Giungendo nei pressi del golfo di Baratti, rinomata località balneare sul Mar Tirreno, è possibile con una breve deviazione raggiungere Populonia, dove si trovano i resti di un’Acropoli e una Necropoli etrusca, oltre che un godibilissimo piccolo borgo medioevale dominato da una rocca a picco sul mare.
Molte parti dell’Acropoli sono state ‘cannibalizzate’ nei secoli passati per la costruzione del vicino borgo e perciò dei magnifici templi che dovevano sorgere sul promontorio non è rimasto poi molto, anche se sono tuttora in atto scavi per accertare la l’identità delle divinità a cui erano dedicati.
Risultano ben visibili la facciata del terrazzamento delle ‘Logge’, recentemente consolidata, e la ‘Via Lastricata’, probabilmente una strada cerimoniale poiché non sono visibili tracce di carri e quindi destinata ad essere percorsa esclusivamente a piedi.
Più in basso, rispetto alla posizione privilegiata dell’Acropoli, troviamo la Necropoli di San Cerbone, preservata almeno nelle strutture grazie al fatto che fino agli inizi del XX secolo era coperta per diversi metri da scorie di ferro, accumulati già in epoca etrusca in seguito alla lavorazione del metallo.
Purtroppo, le azioni dei tombaroli e il fatto di riutilizzare tali detriti in alcune attività siderurgiche del secolo scorso, con la raccolta degli stessi tramite macchinari industriali, hanno comunque danneggiato il sito.
All’interno della Necropoli, oltre alle tombe ipogee, è possibile imbattersi nelle tombe a tumulo (VII secolo a. C.), tombe ad edicola e tombe a sarcofago (entrambe attorno al VI secolo a. C.).
Le prime sono di grandi dimensioni, rotonde e concettualmente assimilabili alle cripte, in cui i membri della famiglia venivano riposti dopo la morte. Di sicuro interesse la Tomba ‘dei Carri’, riguardante una potente stirpe di guerrieri e con un diametro di 28 metri, e quella delle ‘Pissidi cilindriche’, probabilmente destinata esclusivamente a donne.
Infatti, se nella prima sono stati ritrovati parti di un carro da guerra e di uno da parata oltre che armi, scudi e i resti di due cani da guerra, nella seconda sono state rinvenute due pissidi (contenitori per il trucco o per i gioielli di provenienza greca).
Procedendo nel percorso si giunge alle tombe ad edicola, destinate anch’esse all’aristocrazia ma più recenti di quelle a tumulo.
Esse mantengono sempre il concetto di un edificio di sepoltura unico per tutti i membri della stirpe (a differenza di quelle a tumulo, in cui i corpi erano allineati, in questo caso venivano sovrapposti, essendo di dimensioni più contenute).
Infine, si giunge all’area dei sarcofaghi, destinati a un solo occupante.
Tutte le tombe, che siano a tumulo, ad edicola o a sarcofago, sono in Pietra Panchina (una roccia calcareo-arenacea tipica degli ambienti costieri) ed Alberese (sempre di origine locale).
Tutte. Tranne una.
Infatti, spicca un sarcofago in pietra vulcanica che, ovviamente, non si trova nella zona di Livorno.
E’ un blocco unico, scolpito con maestria, ed era stato sigillato col piombo.
Secondo gli archeologi, probabilmente era un personaggio illustre ma senza ‘famiglia’ e perciò non destinato ad avere una tomba ad edicola (le tombe a tumulo risalgono ad un secolo prima). Volendo qualcosa di originale, optò per tale tipo di pietra. Una spiegazione interessante e probabilmente soddisfacente.
Ma se tale sepolcro fosse stato realizzato per resistere nei secoli (ed in effetti così è stato, a parte il maldestro intervento di un tombarolo che è riuscito a rompere uno spigolo)? Come rifugio o per ‘trattenere’ qualcosa all’interno? Anche il fatto che sia stato sigillato solleva qualche domanda.
Forse un vero e proprio mistero, ma non era ciò che desiderava l’oscuro destinatario della tomba? Essere ricordato, seppur senza nome, nei secoli a venire.
Come ci rammenta H. P. Lovecraft:
“Non è morto ciò che in eterno può attendere,
E col passare di strani eoni, anche la morte può morire”.