La Soglia Oscura
Misteri

IL MISTERO DEL DIAMANTE HOPE
di Antonella Astori

Ci sono oggetti che, si dice, portino sfortuna, oggetti che possono (nel bene o nel male) cambiare il destino della gente, portarli alla follia o portare loro trasformazioni nella vita in determinate occasioni. Uno di questi è il diamante Hope, conosciuto anche col nome di Blu di Francia, di colore blu intenso e dai riflessi viola, magnetico e profondo, ora custodito presso lo Smithsonian Museum di Washington. Si tratta di una vera e propria pietra preziosa che pesa 45,52 carati (9,1 grammi). Originariamente si pensa fosse stato di circa 112 carati, o forse più. L’origine dei diamanti di colore blu è stata da sempre una sorta di studio, un enigma per
gioiellieri e geologi, ma nuove ricerche hanno dato i loro frutti. Come si è letto nella rivista Nature, i diamanti di questo colore si formano quattro volte più in profondità nella Terra rispetto ai diamanti incolori, a profondità di oltre 400 miglia sotto la superficie.
Di questo in particolare si dice che abbia portato disgrazie e malattie ai possessori e che sia legato strettamente alla storia della maledizione delle tre D: Death, Debt, Divorce. Il diamante Hope causerebbe quindi una delle tre disgrazie con l’iniziale “D”.
Ma andiamo con ordine… Le sue radici sembrano affondare nel periodo del 1500-1600, da miniere di Golconda (India), quando Jean-Baptiste Tavernier, un mercante francese, riuscì ad estrarlo dall’occhio della statua di Rama-Sitra, una dea indù. Questo causò l’ira della divinità stessa che decise di infondere una maledizione sia sull’uomo, sia su tutti coloro che ne sarebbero entrati in possesso. Guarda caso Tavernier ebbe un crollo finanziario, subì bancarotta e, nel tentativo di ricercare la fortuna in India, morì durante proprio il suo viaggio.
C’è invece chi afferma che chi ha fatto questa operazione sia stato un sacerdote che fu poi catturato e torturato a morte per ciò che aveva commesso.
Il diamante arrivò poi nelle mani di Luigi XIV, re di Francia, il quale, per poterlo esporre a tutti con superbia e fierezza durante le cerimonie più importanti, decise di farlo tagliare in forma triangolare e dargli una forma di cuore. Ma sia lui che il suo successore morirono in maniera alquanto orribile; uno a causa del vaiolo e uno a causa di una gangrena, meglio da noi conosciuta come cancrena, derivata dalla gotta.

Ma queste sfortune non fecero paura ai futuri successori che continuarono a sfoggiarlo con determinazione. Prima della Rivoluzione la regina Maria Antonietta avrebbe prestato temporaneamente il diamante a una delle sue più care amiche, la principessa di Lamballe. Dimenticare la sua terribile fine è impossibile: torturata e decapitata dai ribelli, i quali, come se non bastasse, issarono la sua testa su una picca e la portarono con una processione macabra verso la Torre del Tempio, per mostrarla alla sovrana prigioniera. La stessa Maria Antonietta, la quale decise addirittura di unirlo alle pietre di una sua collana, poi fu come sappiamo decapitata e, chi conosceva questo suo avere, pensò bene che fu proprio la pietra a portarle sfortuna. Per questo motivo fu tenuto in sequestro dalla corona francese fino al 1792, quando venne poi rubato insieme ad altri tesori.
Secondo altri studi fatti, la pietra sarebbe stata nelle mani del francese Jacques Color, il quale si trovò ad affrontare la pazzia, finendo poi suicidato dopo aver venduto il diamante al principe russo Kanitowskji. Quest’ultimo lo regalò alla sua amante, una ballerina, uccisa a sua volta dal suo amante stesso per gelosia. Il proprietario successivo, il gioielliere Simon Matharides, morì precipitando da un burrone, ma questo ancora prima di possederlo.
Lo ritroviamo quindi a Londra, probabilmente poi venduto, questa volta però tagliato in più pezzi, finendo prima in mano a Daniel Eliason, un commerciante di diamanti londinese e successivamente ad un ricco banchiere, Henry Philip Hope; da qui si pensa che abbia preso appunto il suo nome. Quest’ultimo trovò la morte nel 1839 e questo diamante passò quindi in successione ai suoi tre nipoti (un nipote di Francis, Henry Francis Pelham-Clinton, conobbe e sposò May Yohé, attrice di musical americani, che era solita indossare il gioiello forse anche in scena. I due vissero al di sopra delle loro possibilità economiche, finendo per avere grossi guai finanziari e matrimoniali…) e poi a tutta la loro stirpe in futuro, fino ad arrivare, nel 1909, venduto all’asta e comprato dal gioielliere Pierre Cartier, vendendolo nel 1911 a Edward Beale McLean, il proprietario del Washington Post, il quale lo donò alla moglie come pegno d’amore. A questa famiglia successero delle disgrazie, tra le quali molte morti (il più giovane, il primogenito morì a soli dieci anni investito da un’auto) e i due coniugi divorziarono. Tutto questo portò ad un problema di alcolismo del marito, la morte della figlia, la quale si suicidò con barbiturici nel 1946. (Si dice che indossò il gioiello al suo matrimonio) e la perdita della moglie che morì a soli sessanta anni per una polmonite.
Fu venduto quindi a Harry Winston, un altro noto e famoso gioielliere (conosciuto col soprannome del re dei diamanti). Fu proprio quest’ultimo a donare la pietra nel 1958 allo Smithsonian Museum, spedendola in una busta di colore marrone con timbri e francobolli, anch’essa esposta al museo insieme al suo contenuto.
Piccola curiosità: persino il postino che recapitò la busta subì una frattura alla gamba, la sua casa prese fuoco e poco tempo dopo morirono sia il suo cane che sua moglie.
Provare se davvero questa gemma porti sfortuna ai suoi possessori non ci è dato da verificare, impossibile. Forse fu Cartier stesso che mise in giro questa voce per poter farlo sfruttare di più, conoscendo la smania della gente nel possedere qualcosa di misterioso ed introvabile, per chiaramente pubblicizzarlo al meglio. D’altronde sono cose che purtroppo succedono e siamo noi stessi gli artefici della nostra vita, nel bene o nel male. Problemi economici, morti tragiche, destini terribili… possono ahimè capitare… La stranezza sta nel fatto che questa gente aveva in comune la possessione del diamante Hope, quindi, chi può dirlo? Forse un fondo di verità c’è?!