Luogo: Firenze (Toscana)
E’ piacevole camminare sul Lungo Arno nelle ore crepuscolari. La mente ne trae grande beneficio, come se l’energia positiva dell’acqua mondasse pensieri e preoccupazioni. Durante l’inverno, la bruma alimenta l’immaginazione di coloro che, ignorando la rigida temperatura, si avventurano accanto al fiume… Ed è possibile, in tali circostanze, squarciare il velo della razionalità e guardare oltre…
Il sig. P.V., un rispettabile professionista fiorentino, mi raccontò che negli anni ’70, quando era poco più che un ragazzo, fu quasi travolto da una carrozza senza controllo che terminò la sua corsa cadendo rovinosamente nell’acqua scura dell’Arno… senza lasciare traccia. P.V. si era scansato appena in tempo, e mentre la carrozza passava una brezza gelida ed innaturale gli aveva attraversato le ossa lasciandogli una spiacevole sensazione di malessere per alcune ore. Sempre stando alle sue parole, i due cavalli scuri (non erano proprio neri) e la carrozza dai fregi dorati avevano letteralmente “attraversato” il parapetto per poi scomparire, nell’istante stesso che toccavano le increspate acque del fiume. Con ogni probabilità, P.V. aveva visto qualcosa accaduto nei secoli precedenti, immagini impresse sulla trama spazio-temporale a causa della forte drammaticità. Il fatto che la carrozza sia passata attraverso il parapetto sottolinea che quando ciò accadde, non era ancora stato costruito (un fenomeno riconducibile a quello di spettri che attraversano muri dove un tempo sorgevano porte). Ma la narrazione non termina qui.
P.V., che a causa della sua attività ha frequenti contatti con varie persone, si trovò a parlare con un cliente che gli aveva commissionato un lavoro e la conversazione scivolò sugli scherzi che può fare l’immaginazione, citando l’episodio che gli era accaduto sul Lungo Arno. Il suo interlocutore lo osservava attento e lo sguardo non lasciava trasparire alcuna ironia. Era pallido in volto e, dopo alcuni istanti di esitazione, raccontò che suo padre R.M., negli anni ’30, aveva avuto una terrificante avventura. Si trovava a passeggiare sul Lungo Arno, una sera d’inverno, dopo una cena con gli amici. Aveva ecceduto col vino e i riflessi erano conseguentemente ottenebrati. Si rese conto che era davvero distante da casa e che le gambe non lo avrebbero retto per un così lungo tragitto: si stava rassegnando all’idea che avrebbe passato la notte all’addiaccio. Intanto, qualche fiocco di neve cominciava a volteggiare pigramente nell’aria, preannunciando una nevicata. Udì poi uno scalpitio di cavalli e vide che trainavano una carrozza. Con l’audacia data dall’alcool alzò una mano, per fermare il mezzo trainato dai cavalli. La carrozza si bloccò e R.M. aprì il portello per entrare. All’interno una donna con abiti sontuosi piangeva guardando il finestrino e voltando le spalle all’uomo che si accomodò profondendosi in ringraziamenti per l’inaspettato passaggio. La percezione critica di R.M. era notevolmente alterata e la situazione non lo sorprese. Pensò semplicemente di aver di fronte ‘una vecchia matta’ legata ai fasti del secolo passato. La carrozza ripartì immediatamente prima che R.M. potesse comunicare la destinazione e cominciò ad acquistare una velocità sempre più elevata. R.M. fu preso improvvisamente ed inspiegabilmente dal panico ed afferrò un braccio della dama gemente. La donna si voltò e l’uomo, sotto una chioma perfetta, vide un teschio con la bocca spalancata. R.M. gridò dal terrore mentre avvertiva uno sbalzo e dopo alcuni istanti le gelide acque dell’Arno lo abbracciarono. La carrozza era svanita e lui si era ritrovato nel fiume. Riuscì faticosamente a raggiungere la riva e se la cavò con una lunga broncopolmonite e qualche livido. Ma i suoi capelli, prima corvini, erano diventati bianchi. R.M. è morto alla fine degli anni ’90 ma forse il ricordo di ciò che avvenne quella sera lo accompagnò per tutta la vita.
Le due testimonianze si corroborano ed al tempo stesso si confutano a vicenda. Infatti, nella prima il protagonista P.V. assiste ad una sorta di proiezione mentre nella seconda R.M. riesce addirittura a salire sulla spettrale carrozza e toccare l’orribile viaggiatrice, come se avessero una loro fisicità. Comunque, penso che i due fenomeni siano legate e che forse, nel corso degli anni, l’apparizione abbia perso la sua ‘forza’ e conseguentemente la sua capacità di interagire con chi incrociava il suo cammino… Quasi come le manifestazioni spettrali che nel corso degli anni sbiadiscono, fino a scomparire. Chissà, forse sul Lungo Arno è ancora possibile trovare una misteriosa carrozza disposta a raccogliere incauti passeggeri.