacco a venti anni dalla mia morte, così facendo morirò prima perché gli spiriti si vendichino e tu non sarai tentato di usare il libro in tarda età. Sento che il mio corpo mi sta abbandonando … il fiume mi aspetta.
Sei la mia unica speranza per riportare ordine e distruggere questo libro. Leggi la formula che ho scritto su questo biglietto e distruggi il libro secondo le mie indicazioni, e cosa ancora più importante non leggere mai e poi mai il libro!
La formula è … “
Non so cosa mi succede, una voglia di conoscenza mi invade, nonostante sappia del pericolo a cui vada incontro se dovessi leggerlo. Penso che sia oramai alla fine del mio viaggio … cosa potrà mai accadermi di brutto? Beppone alla fine è sempre stato un po’ strano ed esagerato nelle sue considerazioni. In fondo potrei avere “Il dono” e non saperlo.
Apro il libro.
Comincio a leggere…