GLI ANTICHI DEI DELLA GRECIA – ARES
di Daniele Bello
Capitolo 11
Ares dall’elmo d’oro, possente auriga di carri, intrepido
salvatore di città, armato di scudo, coperto di bronzo,
instancabile lanciere dal braccio robusto, baluardo d’Olimpo,
padre di Nike gloriosa, sostegno di Temi,
maestro di coraggio.
Inni omerici, VI, Inno ad Ares, vv. 1-5
(traduzione di G. ZANETTO)
1.
Attributi della divinità
Nella mitologia greca, ARES (Άρης) – che i Romani assimilarono con MARTE – viene normalmente identificato con il dio della guerra: in realtà, egli rappresenta solo gli aspetti più violenti e distruttivi della guerra e della lotta, intesa come sete di sangue, come distruzione brutale e cieca. Nell’Iliade di OMERO Apollo lo definisce
Ares, Ares sterminatore, sanguinario, assalitore di mura!
Omero, Iliade, Libro V, vv. 455
(traduzione di V. MONTI)
Anche la dea Atena era in qualche modo collegata al culto della guerra, ma il suo campo di azione era quello della strategia, dell’eroismo e dell’astuzia; Ares si esaltava invece negli scoppi di furia e di violenza (ancora più graditi se improvvisi e subdoli), nelle atrocità e nei saccheggi.
Per tale motivo, questo nume non era molto amato tra le divinità dell’Olimpo, che tendevano a diffidare sempre di lui; non sono rare le occasioni in cui Ares viene addirittura duramente apostrofato dallo stesso Zeus.
Secondo la Tegonia di ESIODO, Ares era figlio di Zeus ed Hera; la versione di OVIDIO (Fasti), secondo la quale egli sarebbe stato concepito dalla sola dea Hera, è forse una rielaborazione dell’autore di un mito più antico che parla della nascita di Efesto1.
Oltre che sull’Olimpo, Ares aveva una delle sue dimore in Tracia, circostanza questa che ha fatto pensare che la divinità fosse originaria proprio di quell’area geografica.
2.
Seguaci ed epiteti di Ares
ENIALIO (Ενυαλιος, traslitterato anche come Enialo) era un epiteto comune per il dio Ares. Nelle tavolette micenee in scrittura lineare B si rinviene spesso il nome di un dio chiamato Enialio, mentre ares sembra essere semplicemente il sostantivo usato per chiamare la guerra. In epoca successiva la figura di Enialio venne “declassata” mentre già in OMERO Ares era assunto al rango di divinità.
Altri epiteti di Ares erano:
• Brotoloigos (Βροτολοιγός, Il distruttore di uomini)
• Andreiphontês (Ανδρειφοντης, L’assassino di uomini)
• Miaiphonos (Μιαιφόνος, Colui che è macchiato di sangue)
• Teikhesiplêtês (Τειχεσιπλήτης, Colui che assalta le mura)
• Maleros (Μαλερός, Brutale)
Ares era in genere accompagnato nei campi di battaglia dai figli che il nume ebbe da Afrodite: DEIMOS e FOBOS, che personificavano il terrore e lo spavento.
Degni compagni del sanguinario Ares erano anche ENIO, dea degli spargimenti di sangue, BIA (la violenza) e KRATOS, la forza bruta.
Ares scendeva in guerra accompagnato anche da KYDOIMOS (il demone del frastuono della battaglia), dai MAKHAI (spiriti della battaglia), dagli HYSMINAI (gli spiriti dell’omicidio), da POLEMOS (uno spirito della guerra minore) e dalla di lui figlia ALALA, personificazione del grido di guerra.
Ares aveva una quadriga trainata da quattro cavalli immortali dal respiro infuocato, legati al carro con finimenti d’oro. Tra tutti gli dei si distingueva per la sua armatura bronzea e luccicante ed in battaglia abitualmente brandiva una lancia. I suoi animali sacri erano il barbagianni, il picchio, il gufo reale, il cane e l’avvoltoio. Spesso il dio veniva rappresentato su una pietra color rosso sangue, simbolo degli atti feroci che si compiono in guerra.
3.
Culto di Ares
Per gli antichi Elleni Ares era un dio del quale diffidare sempre; per questo motivo, nonostante la sua figura fosse importante per i poeti e per gli aedi, il suo culto non era molto diffuso.
A Sparta Ares veniva invocato perché concedesse il suo favore prima delle battaglie; qui vi era una statua del dio che lo ritraeva incatenato, a simboleggiare che lo spirito della guerra e della vittoria non avrebbero mai potuto lasciare la città; durante le cerimonie in suo onore venivano sacrificati cani.
Anche ad Atene vi era un tempio di Ares e precisamente nell’Agorà; ad una certa distanza dall’Acropoli, invece, sorgeva l’Areopago, una collina dove nei tempi antichi vi si svolgevano i processi; la relazione con il dio della guerra non è, in verità, sicura e potrebbe essere frutto di una errata interpretazione etimologica. Narra tuttavia APOLLODORO:
“Cecrope sposò Agraulo, figlia di Atteo… poi ebbe tre femmine, Agraulo, Erse e Pandroso. Agraulo ebbe da Ares la figlia Alcippe. Alirrozio, figlio di Poseidone e della Ninfa Eurite, un giorno la violentò, ma Ares lo scoprì e lo uccise. Allora Poseidone citò Ares in giudizio”.
APOLLODORO, Biblioteca, Libro I
(traduzione tratta da: http://ilcrepuscolo.altervista.org/)
Il dio della guerra si presentò allora davanti ai dodici dei Olimpi nel luogo che da allora venne chiamato Areopago ma venne prosciolto.
Un altro dei miti che riguardano Ares è quello che tratta del suo coinvolgimento nella fondazione della città di Tebe, in Beozia.
L’eroe Cadmo aveva ricevuto dall’oracolo di Delfi l’ordine di seguire una mucca e di fondare una città nel luogo ove si fosse fermata. L’animale si fermò presso una fonte custodita da un drago sacro ad Ares.
Cadmo uccise il mostro e ne seminò al suolo i denti: da questi nacquero istantaneamente dei guerrieri (gli Sparti) che aiutarono l’eroe a fondare quella che sarebbe diventata la città di Tebe.
Cadmo, tuttavia, prima di diventarne il re dovette servire Ares per otto anni per espiare l’uccisione del drago; in seguito, l’eroe sposò ARMONIA, figlia di Afrodite e del dio della guerra, per appianare la discordia sorta con il nume.
4.
Amori e discendenza di Ares
Secondo le antiche leggende, nonostante Afrodite fosse legata in matrimonio con il brutto e deforme Efesto, ella gradiva la compagnia del dio della guerra.
Nella leggenda cantata dai rapsodi nel salone del palazzo di Alcinoo, il re dei Feaci (OMERO, Odissea, Libro VIII), si narra che il dio del sole Helios una volta vide Ares ed Afrodite che si incontravano di nascosto nella camera di Efesto e che andò subito a riferirglielo.
Il fabbro degli dei studiò un sistema per sorprendere in flagrante la coppia e fabbricò una rete dorata, con la quale legò i due amanti clandestini; quando Efesto fece scattare la sua trappola, i due finirono bloccati in una posizione assai intima e compromettente.
Non ancora soddisfatto, il fabbro divino chiamò gli altri dei dell’Olimpo per mostrare loro i due sfortunati amanti; le dee per modestia si rifiutarono di andare, ma gli dei andarono senza indugio e nessuno perse l’occasione di farsi beffe di loro.
I due vennero liberati solo quando Poseidon promise di farsi garante per il pagamento dell’ammenda dovuta dagli adulteri: Ares, imbarazzato e pieno di vergogna, se ne andò via tornando in Tracia, la sua terra natia; Afrodite invece riparò a Cipro, nel suo tempio di Pafo.
Molti sono i discendenti che vengono attribuiti ad Ares: con Afrodite, dea dell’amore e della bellezza, egli generò EROS (che fu poi adottato da Efesto), ANTEROS (personificazione dell’amore corrisposto), Deimos, Fobos e Armonia.
Secondo alcune fonti egli era anche il padre di Meleagro, eroe della caccia al cinghiale calidonio, ed Enomao, re di Pisa e ucciso da Pelope.
Altri sostengono ancora che discendessero direttamente dal dio della guerra Partenopeo, uno dei Sette contro Tebe, che Ares avrebbe generato da Atalanta, nonché Tereo, re della Tracia, e Diomede, altro re dei Traci ucciso da Eracle.
Anche molte tra le regine delle Amazzoni, come Ippolita e Pentesilea, vantavano di essere figlie di Ares.
5.
Vicende belliche di Ares
Pur essendo amante degli eventi guerreschi, raramente Ares risultava vincitore negli scontri. Era più frequente, invece, che si ritirasse vergognosamente dalla contesa, quando ad affrontarlo erano eroi e semidei che godevano della protezione di altre divinità.
Quando, ad esempio, Efesto volle vendicarsi della madre Hera, il fabbro degli dei la legò ad un trono fatto di oro e di adamante: Ares cercò di convincere Efesto a liberare la madre facendo uso della forza bruta, ma il figlio deforme di Hera lo mise in fuga con una tempesta di fuoco.
Gli Aloadi
Un’altra delle vicende che vide protagonista il figlio di Hera e Zeus fu la ribellione degli Aloadi OTO ed EFIALTE, come ricorda OMERO nell’Iliade, per bocca del dio Apollo:
Ha sofferto Ares quando Oto e il forte Efialte,
i figli di Aloeo, lo legarono con una salda catena.
Per ben tredici mesi restò dentro una giara di bronzo
e lì sarebbe morto Ares mai sazio di guerra,
se la matrigna dei due Aloidi, la bellissima Eribea,
non avesse avvisato Hermes. Questi liberò Ares,
ormai allo stremo delle forze (la dura prigionia lo aveva sfinito).
Omero, Iliade, Libro V, vv. 385-391
Riferisce APOLLODORO che ALOEO, figlio di Poseidone, sposò IFIMEDIA, figlia di TRIOPE; ma lei si era innamorata dello stesso dio del mare e spesso andava sulla riva, raccoglieva l’acqua nel cavo della mano e se la versava in grembo.
Così Poseidone si unì a lei e ne nacquero due maschi: Oto ed Efialte, i cosiddetti Aloadi (dal nome del padre putativo).
“Ogni anno i due ragazzi crescevano di un cubito in larghezza e di una tesa in altezza; quando ebbero nove anni – raggiunta la stazza di nove cubiti in larghezza e nove tese in altezza – decisero di far guerra agli Dèi. Accatastarono il monte Ossa sull’Olimpo, e sull’Ossa il Pelio, con la minaccia di arrampicarsi su per queste montagne fino a raggiungere il cielo, o di gettarle nel mare fino a trasformarlo in terra ferma, e la terra trasformarla in mare. In più, Efialte voleva prendere Hera, e Oto Artemide”
APOLLODORO, Biblioteca, Libro I
(traduzione tratta da: http://ilcrepuscolo.altervista.org/)
Con questi intenti, i due fratelli catturarono Ares, lo incatenarono e lo misero in un vaso di bronzo dove restò imprigionato ad urlare e lamentarsi per tredici mesi (ovvero un anno lunare). E quella sarebbe stata la fine del nume e dei suoi desideri di guerra se la bella Eribea, la matrigna dei due giganti, non avesse rivelato a Hermes dove era stato imprigionato il dio della guerra.
Hermes riuscì a liberare di nascosto il fratello, mentre Artemide indusse nel contempo con un trucco Oto ed Efialte ad uccidersi l’un l’altro: trasformatasi in cerva, infatti, balzò in mezzo a loro, e i due fratelli tirarono entrambi la loro lancia per colpirla, uccidendosi a vicenda.
Cicno
Alcuni racconti parlano di un figlio di Ares, che era così sanguinario da aver tentato di costruire un tempio dedicato al padre usando le ossa ed i teschi dei viaggiatori da lui trucidati.
Questo rampollo del dio della guerra aveva nome CICNO e venne ucciso da Eracle: la morte del figlio suscitò l’ira di Ares che a sua volta si scontrò con il più grande degli eroi, finendone però ferito e sconfitto.
“Così l’Anfitrioniade, sempre desideroso di combattere, rafforzando l’ardire nell’animo, impetuosamente stette di fronte ad Ares, il quale, afflitto nel cuore, s’appressò; ambedue con un grido si scagliarono l’uno contro l’altro. Come da una scoscesa vetta precipita un gran macigno e a gran balzi rovina giù veemente, con gran fragore, fino a quando non si scontra con un’erta rupe che contro si erge e l’arresta, così con immenso fragore il funesto Ares, pesante pei carri, si slanciò gridando”.
Pseudo-ESIODO, Lo Scudo di Eracle, vv. 433-442
(traduzione di W. JAEGER)
A nulla valsero gli avvertimenti di Atena, accorsa a sostenere Eracle: ella dichiarò infatti che il Fato non avrebbe consentito al dio della guerra di avere ragione del figlio di Alcmena.
“Ma non convinse il magnanimo ardore di Ares: con un gran grido egli, brandendo le sue armi lampeggianti qual fiamma, si scagliò contro la possanza Eraclide, bramosa di uccidere; scagliò la bronzea lancia contro il grande scudo furiosamente incollerito per la morte di suo figlio. La glaucopide Atena, però, sporgendosi dal carro, deviò il colpo della lancia. Un aspro dolore punse Ares, allora; sguainata l’aguzza spada, si slanciò contro Eracle dal cuore possente; ma l’Anfitrioniade, sempre bramoso di pugna crudele, mentre il dio lo assaliva, vigorosamente lo colpì alla coscia scoperta sotto lo scudo ben lavorato: con la lancia ben vibrata gli squarciò gran tratto di carne e lo atterrò nel mezzo del campo.
Subito Fobos e Deimos gli avvicinarono il carro dalle belle ruote e i cavalli, lo sollevarono dalla terra delle larghe contrade, lo disposero sul cocchio ben lavorato, quindi, spronando i cavalli, subito giunsero all’alto Olimpo”.
Pseudo-ESIODO, Lo Scudo di Eracle, vv. 450-466
(traduzione di W. JAEGER)
La guerra di Troia
Nell’Iliade di OMERO Ares non sembra aver stretto alleanze fisse con alcuno dei contendenti: in un primo tempo egli promise ad Atena ed Hera di schierarsi dalla parte degli Achei, ma Afrodite fu abile a convincerlo a passare invece al fianco dei Troiani.
Nel corso della guerra Diomede, mentre si stava scontrando con Ettore, vide Ares che combatteva nello schieramento troiano: esortato dalla dea Atena, l’eroe argivo si scagliò contro il dio della guerra ferendolo con una lancia: l’urlo di battaglia e di dolore spaventò tanto i Troiani quanto gli Achei; Ares fuggì sull’Olimpo, costringendo i Troiani a ritirarsi.
Quando Zeus permise agli dei di partecipare nuovamente alla guerra, Ares tentò di scontrarsi con Atena per vendicarsi della ferita precedentemente subita, ma fu nuovamente battuto e ferito quando la dea lo colpì scagliandogli contro un grosso masso.
Il duello tra Diomede ed Ares nel corso della guerra di Troia è uno dei punti più alti della poesia epica di OMERO, ragion per cui il passo viene riportato quasi integralmente.
Ed ecco che Ares crudele vide il divino Diomede:
lasciò il poderoso Perifante a terra,
dove prima con un colpo gli aveva tolto la vita,
e avanzò contro Diomede domatore di cavalli.
Quando, muovendo l’uno verso l’altro, furono di fronte,
per primo Ares scagliava la lancia di bronzo, al di sopra
del giogo e delle briglie: era deciso a uccidere.
Ma Atena glaucopide (la Dea dagli occhi azzurri) l’afferrò
e la deviò fuori del carro, in modo che cadesse a vuoto.
Subito Diomede, valente nel grido di guerra, lanciò
la sua asta di bronzo. Pallade Atena la indirizzò
nel basso ventre di Ares, dove era cinto con il perizoma:
qui lo trafisse e lo ferì, gli lacerò la bella pelle
e trasse fuori l’asta. Ares, il dio di bronzo, gridò
come gridano forte novemila o diecimila guerrieri
in campo, quando ingaggiano la lotta di Ares.
Un tremore invase le membra di Achei e Troiani,
per lo spavento: tanto alto fu il ruggito di Ares, mai sazio di guerra.
Come si fa scura l’aria sotto le nubi,
quando si leva un vento impetuoso per il gran caldo:
tale appariva Ares bronzeo al Tidide Diomede,
coperto di nubi mentre tornava verso il vasto cielo.
Ben presto giungeva alla sede degli Dei, sull’alto Olimpo,
e si metteva a sedere accanto a Zeus Cronide, soffrendo.
Mostrò il sangue immortale che colava dalla ferita
e con voce lamentosa diceva parole alate:
“Zeus padre, non sei indignato per queste azioni violente?
Dobbiamo sempre patire nel modo più duro, noi Dei,
per volontà nostra, per portare soccorso ai mortali.
Siamo tutti in collera con te: hai generato una vergine insensata,
che sia maledetta: lei non pensa che a imprese scellerate.
Tutti gli altri Dei che sono sull’Olimpo
obbediscono a te, siamo tutti sottomessi a te.
Ma tu non riprendi mai lei, né a parole né a fatti: la lasci fare,
perché l’hai generata da solo, questa figlia terribile;
è stata lei, ora, a spingere il superbo figlio di Tideo, Diomede,
a compiere pazzie contro gli immortali.
Prima ha ferito da vicino Cipride nella mano, al polso:
poi è balzato addosso a me: sembrava un demone.
Mi hanno salvato i rapidi piedi: altrimenti, a lungo
mi toccava soffrire tra mucchi di cadaveri
e, se pur vivo, sarei stato esanime sotto i colpi del bronzo”.
Guardandolo torvo, così rispose Zeus adunatore di nembi:
“Non starmi qui accanto a piagnucolare, voltagabbana!
Tu sei per me il più odioso tra gli immortali che abitano l’Olimpo:
ti è sempre cara la lite, le guerre e le battaglie.
Hai lo stesso carattere, insopportabile e impossibile, di tua madre
Hera: io stesso riesco a domarla a fatica con le parole;
e sono convinto che tu soffri così per i piani di lei.
Non ti voglio lasciare ancora a lungo con i tuoi dolori;
dopo tutto, sei sangue del mio sangue: tua madre ti ha fatto figlio mio;
se tu fossi nato da qualche altro Dio, terribile come sei,
già da tempo saresti più in basso degli altri Uranidi”.
Così parlava e comandava a Peone di curarlo;
spargendo medicamenti sulla ferita
Peone lo guarì.
Omero, Iliade, Libro V, vv. 846-901
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1 Secondo OVIDIO, la dea Hera (esasperata per i tradimenti del marito Zeus, che l’aveva disonorata mettendo al mondo da solo la dea Atena), non volendo e non potendo ripagare il marito con la stessa moneta in quanto dea protettrice del matrimonio e della fedeltà, chiese consiglio e consolazione al dio Oceano. Quando la regina dei numi sostò presso il palazzo della dea Flora (alcuni vi vedono una manifestazione della dea Gea, altri la identificano con Teti, la sposa di Oceano), questa le diede una pianta prodigiosa; Hera la toccò e alcuni mesi dopo generò il dio della guerra.
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Fonti:
https://www.theoi.com/Olympios/Ares.html
o Homer, The Iliad – Greek Epic C8th B.C.
o Hesiod, Shield of Heracles – Greek Epic C8th-7th B.C.
o The Homeric Hymns – Greek Epic C8th-4th B.C.
o The Orphic Hymns – Greek Hymns C3rd B.C. – C2nd A.D.
o Quintus Smyrnaeus, Fall of Troy – Greek Epic C4th A.D.
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