SFIORANDO L’INDIA – Parte 4°
(Mandu, un’altra India)
di Ginevra Colli
Provo a farvi intravedere cosa potrebbe essere l’India.
Un paese immenso, non per la vastità geografica, ma per quello che essa contiene.
In realtà nemmeno io la conosco. L’ho sfiorata, spiata, annusata.
Dopo una prima volta, sono tornata, ma il pezzetto di cuore che ho lasciato in questo paese incredibile, caotico, rumoroso, maleodorante… non l’ho più trovato.
Sarò costretta a farci ritorno.
Qualche stralcio del mio diario, qualche immagine rubata.
Saliamo sul piccolo autobus che ci porterà a destinazione: Mandu.
La strada, dopo più di un’ora di viaggio, inizia a salire tra panorami di montagna davvero belli.
Riconosciamo Mandu quando davanti ai nostri occhi si materializzano architetture che parlano di Islam.
Mandu infatti è un’antica città afgana.
Siamo catapultati in un’India nuova e antica allo stesso tempo.
Entriamo in quello che resta di un palazzo afgano. Le linee ci portano a metà strada tra Europa e Medio Oriente.
Archi, linee curve eleganti, ma severe. Tutto in pietra scura.
All’interno, anche se il soffitto spesso è sfondato, regna una frescura che mi rigenera. Penso a quanto erano ingegnosi gli antichi architetti, aria condizionata senza corrente elettrica.
Vago da uno spazio all’altro passando attraverso vani di porte decorati in pietra rosa.
Usciamo dalla parte opposta rispetto all’entrata, un gruppo di indiani ci saluta in modo chiassoso. Sgattaioliamo verso l’edificio successivo, sembra una piccola moschea, di quelle senza cupola, solo con il colonnato aperto.
Ci avviciniamo poi ad una costruzione cilindrica sovrastata da una cupola, all’improvviso ci appare, molto più in basso rispetto al livello del terreno, un bacino d’acqua che, per effetto dei riflessi, risulta essere verdissimo. Una donna in fondo alla scalinata fa il bucato. Un gruppetto di ragazzini urlanti si tuffa dall’alto chiedendo di essere immortalati dalle nostre macchine fotografiche.
L’edificio principale, un palazzo principesco, è lungo più di cento metri e largo circa dodici. E’ il palazzo delle mille e una notte, anche se spoglio e privo delle decorazioni che sicuramente erano presenti in origine.
Piscine in marmo rosa a forma di fiori con gradini digradanti, finestre adorne di archi.
Su uno dei due lati lunghi il palazzo si specchia in un grande bacino d’acqua intorno e nel quale sorgono altri numerosi edifici.
Non manca nemmeno il classico bagno turco con la cupola bucherellata.
Siamo i soli europei e il numero degli indiani cresce a dismisura. Ogni due passi siamo obbligati a fermarci per posare davanti a decine di obbiettivi… alla fine… scappiamo!
Usciti dal sito, davvero ricco e interessante, ci dirigiamo verso l’antica moschea. La più antica dell’India,
Sono affascinata, ma non è cosa nuova, Deve esserci qualcosa, nella mia antica storia, che rimane legato per qualche misterioso motivo, al mondo islamico.
Qualcosa che mi parla a livello sensoriale. E’ come tornare a casa. Come trovare un posto che ha il mio stesso respiro.
Tutto intorno a noi è rosa. La pietra delle colonne, delle volte, del pavimento, della luce che da essi si diffonde. Sono incantata.
Passando per uno stretto corridoio sorpassiamo il colonnato per approdare in un nuovo giardino con al centro la moschea vera e propria. Base quadrata (simbolo della terra) e cupola sferica (simbolo del cielo).
Entriamo, ma dobbiamo uscire quasi subito perché siamo praticamente soffocati da turisti indiani che vogliono posare con noi, ma non tutti insieme… uno alla volta!