La Soglia Oscura
Recensioni

‘Atlantide e i Mondi Perduti’ Di Clark Ashton Smith – Recensione di Simone Dellera

Una vera chicca che mancava nella traduzione italiana da parecchi anni ed edita da Mondadori. Clark Ashton Smith è da leggere e rileggere e sicuramente non può mancare nella propria biblioteca. A seguire nella lettura… una nutrita serie di e-book editi da Nero Press… all’insegna dell’orrore, del thriller, del mistero e del noir.

LETTERATURA WEIRD AL TOP!!!

Spinto dalla curiosità per il solitario di Providence che nutriva per l’Autore, mi sono imbattuto in questo volume edito dalla Mondadori che diviso in quattro parti, raccoglie innumerevoli racconti dell’Autore osannato e corrispondente di Lovecraft: Clark Ashton Smith. Corredato da un interessantissima nota introduttiva a cura di Giuseppe Lippi, tutti i racconti godono di un’originalità senza pari per l’epoca e di una scrittura accattivante e descrittiva che ci farà varcare la soglia di Mondi improbabili e dimenticati.
La prima parte riguarda il ciclo di Atlantide-Poseidonis, quest’ultima chiamata anche Poseidonia (cito testualmente) che non è altro che il nome greco dell’antica Paestum in Campania.

Il primo racconto “l’ultimo incantesimo” parla di Malygris che vuole far tornare dal mondo delle ombre una ragazza amata in gioventù. Non volendo aspettare che il tempo ciclico torni su se stesso nella posizione di una volta, imparerà a sue spese che le arti negromantiche non possono giocare d’anticipo.
“The double shadow” (terzo racconto) nonostante ricalchi diversamente temi Fantasy perlopiù citati, è il secondo racconto della raccolta che parla esplicitamente di negromanzia che ritroveremo nell’intero ciclo dedicato a Zothique. Sia per la descrizione di Mondi Antichi e perduti che per la nomenclatura di strani demoni, si evincono chiaramente analogie con Lovecraft, sebbene i due Autori a mio avviso restino comunque, tanto per fare una citazione alla letteratura Weird… due entità distinte! Opprimente e claustrofobico, scritto in prima persona che ne esalta la “presunta” veridicità dei fatti accaduti, rimane una rara perla gotica.
Un vino di Atlantide “A vintage from Atlantis” (4 racconto). Già dalle prime righe mi sovviene Poe per il famoso Amontillado, ma rimane solo un riverbero di citazione in questo racconto di pirati che parla dell’”esistenza di regni del sortilegio appena oltre l’orizzonte”.
La morte di Malygris narra della tirannia del più potente negromante nella torre nera di Susran che avvolge come un’ombra malsana l’intera Poseidonis, ma viene messa in dubbio dal suo acerrimo antagonista Maranapion che ne dichiara la sua possibile morte. Il problema è dichiararne la morte dopo essersene accertati, un impegno tutt’altro che semplice data la potenza di Malygris…
La seconda parte tratta il ciclo di Averoigne, immaginaria regione francese che nella realtà corrisponde a Alvernia (Auvergne).
In questa seconda parte e con l’inizio del primo racconto (“La fine della storia”) intuiamo da subito che il mondo creato dall’Autore è irresistibile come l’ignoto e quindi attraente, ammaliante e al tempo stesso romantico. Prendo a esempio una citazione dal racconto “…quel senso d’indefinibile piacere che a volte provocano le visioni notturne”. Quello che all’apparenza spaventa, per un inconscio controsenso, diventa affascinante e pieno di mistero e ognuno di noi non può certo sottrarsi a questo delirio di conoscenza.
Il cupo e nero periodo medioevale è l’ambientazione (che quasi diventa un personaggio ben delineato e caratterizzato) in cui si svolgono sinistre storie che si perdono nella notte dei tempi, arricchite dalla fantastica e dettagliata prosa dell’Autore, un chiaro esempio lo possiamo trovare nel terzo racconto “Appuntamento in Averoigne”, in cui neri incantesimi si librano nel vecchio bosco proibito che da Averoigne porta a Vyônes e che ritroveremo in quasi tutti i racconti.
Le creature si alternano fra Satiri, Vampiri, fantasmi, presenze demoniache, Gargoyles come nel caso del racconto “The Maker Of Gargoyles” in cui ritrovo una chiara similitudine, sebbene di soggetto diverso e con differenze abissali (scusate la metafora) nel famoso “Il modello di Pickman” ad opera di H.P. Lovecraft che ha sempre osannato e sostenuto l’opera di Smith.
“La bestia di Averoigne” oltre ad essere un chiaro esempio di orrore cosmico (anche in questo caso esistono similitudini con il Pantheon degli Antichi creati da Lovecraft), ben più impenetrabile dei presunti demoni terreni cui la fede Cristiana ha sempre dato la caccia nel periodo medioevale, risulta addirittura essere un thriller per il classico finale ad effetto che ritroviamo in gran parte della letteratura Weird.
Il successivo racconto “La santità di Azèdarac” rende ancora più sottile le analogie con l’opera di Lovecraft. In questo caso ritroviamo Dagon, parte integrante dell’opera di Lovecraft. Chiaramente non poteva mancare la menzione agli Antichi e sopratutto sebbene scritto in maniera diversa, al demone Iog-Sotot. E quando Ambrose si ritrova in un incerto passato al cospetto dei Druidi pagani, possiamo dire di aver fatto l’en plein. La differenza sostanziale è che il racconto sia incentrato sulla risorsa magica degli esseri umani: l’eros.
“Il colosso di Ylourgne”, più un romanzo breve che un racconto, è uno degli episodi più coinvolgenti.
“L’incantatrice di Sylaire” è l’ultimo racconto dedicato ad Averoigne. È particolare in quanto avvolto da un alone di fiaba nera in cui viene miscelato l’eros che sprigiona la sinuosa Séphora, del resto non è l’unico racconto incentrato sull’eros (basti pensare al precedente “La santità di Azèdarac”) ma la diversità sostanziale risiede in un finale incerto e aperto.
La terza parte, quella più corposa, è dedicata al regno nero di Zothique (esotico, esoterico e zotico allo stesso tempo), un pianeta extrasolare.
Il primo racconto, “L’impero dei Negromanti” è un tripudio inneggiante la “tomba” descritto con parole superbe dall’atmosfera cupa, maleodorante come mille sepolcri scoperchiati. (Così come in tutti gli altri racconti, la negromanzia è il personaggio indiscusso di Zothique ed è decisamente la parte più interessante del volume senza per questo screditarne le ottime altre).
“L’Isola dei Torturatori”, secondo racconto di questa copiosa parte, è avvolto sin dall’inizio dalla disperazione per un plagio annunciato proveniente dalla grande stella Achenar: la morte d’argento. Ma dopo l’epidemia una disperazione ben maggiore mista alle terribili torture di Uccastrog avvolgerà nuovamente il lettore fino al finale terrificante soffiato da un alito di giustizia.
“Il Tessitore nella Cripta” ricalca una nera avventura di tre guerrieri partiti da Miraab alla volta del mortale deserto che ospita la città anch’essa morta di Chaon Gacca, per recuperare le spoglie di re Tnepreez dalle catacombe su ordine di Famorgh attuale regnante. Si troveranno davanti a un autentico mistero che non tarderà a palesarsi a uno di loro.
“Il frutto della tomba” è incentrato su un demone proveniente dallo spazio (decisamente un altro punto in comune con il solitario di Providence) e la sua leggenda e maledizione.
“Il Dio dei Cadaveri” è un perfetto esempio di come questa parte sia dedicata in modo particolare alla negromanzia e alle sue nere e decadenti terre. Sul-Bha-Sair è la nera città del Dio Mordiggian. Phariom esiliato dalla città natale insieme alla novella sposa Elaith, sono in viaggio per chiedere asilo politico a Yoros, dove risiedono alcuni alleati del suo casato. Perdendo la strada principale s’imbattono nella città di Sul-Bha-Sair e decidono di pernottarvi. Appena dopo il tramonto Eliath è colta dal terzo attacco di catalessi e dichiarata morta dal medico. Ben presto apprenderà le usanze religiose degli abitanti, costretti dal Dio Mordiggian, divoratore di cadaveri, a fornirgli i cadaveri dei defunti anche solo di passaggio nella città. Fra nere formule magiche, negromanti intenti alla trafugazione del corpo della bella Arctela, Phariom si ritroverà coinvolto nel tentativo di salvare la sposa apparentemente morta… in un viaggio nelle remote terre dell’oltretomba.
In “Xeethra” è presente il frutto proibito che tutti conosciamo con il nome di mela, ma essa è associata al Demonio Thasaidon, signore dei sette inferi che regna sui giardini incantati che portano il suo nome. Uno strano ribaltamento teologico che porta alla pazzia non priva di dolore e dannazione per chi assaggia il frutto proibito.
“The Dark Eidon”, (“L’Idolo oscuro”), è uno dei racconti più lunghi e macabri della serie, racchiude in sé come pestilenziali scatole cinesi, orrori sempre più nascosti e imprevedibili, eleggendolo a uno dei migliori in assoluto di questa copiosa raccolta.
“L’ultimo geroglifico” appare come il racconto metaforicamente più umano che si possa collocare in questa raccolta. Parla dell’eterno sforzo umano per migliorare e cercare se stessi ma sempre avvolto dall’alone del destino di cui non conosciamo le trame ma certamente la sua finalità.
Ne ”L’Abate Nero di Puthuum” abbiamo a che fare con un Incubus, ne “I Negromanti di Naat”, il principe nomade Yadar è alla ricerca, da tredici lunghe lune, della fidanzata Dalili rapita dai mercanti di schiavi Sha-Karag, per poi ritrovarsi avvolto da scenari perfettamente rubati alle pennellate del celebre dipinto “L’Isola dei morti” di Arnold Böcklin.
Ne “La morte d Ilalotha” ritroviamo il tema delle terribili Lamie, condite da sorprendenti e macabre descrizioni che creano un’atmosfera di morte rarefatta e pungente.
A seguire… strani innesti umani nella vegetazione di un giardino segreto, la ricerca di un antico tesoro pirata nascosto nell’isola dei granchi, l’illusione mista a realtà in un macabro gioco d’amore sotto la luna che guarda sterili sepolcri.
Ultima parte, la più breve (che si incentra su due racconti) di questa nutrita raccolta s’intitola: Xiccarph. Pianeta di uno dei sei Mondi di un sistema a tre soli.
Estremamente coinvolgenti e con una scrittura in prima e terza persona, catturano sin dalla prima pagina l’attenzione del lettore in un crescendo di orrore e raccapriccio.
Clark Ashton Smith è tutto da scoprire, da leggere e rileggere! CONSIGLIATISSIMO!!!