
L’ARCA DI NOÈ: UN’ASTRONAVE DI ANTICHE DIVINITÀ?
di Giuseppe Ierofante
Per millenni, la storia dell’Arca di Noè è stata tramandata come un racconto di fede, obbedienza e salvezza. Ma cosa accadrebbe se la leggessimo con occhi nuovi, liberi dai vincoli della tradizione? E se quell’enorme vascello non fosse stato costruito per solcare le acque di un diluvio terrestre, ma per attraversare gli abissi dello spazio? E se Noè non fosse stato solo un uomo giusto, ma il custode di una missione interstellare?
Secondo una teoria affascinante e controversa, l’Arca di Noè non era un’imbarcazione in legno, ma una sofisticata astronave progettata da una civiltà extraterrestre. Il suo scopo? Salvare la biodiversità terrestre da un’imminente catastrofe globale — forse un impatto con un asteroide, un’inversione magnetica o un collasso ecologico — e preservare la vita per un futuro nuovo.
In questa visione alternativa, Noè non sarebbe stato un semplice patriarca, ma un emissario scelto, forse addestrato o persino geneticamente modificato da questi “dei venuti dal cielo”. Le “istruzioni divine” ricevute per costruire l’Arca potrebbero essere state trasmesse attraverso tecnologie avanzate, come comunicazioni quantistiche o ologrammi cognitivi.
La Bibbia fornisce misure precise dell’Arca: 300 cubiti di lunghezza, 50 di larghezza e 30 di altezza. Tradotte in metri, queste dimensioni corrispondono a una struttura lunga circa 135 metri, larga 22 e alta 13 — sorprendentemente simile a un moderno hangar aerospaziale o a un modulo orbitale. I tre livelli interni potrebbero rappresentare compartimenti pressurizzati, mentre l’apertura superiore potrebbe essere un sistema di ventilazione o una cupola di osservazione.
Alcuni teorici suggeriscono che l’Arca non fosse nemmeno costruita sulla Terra, ma fosse atterrata qui, camuffata da nave, per poi ripartire una volta completata la sua missione.
L’idea che Noè abbia imbarcato “due di ogni specie” è sempre stata oggetto di scetticismo. Ma se invece di animali vivi, l’Arca trasportasse campioni genetici — DNA, ovuli, semi, cellule staminali — conservati in criostasi? Questo approccio sarebbe molto più efficiente e coerente con le moderne tecniche di bioconservazione, simili a quelle utilizzate oggi nelle banche genetiche e nei progetti di de-extinction.
In questo scenario, l’Arca sarebbe stata un’arca biologica, un archivio vivente della Terra, pronta a ripopolare il pianeta o a colonizzarne un altro.
Non è solo la Bibbia a parlare di un grande diluvio. Racconti simili si trovano nei miti sumero-babilonesi (come quello di Utnapishtim nell’“Epopea di Gilgamesh”), nei testi vedici indiani, nelle leggende cinesi e persino nelle tradizioni dei nativi americani. In molti di questi racconti, gli “dei” avvertono un uomo giusto e gli forniscono conoscenze superiori per costruire una nave o rifugio.
Alcuni studiosi alternativi vedono in queste somiglianze la traccia di un evento globale — o di un intervento extraterrestre condiviso da più culture.
Cosa accadde dopo il diluvio? La Bibbia tace su molti dettagli. Ma testi apocrifi e tradizioni esoteriche suggeriscono che Noè e la sua famiglia potrebbero essere stati “portati via” o “elevati”. Forse l’Arca non si fermò sul Monte Ararat, ma decollò verso un altro mondo, lasciando dietro di sé solo il ricordo mitizzato di una salvezza celeste.
L’ipotesi dell’Arca di Noè come astronave aliena non è solo una provocazione fantascientifica: è un invito a rileggere i testi antichi con occhi nuovi, a cercare nei miti le tracce di un passato dimenticato. Forse, in quelle storie tramandate per millenni, si cela il ricordo distorto di un contatto con civiltà avanzate. E forse, un giorno, scopriremo che l’Arca non solcò le acque… ma le stelle.