Nello splendore di Napoli, in cui Arte e superstizione si fondono indissolubilmente, non si può in alcun modo rinunciare ad incontrare il mistero nella Cappella di S. Maria della Pietà dei Sangro o Pietatella (per via di un’effigie della Vergine della Pietà che pare abbia influenze miracolose).
Ormai sconsacrata e riconvertita a museo, nasconde al suo interno numerosi dettagli e simboli esoterici ed ermetici e, nella sua magnificenza barocca, crea una sorta di piacevole stordimento nel visitatore.
Tra le opere custodite al suo interno e volute dal principe Raimondo de Sangro (1710-1771) risultano davvero sorprendenti per la perizia con cui sono state create sia il ‘Cristo Velato’ di Giuseppe Sanmartino che la ‘Pudicizia’ di Antonio Corradini e il ‘Disinganno’ di Francesco Queirolo.
Il velo della prima e della seconda, e così pure la fine ‘rete’ che avvolge la terza hanno fatto fiorire la leggenda che fu lo stesso principe Raimondo de Sangro ad insegnare una tecnica alchemica per ‘calcificare’ il tessuto.
Infatti, il marmo sembra adagiarsi con leggerezza sulle figure, con pieghe così naturali da sembrare di impossibile realizzazione utilizzando le discipline scultoree.
Addirittura, è aleggiata l’ipotesi che Sanmartino fu fatto accecare dal principe affinché non potesse replicare una tecnica assolutamente perfetta.
Ma chi era Raimondo de Sangro? Un alchimista ed esoterista che fondò una delle prime logge massoniche a Napoli e cioè ‘Rosa d’ordine Magno’ (che altro non è se non l’anagramma del suo nome).
Noto conoscitore dell’occulto, sicuramente è innegabile la sua influenza nella Napoli del diciottesimo secolo.
L’aura misteriosa, oltre ad aver alimentato storie tenebrose, ne ha portate altre sicuramente meno sinistre tra cui il fatto che era in grado di ‘entrare in mare con carrozza e cavalli senza bagnare le ruote’ (almeno, così racconta Benedetto Croce).
Tra le sue prodezze scientifiche, destano sicuramente grande interesse le ‘Macchine anatomiche’, conservate sempre all’interno de ‘La Pietatella’.
Esse rappresentano due corpi umani, femminile e maschile, con scheletro e tutta la fitta rete del sistema arterioso e venoso, fino ai capillari.
I dettagli sono estremamente accurati e precisi, tanto da aver dato spazio tra i popolani e non solo che il principe alchimista fosse riuscito a creare una sorta di liquido metallizzante, in grado di rendere solido il sangue. Iniettandolo su due malcapitati, una cameriera ed un servo della sua reggia, dopo la decomposizione accelerata dei corpi ottenne le due prodigiose ‘Macchine’.
Tale versione ci viene raccontata anche dal già citato Benedetto Croce.
Una vicenda macabra, perfettamente aderente alla mitologia destinata all’illustre scienziato che, dopo averle create, le fece portare nell’appartamento detto ‘della fenice’ (come indicato nelle note di una guida del ‘700 e come riferito da alcuni viaggiatori), per poi essere trasportate successivamente nella cappella.
Guardandole con attenzione, si rimane stupiti dalla perfezione e accuratezza degli intrecci, come se davvero fosse il risultato di un orrendo sacrificio.
A completare il sinistro allestimento, fino al secolo scorso era presente il corpo di un feto, poi trafugato, che sembrava aver subito lo stesso procedimento alchemico.
Scoprendo qualche altro dettaglio, si apprende che la realizzazione delle stesse fu attuata anche con l’aiuto dell’anatomista palermitano Giuseppe Salerno, nella seconda metà del ‘700.
E qui l’arcano e l’insolito cominciano a sfilacciarsi, dato che un contratto depositato presso l’Archivio Notarile di Napoli sottolineerebbe un accordo tra il principe e il medico, col primo che si sarebbe impegnato a fornire filo di ferro e cera per realizzare le opere, probabilmente per fini didattici.
Nel 2008 alcuni ricercatori dell’University College London (UCL) hanno eseguito alcune analisi sulle ‘Macchine’, dichiarando che gli scheletri sono genuini mentre i sistemi circolatori sono realizzati artificialmente appunto con filo metallico e cera colorata.
Anche un’analisi del 2014 effettuata da medici dell’ospedale San Gennaro ha riportato i medesimi risultati.
Che siano un orribile prodigio o meticolosa passione per la scienza, la visione delle due ‘Macchine Anatomiche’ indubbiamente si sedimenta nell’animo dell’osservatore.