
L’anima del condottiero
(Bartolomeo Colleoni d’Andegavia)
foto di proprietà dell’autrice e gentile concessione di Maria Elisa.
«L’ombra canuta del Guerrier sovrano
a Malpaga erra per la ricca loggia,
mutato l’elmo nel cappuccio a foggia,
tra i rimadori e i saggi in atto umano.»
Gabriele D’Annunzio, Le città del silenzio: Bergamo)
Mi hanno sempre affascinato le figure storiche per la capacità di accendere un riflettore così potente da superare indenni i secoli.
Tra queste, Bartolomeo Colleoni emerge come un enigmatico condottiero, la cui esistenza sembra scolpita dal destino.
È il 1395. A Solza, in un villaggio della pianura bergamasca, nasce Bartolomeo Colleoni.
Non è povero e nemmeno sfortunato, basti pensare che trascorre l’infanzia nella fortezza di famiglia.
Castello che oggi ospita la Biblioteca e la Ludoteca del Comune di Solza.
Ma la vita tra gli agi della nobiltà cittadina a cui appartiene si interrompe inaspettatamente con la morte del padre, a soli quindici anni.
Quella che può sembrare una disgrazia si trasforma inaspettatamente nella chiave per la sua libertà. Lo sprona a costruire negli anni la sua fortuna. Il connubio tra ferro e intelligenza lo porterà a conquistare il titolo di fiero condottiero per la sua gente, oscurando persino gli antenati.
Dotato di un’intelligenza strategica e di una forza quasi sovrumana, Bartolomeo Colleoni abbraccia la carriera militare con una determinazione spietata.
Il suo nome diventa leggenda tra i polverosi combattimenti, dove il clangore delle armi si mescola ai sussurri dei suoi avversari.
Venezia lo chiama, poi Milano e ancora Venezia. Eppure, come un’ombra sfuggente, cambia fronte con l’astuzia di chi comprende che la fedeltà più preziosa è solo verso il suo esercito e il proprio destino.
Con il suo celebre motto “Bisogna” fa dell’onore un’arma imbattibile, mostrando vigore e coraggio nelle battaglie.
Tra le più celebri, in quella di Caravaggio nel 1448, la sua cavalleria pesante e le sue tattiche innovative riescono a sconfiggere le truppe di Francesco Sforza, signore di Milano.
A Casalmaggiore, nel 1453, la sua strategia nel gestire l’artiglieria ha la meglio sull’esercito dei Visconti.
Nell’ultima battaglia, a Molinella, l’uso delle armi da fuoco, impiegate per la prima volta, fa strage dei soldati di Federico da Montefeltro.
Le cronache dell’epoca raccontano di mosse che anticipano il futuro, come se fosse in possesso di un sesto senso capace di leggere la strategia dei nemici.
Quell’aura di mistero che lo avvolge alimenta paure e intrighi. I nemici lo spiano senza tregua, ma Bartolomeo Colleoni rimane per tutti un enigma.
Generoso con la plebe, vendicatore implacabile con i suoi nemici, rivela una personalità complessa e divisiva anche per il suo tempo, eppure capace di interconnettersi con chi gli vive intorno.
Da Bergamo e dintorni, i monumenti che celebrano il suo mito sono sparsi per tutta la terra bergamasca.
Anche Venezia ricorda il suo comandante supremo con il “Monumento equestre a Bartolomeo Colleoni”, una bellissima statua bronzea di Andrea del Verrocchio, realizzata tra il 1480 e il 1488, all’apice della carriera dell’amato condottiero. La si può ammirare nel Campo San Zanipolo, a Venezia, ancora oggi.
La testimonianza più forte del suo passaggio, però, si rivede nei vividi e autentici affreschi, conservati nel Castello di Malpaga, la sua residenza di corte.
In ogni scorcio, il rosso del suo inconfondibile cappello si rivela come un muto testimone della grandezza di un’epoca.
Anche i suoi eredi continuano la tradizione, ornando il Castello di rappresentazioni che ricordano le gesta e il potere del celebre Colleoni. Per lui solo fama e onori.
Nonostante le numerose battaglie e gli intrighi di corte, Bartolomeo muore serenamente nel suo letto alla veneranda età di ottant’anni.
Visitando il Castello di Malpaga, osservando gli affreschi e le sue stanze, si avverte palpabile e potente la sua mirabile presenza. Ma chi può dire se quel sorriso enigmatico che aleggia ancora oggi nel Castello non nasconda segreti che attendono solo di essere scoperti?
foto di proprietà dell’autrice

