I segreti di Bastet

I segreti di Bastet

Quella sera il silenzio dominava gli ospiti in attesa. Un gatto dal colore indefinibile era entrato in trattoria, catalizzando subito l’attenzione del branco. Muto, sporco e affamato, il povero felino si era comunque inchinato di fronte alla padrona di casa, prima di avvicinarsi al cibo. Bastet ricambiò lo sguardo, ammaliata dal gesto elegante, e comprese. I cattivi trascorsi non lo avevano scalfito. Miagolò in risposta il suo nome. Flight era tornato a casa. O, meglio, al rifugio per gatti forastici organizzato che gli Umani chiamavano trattoria. Della sua vera casa presso le sorgenti del Nilo, nascosta fra le pieghe del tempo, questa non possedeva che un granello di sabbia votiva, capace di attrarre solo persone amanti degli animali: le cosiddette ‘volontarie’. Erano perlopiù donne e ragazze che ogni giorno prestavano servizio gratuito in trattoria. Si occupavano dei felini, sempre pronte a faticare in nome di un amore più grande. Ma il potere della dea finiva lì, confinato tra le mura del locale. O, forse, anche questo barlume di fede era solo un’illusione e le indomite gattofile l’aiutavano solo grazie al loro amore per madre Natura.
Bastet aveva scoperto di avere limiti solo dopo aver lasciato la terra di Bast. Ma si era adattata subito, accettando il nuovo ruolo e l’incantesimo di protezione impostole per gestire il suo regno anche nella terra degli Umani.
Un sospiro le sfuggì, suo malgrado. L’ avrebbe fatto di nuovo, nonostante tutto quello che adesso aveva imparato sul mondo? Avrebbe lasciato ancora la sua terra natia solo per amore di Flight?
Lui non la ricambiava. Forse le era affezionato, ma finiva lì il suo interesse. Il gatto non si era fatto scrupolo a lasciarla per inseguire un sogno. Adesso ne era finalmente consapevole e amareggiata.
Saperlo fuori da solo, nel mondo disperato del presente, non le aveva concesso un minuto di pace. Eppure, l’aveva lasciato andare, pur temendo il peggio. Che Flight fosse lo spirito incarnato di Moses, il Grande Gatto della sua gente, non era ancora stato dimostrato. Ma l’istinto l’aveva comunque costretta a concedergli la libertà che le chiedeva. Moses era votato al Bene per la salvezza degli Umani, ma vedere quanto i segni della sofferenza lo avessero ferito attraverso il suo felino preferito le procurò un piacere dolce e amaro, al contempo. Flight era il gatto per eccellenza. Soriano, dal pelo iridescente così simile al colore del Sole, affettuoso e sicuro di sé. Il maschio alfa per eccellenza. Se nemmeno Flight avesse vinto la ritrosia degli Umani, la speranza di Moses si sarebbe rivelata la più grande delle ferite.
Bastet strinse le labbra, guardando Flight cedere al sonno. Il pasto luculliano gli aveva permesso di rilassarsi. Al risveglio, finalmente il suo amore le avrebbe fatto rapporto. Tre anni trascorsi a vagare, ramingo, forastico, in completa solitudine. O almeno era quello che Bastet si aspettava di ascoltare.
Il cielo già si tingeva di nero. La notte era arrivata e con lei anche il segreto più grande che nascondeva. Di giorno riposava immobile nel corpo di una donna, di notte Bastet ritornava alla sua vera essenza felina.
Solo un momento, un battito di ciglia e la trasformazione aveva effetto.
La dea gatta scosse finalmente le vibrisse e si preparò a festeggiare con i suoi accoliti la penombra estiva.

Miti senza tramonto

Un pomeriggio assolato e l’urgenza di proteggermi dal sole mi spingono a pagare il biglietto per una mostra fotografica di cui so poco o nulla. Sono a Biella e a Palazzo Gromo Losa è in atto la mostra del fotografo Douglas Kirkland che ritrae Coco Chanel e Marilyn Monroe, due icone del Novecento famose nel mondo, decisamente fumose per la sottoscritta. L’ideale per perdere tempo senza farsi sopraffare dalla noia in attesa della cena, penso mentre pago il biglietto a prezzo intero. Le assistenti mi invitano a iniziare il percorso dall’ orto botanico che ospita coltivazioni di aromi per poi procedere verso il giardino in stile italiano, impreziosito di frasi famose appese, come cornici a cielo aperto. L’esperienza è sorprendente, più per l’allestimento delle frasi che per il verde esposto.

Foto dell’autrice – mostra Palazzo Gromo Losa 2021

Appena rientro nel Palazzo e incontro le foto tutto cambia. Le prime sale parlano di Coco Chanel.
Un’ icona di stile e di moda. Decisa, austera, sagace, una donna moderna sotto molteplici punti di vista. La sua determinazione traspare netta e non posso far altro che ammirarne la tenace bellezza.

Foto dell’autrice – mostra Palazzo Gromo Losa 2021
Foto dell’autrice – mostra Palazzo Gromo Losa 2021
Foto dell’autrice – mostra Palazzo Gromo Losa 2021

Nell’ultima sala, la filodiffusione trasmette un brano di Frank Sinatra. E’ di nuovo il 17 novembre 1961. Marilyn è all’apice del suo successo e sta posando per un giovane fotografo. Le foto sono destinate alla pubblicazione su “Look” in occasione del venticinquesimo anniversario della rivista. Marilyn chiede alla troupe di lasciare il set, permettendo così al giovane fotografo di esprimersi liberamente. Kirkland la riprende da una balconata sopra il letto, allestito per l’occasione con lenzuola di seta. Sul comodino, due calici e una bottiglia di Dom Pèrignon allietano i due durante le pause. Otto mesi dopo il servizio fotografico, Kirkland è a Parigi per fotografare Coco Chanel quando apprende la notizia della tragica morte di Norma Jeane Baker, alias Marilyn Monroe. La donna aveva solo trentasei anni, ma il suo mito è ancora intramontabile. Le foto parlano da sole, audaci, sensuali, accattivanti, attirano lo spettatore nella rete. E la magia è la stessa, oggi come sessant’anni fa, il fascino di Marilyn Monroe non lascia indifferente il pubblico. Ora lo posso confermare anch’io.
La mostra è disponibile fino al 12 settembre 2021.

Foto dell’autrice – mostra Palazzo Gromo Losa 2021
Foto dell’autrice – mostra Palazzo Gromo Losa 2021
Foto dell’autrice – mostra Palazzo Gromo Losa 2021

Faith

Foto da Pixabay.com

Quando Faith aprì la porta, quella mattina, la neve già ricopriva la piana di Introd.
«Benvenuto, gelo spettrale» disse, per poi stupirsi delle sue parole. Non era mai stata superstiziosa, né incline a pensieri nefasti, eppure nemmeno la bellezza del paesaggio innevato oggi riusciva a sollevarle l’umore.
Il freddo di gennaio le sferzò il viso, l’unica parte del corpo esposta, corroborandone il risveglio.
Si girò verso il davanzale.
Le briciole di pane che aveva distribuito la mattina precedente erano scomparse, così la ragazza rifornì la scorta di cibo per i suoi piccoli amici.
«Dai Faith o faremo tardi.»
Il rumore di una Jeep che parcheggiava e la voce di Leon la spronarono a sbrigarsi. I moon booth affondavano nella neve soffice, lasciandole i piedi felicemente al caldo. Il pantaneve color ghiaccio e la giacca a vento invernale coordinata la difendevano efficacemente contro il freddo mentre raggiungeva l’auto del suo collega. Era una lezione che Faith aveva imparato il primo inverno trascorso a Introd: mai sottovalutare il tempo in montagna! Un cappellino di lana a pon pon, color ruggine, le ricopriva il capo, unica nota di colore del suo abbigliamento e faceva a pugni con i capelli ramati da cui sfuggivano i lunghi boccoli, appoggiati alle spalle.
«Grazie del passaggio» disse Faith, richiudendo la portiera del 4×4.
Leon si limitò a sorriderle per poi ingranare la marcia e dirigersi verso il Parc Animalier, il luogo di lavoro di entrambi.
«L’hai sentita anche stanotte?»
I due si occupavano degli animali del parco nella stagione di chiusura. Si conoscevano da un anno, da quando Faith aveva superato il colloquio formativo ed era stata assunta come veterinaria per affiancare Leon.
«Sì.»
«E siamo a due sere consecutive. Forse dovresti trasferirti da me.»
«Il verso di un uccello non mi provoca nessun timore, Leon.»
«Devi ammettere, però, che è strano. Non è stagione per gli strigidi.»
«Hai intenzione di passare la giornata a spaventarmi?»
Il ragazzo sorrise, limitandosi ad aprirle la porta d’ingresso per poi dirigersi alle gabbie.
«Oggi penso io ai pennuti» disse soltanto, salutandola con la mano senza girarsi a guardarla.
Faith fissò la porta richiudersi dietro di lui e si decise a chiamare sua sorella.
«La notte è una coltre capace di assopirci o risvegliare ricordi atavici. Dipende dal modo in cui le prestiamo orecchio.»
«Monia, ti ho chiamato per rassicurarmi, non per farmi terrorizzare dalle tue stramberie.»
«La nonna diceva che se la civetta canta di notte sulla tua finestra è presagio di sventura.»
«Non sono sicura che sia una civetta.»
«Bene, di cosa sei sicura, allora?»
«Sono quasi certa che questo uccello si fermi di notte sul davanzale della mia finestra e verseggi fino all’alba.»
«Metti ancora le briciole sul davanzale?»
«Certo, è inverno.»
«Ti sei risposta da sola.»
Sospirando, Faith proseguì.
«Le briciole sono sul davanzale della cucina che dista almeno tre metri dalla camera da letto, muri esclusi. Le rifornisco di mattina e la sera sono già state spazzate via dagli uccellini che difficilmente resisterebbero a un inverno valdostano.»
«Magari ha fame.»
«La civetta, come il gufo e l’allocco, si nutre di topi, ghiri, rettili, insetti e uccelli. Non ha bisogno delle mie briciole, sorella!»
«… né di farti compagnia la notte. Ed è per questo che ne sei spaventata.»
«Adesso hai capito perché ti chiamo di rado?»
«Ah ah ah… spiritosa. D’accordo, ne parlerò con Guglielmo e ci sentiamo stasera. Nel frattempo,
dormi altrove!»
«Che cosa?»
«Dico solo che se non sei certa che sia il verso di un animale, potrebbe anche trattarsi di un richiamo per uccelli. Il che significa che potresti avere un ammiratore segreto che si diverte a spaventarti la notte.»
«Tu e le tue paranoie non fate altro che soffocarmi.»
«Il cottage che hai affittato è troppo distante dalla città, te l’ho già detto.»
«Leggi troppi horror: è questo il tuo problema!»
«Sarà anche vero Faith, ma fammi contenta. Dormi da Leon!»
Sospirando, Faith pose fine alla telefonata e cominciò a smaltire la posta che affollava la sua scrivania.
Non socializzava facilmente. Il suo lato raziocinante la spingeva sempre a isolarsi piuttosto che fidarsi di semplici conoscenti, ma Leon era sempre stato irreprensibile con lei. Perciò era la scelta più ovvia.
Due ore dopo, Faith raggiunse il collega al recinto dei cervi.
«Mi ospiti per la notte?»
«Certo, ne vuoi parlare?»
«No, ne ho già discusso con mia sorella che ne parlerà a mio cognato. Mi sembra già troppo per i miei standard.»
Annuendo, il ragazzo riprese ad accudire gli animali, preferendo lasciarla da sola a macerare il silenzio.
«Guardiamo i fatti» le disse Leon, dopo aver terminato la luculliana cena d’asporto che aveva ordinato in onore della sua ospite.
La ragazza si limitò ad annuire, sorseggiando l’Amarone che le era rimasto nel bicchiere.
«Potrebbe essere un esemplare sfuggito a qualche privato.»
Faith lo guardò e, per la prima volta durante l’estenuante giornata appena trascorsa, gli sorrise. In effetti, si era lasciata suggestionare subito dai ricordi d’infanzia senza pensare al lato più ovvio della faccenda.
«Buona idea. Domani controllerò le denunce. A proposito, grazie di avermi ospitato con così poco preavviso.»
«Figurati.»
«Che cosa ha detto Paola?»
Leon si limitò ad alzare le spalle.
«Non stiamo più insieme.»
Faith sgranò gli occhi azzurro cielo di primavera senza profferire parola. Leon accese lo stereo e una musica d’atmosfera invase la stanza. Lo vide chiudere gli occhi e rilassarsi sulla poltrona senza degnarla di uno sguardo e il gesto l’aiutò a tranquillizzarsi. Leon le piaceva perché la capiva. Fin dal primo giorno l’intesa lavorativa era stata formidabile. Amava la solitudine, ma con Leon non sembrava doverci rinunciare. Il senso di colpa per non aver intuito i problemi familiari del collega si attenuò fino a scomparire, lasciandola leggera.
Il crepitio del camino diffondeva l’odore di legna e il tepore del focolare la fece stare bene fino al mattino seguente.
Nelle tre sere successive si ripeté il rituale. Monia non l’aveva più richiamata ma, inspiegabilmente, non sentiva il bisogno di lasciare lo chalet dell’amico per il suo cottage. Le comodità della cittadina valdostana e l’allegria che si respirava in casa avevano rallegrato anche l’umore di Faith che ormai preparava anche la cena senza più imbarazzo.
Lo squillo del cellulare la sorprese a cucinare.
«Ehi, sorellina, come te la passi?»
«Hai ripreso a bere?»
«Non ho mai smesso, se è per questo.»
«Stavo aspettando tue notizie, te lo ricordi?»
«E da quando fai quello che ti dico?»
«E’ fantastico avere una sorella!»
Ignorando il sarcasmo di Faith, Monia proseguì «Ho parlato con Guglielmo e puoi stare tranquilla, si tratta solo di superstizione.»
«Anch’io ho novità. Leon mi ha aiutato a catturarla.»
«La civetta?»
«Sì. In realtà si trattava dell’allocco femmina di un residente. Si era smarrita durante una gita nel bosco e il padrone non è riuscito subito a recuperarla.»
«E perché cercava te?»
«Non voleva me. Cercava semplicemente di rientrare in casa.»
«Come l’avete catturata?»
«E’ bastato rintracciare il proprietario e invitarlo a passare la notte con noi al cottage. Le abbiamo lasciato la finestra aperta e l’allocco è volato subito nella gabbia.»
«Tutto bene, quindi. Anzi, direi benissimo visto che sei ancora da Leon.»
«Beh, sorellona, adesso non farti film rosa. Leon abita a pochi metri dal parco. Possiamo andarci a piedi.»
«Solo per questo?»
«Qui continua a nevicare. Se fossi al cottage sarei isolata.»
«Non hai risposto alla domanda.»
«Diciamo che nonna mi ha dato una mano a superare la superficialità del mio carattere nell’ambito relazionale.»
«Ne sono contenta. Per anni ha continuato a ripetercelo, te lo ricordi?»
«Eccome, mi ha attivato più di un mantra. Non appena ho percepito il suo verso nel dormiveglia ho subito pensato alla civetta e ai racconti che nonna ci propinava da piccole.»
«Comunque, io lo sapevo già.»
«Che non si trattava di una civetta?»
«Ma no, stupida. Che vuoi che ne sappia io di animali? Parlavo di Leon.»
«Sapevi che non stava più con Paola? Sei chiaroveggente, ora?»
«Faith, il tuo dannato raziocinio finirà per uccidermi. Sapevo che Leon ti piaceva.»
«Non lo conosci nemmeno.»
«Conosco te. E tu mi hai parlato di lui.»
«Ok, finiamola qui» ancora ridendo, Faith interruppe la telefonata e rivolse lo sguardo verso la finestra. L’immagine sorridente della nonna si materializzò in cucina per poi affievolirsi nella luce del tramonto.
Scuotendo la testa, Faith le sorrise a sua volta.
I ricordi viaggiano con noi, parlandoci senza emettere suoni e non c’è modo di fermarli. L’intangibile è reale almeno quanto il concreto, solo che è più difficile accorgersi di quanto ci influenzi, avrebbe detto Monia se fosse stata presente. E, per la prima volta, Faith le diede ragione.

Foto di Monica Porta – diritti riservati

Marzo 2020

Marzo, marzo incasinato. Chiudi l’ombrello e ti rivedi segregato!

Mio caro Marzo, fino a ieri non volevo proprio scriverti, inconsciamente convinta che se non l’avessi fatto la situazione sarebbe migliorata. E nulla valevano le opinioni degli amici che mi chiedevano di continuare a scrivere sul blog, di dire anche la mia opinione ai tempi del coronavirus.

Io, invece, niente! Nada, nagutt!!! Dita bloccate al blog, continuavo a scuotere la testa e a dirmi che c’era altro da fare, tanto altro piuttosto che salutarti. Tenersi informati sulle notizie di salute pubblica, ad esempio. E a farlo bene il tempo passa… Le informazioni pubblicate impegnano parecchio!

Per fare moto, invece, niente di meglio del pulire casa. Ecco, pulire non è mai stata la mia passione. Solo dovere, noia, dovere. Ma ora no. Amuchina per il bagno, per la cucina, persino per i pavimenti. A me è andata bene, finora. Avevo fatto la scorta da “Acqua e Sapone” in tempi ancora non sospetti e per ora sopravvivo, sperando che la situazione a breve si normalizzi.

Mi sbagliavo, però. Ignorarti non serve a niente. Tu, imperterrito, prosegui a scorrere le ore, combinando guai ovunque, ormai!

Oh mondo, cosa stai combinando? Se pensavi fosse una sorpresa aprire l’Anno con la scossa ci sei riuscito!

Il covid-19 ci sta necessariamente portando ad essere più distanti, preferendo il digitale in ogni forma ed espressione. La sua minaccia può essere in agguato dietro ogni superficie che tocco, pulire è diventato un bene necessario. E chissenefrega se assomiglia pericolosamente a un’ossessione, se le mani ormai rischiano la dermatite, stressate dal continuo disinfettare, perché noi stiamo bene. Ed è questo ciò che conta. Dobbiamo stare tutti bene.

E il panico? Sto cercando di tenerlo sotto controllo, ma non è facile. Nonostante il governo ci inviti alla calma, o forse proprio per questo, sento che la situazione sta sfuggendo di mano. Allora, che fare?

Niente. Ecco il mio consiglio: niente di diverso dal solito. Rispettando le direttive sanitarie forniteci, io cerco di comportarmi come il solito. Un bel respiro e poi al lavoro… preparare il pranzo della domenica, scrivere la storia che la notte mi ha regalato, godermi un film in Tv, seguire Facebook… ironia della sorte, ora ho davvero il tempo per farlo.

E domani? Dovrò riprendere il lavoro e avrò il sorriso sulle labbra più del solito perché da domani quasi tutti i miei colleghi, me compresa, lavoreranno in Smart Working. Come il solito, più del solito perché adesso è fondamentale per andare avanti.

Passo dopo passo, possiamo superare anche questa se restiamo vigili. Insieme, possiamo farcela!

Marzo, ci sentiamo presto. Tu, intanto, calma il ritmo. Fa come noi. Stai in bolla, depura l’aria, rilassati!

Noi vogliamo tornare insieme, stando tutti bene!

Sanremo 2020 – le mie pagelle – 4° serata: GIOVANI

Tecla Insolia

vs

Marco Sentieri

Tecla

8 marzo

Confermo la prima impressione, brava e preparata.

8

Marco Sentieri

Billy blu

A risentirla oggi le parole le ho capite eccome,

stasera sono per me i due schiaffi d’amore!

8

Leo Gassmann

vs

Fasma

Leo Gassman

Vai bene così

Confermo la prima impressione al riascolto. Bravo anche a seguire le telecamere per rendere lo sguardo al pubblico.  L’ho preferito a Tecla perché ha portato se stesso. Fragilità, paure, ma anche grande energia positiva. L’ho sentito vicino ai tanti ragazzi della sua età. Ha descritto se stesso, ma anche l’universo giovani. Stamattina, dopo aver comprato l’album di Leo, l’ho fatto subito ascoltare a mio figlio di 20 anni. Grande, Leo, hai scavato nel profondo di te e sei arrivato al mondo. Vittoria meritata!

8

Fasma

Per sentirmi vivo

Al riascolto, Fasma è meno emozionato o forse sono io che ho capito le parole. Quello che è certo è che quest’anno il livello delle canzoni è alto anche nella categoria “Giovani”.

7

 

Sanremo 2020 – le mie pagelle – 2° serata

Giovani

Gabriella Martinelli e Lula

Il gigante d’acciaio

Testo sociale, con l’Italia operaria, l’Italia viva e proletaria che lavora.

Le mani restano chiuse, nelle mani del gigante”. La strofa di chiusura, per me la più bella.

Sulla musica, forse già sentita…

7

Fasma

Per sentirmi vivo

L’emozione gioca un tiro mancino a Fasma. Trema la mano, vibra la voce e suda. Eh sì, è dura Sanremo!

6

Nella gara Gabriella Martinelli e Lula vs Fasma vince Fasma con il 51%

Non sono d’accordo con la giuria demoscopica

Marco Sentieri

Billy blu

Un testo difficile, forse l’emozione, o forse sono solo io che non capivo le parole.

6

Matteo Faustini

Nel bene e nel male

Intimista, intonato, un bel parlato che apre la strada al canto, bel canto. Bravò, bravò, da Finale!

8

Nella gara Marco Sentieri vs Matteo Faustini vince Marco Sentieri con il 52%

Anche qui, decisamente in disappunto con la giuria demoscopica… stasera non ne azzecco una J

BIG

Piero Pelù

Gigante

Il graffio di Pelù si fa sentire e apre la gara della seconda serata Big.

“… E’ un mestiere che conosco, tutti i giorni stare pronti…”!

Il suo marchio di fabbrica rimane impresso anche senza la chitarra.  Il testo commuove e l’animale da palco colpisce ancora.

Che volete di più?

Bravo, bravo, bravo!!!

8 1/2

Elettra Lamborghini

Musica e il resto scompare

Sommersa dall’arrangiamento, la voce di Elettra fatica a imporsi.

Nemmeno l’outfit l’aiuta a riemergere. Lei, bella e immobile, cantava!

5

 Enrico Nigiotti

Baciami adesso

Con Nigiotti, l’amore è sempre vero. Passione, voce e arrangiamenti sono azzeccati per la sua tonalità. E’ nella sua cornice, di piacevole ascolto. E’ la sua cifra stilistica, ma la canzone non sorprende.

7

Levante

Tichibonbon

La canzone non mi ha preso. Lei  nemmeno. L’ho sentita, tesa, respirare. La musica troppo alta, il suo microfono poco aperto, non lo so.  Comunque, qualcosa è successo. Peccato perché la voce di Levante si riconosce quando è spada.

6 1/7

Pinguini Tattici Nucleari

Ringo Starr

I Pinguini cantano e io vedo correre la festa… vorrei un chiringuito, birra e mare al tramonto… ma resta solo un sogno. Vorrei ma non posso…

6 /7

Tosca

Ho amato tutto

Bella, appassionata, recitata. Nella canzone ha dato tutto della sua esperienza di artista. Mi è mancato il dejavu del ritornello, però.

7

Francesco Gabbani

Viceversa

E qui c’è il boom! Il testo comprende appieno il senso dell’amore, le strofe complesse, eppure orecchiabili, colpiscono l’attenzione. Il suo modo di cantare coinvolge voce, corpo, sguardo, mi resta addosso. E rivedo la sua canzone dentro la mia storia. Un bel tuffo a piedi nudi!

“… Sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa” Chapeau!!!

9

Paolo Iannacci

Voglio parlarti adesso

Intimista, delicata, la canzone di Iannacci comprende tutto il mondo di un padre. Dove l’amore cresce. Musicalmente impeccabile.

8

Rancore

Eden

E’ rap, ma non sembra. E’ una girandola di parole, una creazione dove le poche rime bastano a sfamare l’Eden. Decisamente bravo!

8

Junior Cally

No grazie

Qui le parole ripetute non appagano o forse non è il mio genere. E il genere rap si sente, eccome!

6

Giordana Angi

Come mia madre

Bellissima dedica alla madre. La penna di Giordana è sempre forte, almeno quanto la sua voce. Debole nei passi urlati, però! La voce trema e si sente la fatica.

7

Michele Zarrillo

Nell’estasi o nel fango

Zarrillo manca di voce o forse il tempo che passa ha fatto man bassa della canzone. Il testo non approda. Alti e bassi, estasi e fango sembrano mischiarsi dentro la melodia. Mi spiace, ma non l’ho compreso. Proviamo al prossimo giro. Zarrillo è un grande, ma stasera no.

5