L’estate è il tempo ideale per scoprire nuove mete e l’acqua è da sempre un richiamo irresistibile per me. Che si tratti di mare o di lago poco importa. Quando ho bisogno di staccare la spina dal quotidiano, ricerco il panorama liquido che mi regalano entrambi. Così, in un soleggiato sabato di luglio, ho visitato Lovere, lo splendido borgo che si affaccia sul Lago d’Iseo, ignorando le grida horror della Casa che mi avrebbe voluto intenta alle pulizie di routine, come ogni maledetto week end.
La strada è delle migliori solo se amate la guida e, soprattutto, le code dopo l’uscita dall’autostrada A4. Detto questo, vale sicuramente la fatica del viaggio. Arrivando nelle prime ore del mattino, è possibile trovare anche parcheggi per auto gratuiti e, soprattutto, fruire del traghetto per “Monte Isola” (partenza dal molo di Lovere ore 9:25 – 13:20 e 15:50 – orari luglio 2021). Se invece amate poltrire, come la sottoscritta, potrete comunque gioire di parcheggi a pagamento a misura di turista. Non riuscirete a prendere il traghetto, già occupato dai solerti turisti che vi hanno preceduto, ma potrete vivere in religioso silenzio le caratteristiche viuzze del borgo antico, tuffandovi nella storia.
Le case pittoresche, il clima mite e la tranquillità del centro, si fondono perfettamente con la calma che ispira il lago. Lo spirito di un passato autentico si percepisce subito calpestando la pavimentazione a ciottoli per raggiungere la Torre Civica, situata nella spettacolare Piazza Vittorio Emanuele II. L’ingresso è gratuito e custodito da un guardiano che calmiera gli afflussi e fornisce anche la cartina della città, su richiesta. Alta ventotto metri, la Torre offre uno splendido panorama sul lago e sui tetti della cittadina. Salendo le scale, a ogni piano, è possibile leggere la storia della città, scandita dalle dodici Ore/Ere di Lovere. Sono delle targhe in materiale trasparente appese al muro della Torre che riassumono la storia della città a tappe di secoli, utilizzando una comunicazione, oserei dire, perfetta. A ogni passo in salita, l’impressione è quella di trovarsi nel periodo descritto. Arrivati in terrazza, si gode la spettacolare vista a trecentosessanta gradi sulla città.
La visita del borgo a piedi incanta l’occhio del turista, intrattenuto da vivaci negozi di vario tipo che possono soddisfare ogni richiesta. Da menzione sono i dolci “Baci di Lovere”, deliziosi frollini con farcitura di crema alla nocciola e i “Funghetti” di meringa e cioccolato della pasticceria “Wender”.
Per un pranzo delizioso ed economico, il “Bar Centrale” è quello che fa per tutti dove diverse tipologie di piatti, anche caldi, possono soddisfare qualsiasi palato, compreso il dolce. Il gelato del “Bar Centrale” è considerato un must dai residenti, posso confermare il fatto! E poi il lungolago incantevole permette di smaltire facilmente le calorie assunte con il pranzo.
Da non perdere anche la visita alla “Galleria dell’Accademia Tadini”. L’ingresso è a pagamento, ma merita la vista, a cominciare dalla splendida stele funeraria, raffigurante una donna piangente, realizzata dal Canova in memoria dell’amico, Faustino Tadini, prematuramente scomparso a venticinque anni. La stele è di una bellezza disarmante che mi ha commosso, letteralmente. La grande capacità del Canova di trasmettere le emozioni con le sue opere ogni volta mi riga il volto di lacrime.
Lovere è il volto romantico di una località adatta anche per una vacanza.
Quando Faith aprì la porta, quella mattina, la neve già ricopriva la piana di Introd.
«Benvenuto, gelo spettrale» disse, per poi stupirsi delle sue parole. Non era mai stata superstiziosa, né incline a pensieri nefasti, eppure nemmeno la bellezza del paesaggio innevato oggi riusciva a sollevarle l’umore.
Il freddo di gennaio le sferzò il viso, l’unica parte del corpo esposta, corroborandone il risveglio.
Si girò verso il davanzale.
Le briciole di pane che aveva distribuito la mattina precedente erano scomparse, così la ragazza rifornì la scorta di cibo per i suoi piccoli amici.
«Dai Faith o faremo tardi.»
Il rumore di una Jeep che parcheggiava e la voce di Leon la spronarono a sbrigarsi. I moon booth affondavano nella neve soffice, lasciandole i piedi felicemente al caldo. Il pantaneve color ghiaccio e la giacca a vento invernale coordinata la difendevano efficacemente contro il freddo mentre raggiungeva l’auto del suo collega. Era una lezione che Faith aveva imparato il primo inverno trascorso a Introd: mai sottovalutare il tempo in montagna! Un cappellino di lana a pon pon, color ruggine, le ricopriva il capo, unica nota di colore del suo abbigliamento e faceva a pugni con i capelli ramati da cui sfuggivano i lunghi boccoli, appoggiati alle spalle.
«Grazie del passaggio» disse Faith, richiudendo la portiera del 4×4.
Leon si limitò a sorriderle per poi ingranare la marcia e dirigersi verso il Parc Animalier, il luogo di lavoro di entrambi.
«L’hai sentita anche stanotte?»
I due si occupavano degli animali del parco nella stagione di chiusura. Si conoscevano da un anno, da quando Faith aveva superato il colloquio formativo ed era stata assunta come veterinaria per affiancare Leon.
«Sì.»
«E siamo a due sere consecutive. Forse dovresti trasferirti da me.»
«Il verso di un uccello non mi provoca nessun timore, Leon.»
«Devi ammettere, però, che è strano. Non è stagione per gli strigidi.»
«Hai intenzione di passare la giornata a spaventarmi?»
Il ragazzo sorrise, limitandosi ad aprirle la porta d’ingresso per poi dirigersi alle gabbie.
«Oggi penso io ai pennuti» disse soltanto, salutandola con la mano senza girarsi a guardarla.
Faith fissò la porta richiudersi dietro di lui e si decise a chiamare sua sorella.
«La notte è una coltre capace di assopirci o risvegliare ricordi atavici. Dipende dal modo in cui le prestiamo orecchio.»
«Monia, ti ho chiamato per rassicurarmi, non per farmi terrorizzare dalle tue stramberie.»
«La nonna diceva che se la civetta canta di notte sulla tua finestra è presagio di sventura.»
«Non sono sicura che sia una civetta.»
«Bene, di cosa sei sicura, allora?»
«Sono quasi certa che questo uccello si fermi di notte sul davanzale della mia finestra e verseggi fino all’alba.»
«Metti ancora le briciole sul davanzale?»
«Certo, è inverno.»
«Ti sei risposta da sola.»
Sospirando, Faith proseguì.
«Le briciole sono sul davanzale della cucina che dista almeno tre metri dalla camera da letto, muri esclusi. Le rifornisco di mattina e la sera sono già state spazzate via dagli uccellini che difficilmente resisterebbero a un inverno valdostano.»
«Magari ha fame.»
«La civetta, come il gufo e l’allocco, si nutre di topi, ghiri, rettili, insetti e uccelli. Non ha bisogno delle mie briciole, sorella!»
«… né di farti compagnia la notte. Ed è per questo che ne sei spaventata.»
«Adesso hai capito perché ti chiamo di rado?»
«Ah ah ah… spiritosa. D’accordo, ne parlerò con Guglielmo e ci sentiamo stasera. Nel frattempo,
dormi altrove!»
«Che cosa?»
«Dico solo che se non sei certa che sia il verso di un animale, potrebbe anche trattarsi di un richiamo per uccelli. Il che significa che potresti avere un ammiratore segreto che si diverte a spaventarti la notte.»
«Tu e le tue paranoie non fate altro che soffocarmi.»
«Il cottage che hai affittato è troppo distante dalla città, te l’ho già detto.»
«Leggi troppi horror: è questo il tuo problema!»
«Sarà anche vero Faith, ma fammi contenta. Dormi da Leon!»
Sospirando, Faith pose fine alla telefonata e cominciò a smaltire la posta che affollava la sua scrivania.
Non socializzava facilmente. Il suo lato raziocinante la spingeva sempre a isolarsi piuttosto che fidarsi di semplici conoscenti, ma Leon era sempre stato irreprensibile con lei. Perciò era la scelta più ovvia.
Due ore dopo, Faith raggiunse il collega al recinto dei cervi.
«Mi ospiti per la notte?»
«Certo, ne vuoi parlare?»
«No, ne ho già discusso con mia sorella che ne parlerà a mio cognato. Mi sembra già troppo per i miei standard.»
Annuendo, il ragazzo riprese ad accudire gli animali, preferendo lasciarla da sola a macerare il silenzio.
«Guardiamo i fatti» le disse Leon, dopo aver terminato la luculliana cena d’asporto che aveva ordinato in onore della sua ospite.
La ragazza si limitò ad annuire, sorseggiando l’Amarone che le era rimasto nel bicchiere.
«Potrebbe essere un esemplare sfuggito a qualche privato.»
Faith lo guardò e, per la prima volta durante l’estenuante giornata appena trascorsa, gli sorrise. In effetti, si era lasciata suggestionare subito dai ricordi d’infanzia senza pensare al lato più ovvio della faccenda.
«Buona idea. Domani controllerò le denunce. A proposito, grazie di avermi ospitato con così poco preavviso.»
«Figurati.»
«Che cosa ha detto Paola?»
Leon si limitò ad alzare le spalle.
«Non stiamo più insieme.»
Faith sgranò gli occhi azzurro cielo di primavera senza profferire parola. Leon accese lo stereo e una musica d’atmosfera invase la stanza. Lo vide chiudere gli occhi e rilassarsi sulla poltrona senza degnarla di uno sguardo e il gesto l’aiutò a tranquillizzarsi. Leon le piaceva perché la capiva. Fin dal primo giorno l’intesa lavorativa era stata formidabile. Amava la solitudine, ma con Leon non sembrava doverci rinunciare. Il senso di colpa per non aver intuito i problemi familiari del collega si attenuò fino a scomparire, lasciandola leggera.
Il crepitio del camino diffondeva l’odore di legna e il tepore del focolare la fece stare bene fino al mattino seguente.
Nelle tre sere successive si ripeté il rituale. Monia non l’aveva più richiamata ma, inspiegabilmente, non sentiva il bisogno di lasciare lo chalet dell’amico per il suo cottage. Le comodità della cittadina valdostana e l’allegria che si respirava in casa avevano rallegrato anche l’umore di Faith che ormai preparava anche la cena senza più imbarazzo.
Lo squillo del cellulare la sorprese a cucinare.
«Ehi, sorellina, come te la passi?»
«Hai ripreso a bere?»
«Non ho mai smesso, se è per questo.»
«Stavo aspettando tue notizie, te lo ricordi?»
«E da quando fai quello che ti dico?»
«E’ fantastico avere una sorella!»
Ignorando il sarcasmo di Faith, Monia proseguì «Ho parlato con Guglielmo e puoi stare tranquilla, si tratta solo di superstizione.»
«Anch’io ho novità. Leon mi ha aiutato a catturarla.»
«La civetta?»
«Sì. In realtà si trattava dell’allocco femmina di un residente. Si era smarrita durante una gita nel bosco e il padrone non è riuscito subito a recuperarla.»
«E perché cercava te?»
«Non voleva me. Cercava semplicemente di rientrare in casa.»
«Come l’avete catturata?»
«E’ bastato rintracciare il proprietario e invitarlo a passare la notte con noi al cottage. Le abbiamo lasciato la finestra aperta e l’allocco è volato subito nella gabbia.»
«Tutto bene, quindi. Anzi, direi benissimo visto che sei ancora da Leon.»
«Beh, sorellona, adesso non farti film rosa. Leon abita a pochi metri dal parco. Possiamo andarci a piedi.»
«Solo per questo?»
«Qui continua a nevicare. Se fossi al cottage sarei isolata.»
«Non hai risposto alla domanda.»
«Diciamo che nonna mi ha dato una mano a superare la superficialità del mio carattere nell’ambito relazionale.»
«Ne sono contenta. Per anni ha continuato a ripetercelo, te lo ricordi?»
«Eccome, mi ha attivato più di un mantra. Non appena ho percepito il suo verso nel dormiveglia ho subito pensato alla civetta e ai racconti che nonna ci propinava da piccole.»
«Comunque, io lo sapevo già.»
«Che non si trattava di una civetta?»
«Ma no, stupida. Che vuoi che ne sappia io di animali? Parlavo di Leon.»
«Sapevi che non stava più con Paola? Sei chiaroveggente, ora?»
«Faith, il tuo dannato raziocinio finirà per uccidermi. Sapevo che Leon ti piaceva.»
«Non lo conosci nemmeno.»
«Conosco te. E tu mi hai parlato di lui.»
«Ok, finiamola qui» ancora ridendo, Faith interruppe la telefonata e rivolse lo sguardo verso la finestra. L’immagine sorridente della nonna si materializzò in cucina per poi affievolirsi nella luce del tramonto.
Scuotendo la testa, Faith le sorrise a sua volta.
I ricordi viaggiano con noi, parlandoci senza emettere suoni e non c’è modo di fermarli. L’intangibile è reale almeno quanto il concreto, solo che è più difficile accorgersi di quanto ci influenzi, avrebbe detto Monia se fosse stata presente. E, per la prima volta, Faith le diede ragione.
L’autunno a Crespi d’Adda è meravigliosamente cupo. La Dea dormiente anche qui si riveste di colori spettacolari, ma lascia una vena malinconica negli occhi dello spettatore che è difficile trovare altrove. L’attrazione principale del luogo consiste nella visita al villaggio operaio. Patrimonio dell’Unesco dal 1995, fu costruito dall’imprenditore Cristoforo Benigno Crespi nel 1878 e portato al massimo splendore dal figlio fino al 1930 per poi iniziare lenta ma graduale discesa, terminata nel 2003 con la chiusura definitiva del Cotonificio. E’ la testimonianza più importante e concreta del fenomeno dei villaggi operai nell’Europa meridionale, frutto dell’influenza dei paesi Nordici. La sua storia ricca di contraddizioni, non permette di affermare se il progetto fosse frutto d’illuminismo o imprenditoria paternalistica, resta il fatto che all’apice del suo splendore diede un futuro concreto a quattromila operai che abitavano la zona.
Parcheggiata l’auto a Trezzo d’Adda, in Via Antonio Gramsci il parcheggio è gratuito la domenica, il villaggio si raggiunge a piedi con una passeggiata di circa trenta minuti, costeggiando l’Adda. Parallelamente al fiume, scorre il Naviglio della Martesana che collega l’Adda a Milano. L’acqua scorre tranquilla nel canale. Nel passato, era il principale mezzo di comunicazione usato dalle persone per raggiungere la città. Oggi in disuso, ancora attrae l’attenzione del viandante che qui si ferma a leggere la poesia dedicata al Naviglio.
Oltrepassato il fiume grazie a un ponte di ferro, si raggiunge la sponda bergamasca e, dopo pochi minuti, anche il villaggio. L’accesso è a pagamento, anche se non ci sono controllori né sbarre che ne impediscano l’ingresso pedonale. Il silenzio quasi assordante mi convince che sia un Sito abbandonato, al pari del Cotonificio Crespi. Vedo una chiesa, esatta copia in miniatura della Chiesa di Santa Maria Novella a Busto Arsizio. A fianco, un edificio ospita il bar del dopo lavoro. Entrambi deserti. Invece mi sbaglio. Il villaggio è ancora vivo. Lo scopro dopo aver trascorso un’ora passeggiando fra le case. Ebbene sì, i discendenti degli operai del cotonificio Crespi o, perlomeno, alcuni di essi lo abitano ancora oggi. Intravedo una famiglia che sta accogliendo gli amici per il pranzo domenicale. Imbarazzati, tutti distolgono lo sguardo forse per paura che rivolga loro domande alle quali sarebbe troppo doloroso rispondere. Eppure continuano a viverci, trascorrono tempo e fatica a coltivare il giardino annesso. Mantengono inalterata la struttura di origine delle proprie case, rispettando i parametri imposti prima dalla Famiglia Crespi e oggi dal Comune e dall’Unesco. Difficile dire se con orgoglio o solo per tradizione. Lavorano altrove, ma ci ritornano ogni sera. Con la visita al cimitero, si conclude il giro panoramico. Il Mausoleo della Famiglia Crespi è costruito con ceppo d’Adda, il materiale locale abitualmente adoperato nel territorio e riconoscibile ovunque. Questo dovrebbe renderlo parte integrante del paesaggio, ma le dimensioni e la verticalità dell’opera gli permettono di torreggiare impunemente sugli incauti visitatori. All’ingresso, piccole lapidi ricordano i bambini della Comunità morti prematuramente; se ne contano a centinaia. L’atmosfera gotica che si respira lo rende un luogo spettrale. Trattengo il respiro. Riesco a varcarne la soglia solo per pochi passi e poi devo arretrare, vittima di un sortilegio che mi costringe a girare le spalle al luogo, ritornando sulla via principale ad ammirare la fila interminabile di cipressi che portano il viandante dal luogo di sepoltura all’ingresso del villaggio per terminare la visita. Nel mezzo, la Fabbrica, ormai abbandonata, saluta il visitatore lasciandomi di nuovo preda di un sottile disagio, la melanconia di un luogo amato e non ancora dimenticato.
Martedì, 18 agosto 2020, ore 20:30. Il Sito dell’Osservatorio di Saint-Barthélemy, Frazione Lignan, in Valle d’Aosta ci ha già informati nel pomeriggio, tramite una simpatica “spunta verde”, che la visita notturna (prenotata on line giorni prima), è disponibile.
La serata è mite in Valle, a Nus, dove io e la mia famiglia soggiorniamo, ma non di meno, seguiamo scrupolosamente le informazioni forniteci dal Sito circa l’abbigliamento montano da adottare per assistere con serenità alla visita guidata.
La strada che conduce all’Osservatorio (mezz’ora circa da Nus) è irta di tornanti, ma poco frequentata. Alle 21.00 siamo già arrivati, trovando parcheggio presso il Planetario. Messa in sicurezza l’auto, ci accingiamo a raggiungere l’Osservatorio a piedi, muniti di torce (come saggiamente consigliati sempre dal Sito).
All’arrivo ci accoglie l’incaricato che indirizza i visitatori a munirsi di biglietto (uno per gruppo, seguendo scrupolosamente le istruzioni Covid 19) mentre io e mio figlio attendiamo nello spiazzo dedicato, distanziati correttamente dagli altri ospiti. Le luci soffuse dell’esterno ci permettono già di alzare gli occhi al cielo e ammirare le prime stelle visibili. Alle 22:00 ci accompagnano sul retro dell’Osservatorio per svolgere la visita in sicurezza, viste le attuali normative circa il distanziamento sociale. E inizia il tour del Firmamento in compagnia di due simpatici e preparatissimi Astrofisici.
Due consigli:
Per chi non ama guidare di notte, presso il Planetario o poco distante, sono presenti Alberghi dove è possibile soggiornare, prenotando in anticipo.
L’uso della coperta per proteggere le gambe (sempre consigliata dal Sito), oltre al giubbotto imbottito, è stata fondamentale per goderci l’intera esperienza.
Se siete in zona, vi consiglio di partecipare. Il costo del biglietto regala anche il tuffo tra le stelle che vi porterete a casa.
https://www.tripadvisor.it/Attraction_Review-g187863-d3696096-Reviews-Osservatorio_Astronomico_della_Regione_Autonoma_Valle_d_Aosta_e_Planetario_di_Lig.html
La mia recensione presente su Tripadvisor:
Scienza, cultura e pizzichi di leggende sapientemente miscelate dai due astrofisici incaricati hanno reso la vista notturna del cielo di agosto un’esperienza indimenticabile, strappandomi più volte anche la risata. La preparazione e simpatia del personale è stata determinante a spiegare con semplicità un argomento che spesso risulta ostico a chi l’ascolta. Il tempo trascorso è volato, rendendomi ancor più consapevole dell’infinita bellezza che ci attraversa. A distanza di giorni, emozionandomi a guardare il cielo notturno, ora so anche orientarmi per individuare i principali astri che sono stati illustrati durante la visita. L’Osservatorio offre un incontro che avvicina. Perciò grazie!
La risposta del Referente:
Siamo noi che la ringraziamo per l’interesse e per le belle parole nei confronti della nostra attività. Siamo particolarmente colpiti dall’espressione “un incontro che avvicina”, per due ragioni.
Il primo motivo è che l’astronomia viene giustamente considerata la scienza dell’infinitamente lontano; tuttavia, comprendere la natura degli astri che si trovano anche a distanze immense ci permette poi di guardare a quanto abbiamo vicino con occhi nuovi e maggiore consapevolezza, come scrive lei. Siamo contenti se siamo riusciti a trasmettere questo messaggio.
Il secondo motivo è che le sue parole dimostrano che il distanziamento interpersonale, vincolo cui siamo momentaneamente costretti nell’interesse generale, non impedisce di sentirci vicini. A causa dell’emergenza sanitaria non possiamo svolgere le visite guidate estive come le avevamo originariamente concepite. Siamo felici di vedere che le soluzioni da noi individuate siano efficaci dal punto di vista divulgativo e anche del rapporto umano con il pubblico (risate comprese). A fare la differenza sono l’interesse dei visitatori, la competenza dello staff e ovviamente lo spettacolo del cielo notturno di Saint-Barthélemy, candidato a ricevere la certificazione Starlight Stellar Park riconosciuta dall’UNESCO.
Cogliamo l’occasione per ricordare a chi legge questa recensione di consultare il nostro sito web per informazioni e le necessarie prenotazioni: sopra, nella sezione “Contattaci”, trovate il link alla home page. Invitiamo poi a iscriversi alla nostra newsletter per essere informati tempestivamente sulle iniziative che proponiamo. Chi vuole può seguirci su Facebook, Instagram, Twitter e YouTube: i link ai social si trovano in calce a ogni pagina del sito, dove c’è anche il collegamento a questa pagina di TripAdvisor.
Buon tutto, Andrea (ricercatore e referente per la comunicazione della Fondazione C. Fillietroz-ONLUS)
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