La Soglia Oscura
Fisica e Paranormale

LA FISICA E IL PARANORMALE * 1° parte
(Intervista raccolta da Gabriele Luzzini)

Fantasmi, Universi paralleli, altre dimensioni, anti-materia … Quante volte ne abbiamo sentito parlare in piacevoli racconti di pseudoscienza. Eppure non è solo abile fiction. Forse c’è qualcosa di più. Proviamo a parlarne con la D.ssa Valia Allori, PhD in fisica e in filosofia, attualmente Assistant Professor alla Northern Illinois University.

1- La D.ssa Lisa Randall, autrice di uno dei modelli più accreditati di Universo pluridimensionale, nel suo testo “Warped Passages”, ci presenta le dimensioni-extra che vanno oltre a quelle comunemente conosciute (larghezza, altezza, lunghezza e tempo). La teoria delle stringhe ipotizza che l’energia, la materia e talvolta anche lo spazio ed il tempo siano la manifestazione di entità fisiche sottostanti (cioè stringhe o “brane”), in base al numero di dimensioni in cui riescono a svilupparsi. Possiamo quindi sostenere il fatto che ci siano dimensioni non percettibili?

Nella teoria delle stringhe lo spazio e il tempo, o meglio lo spazio-tempo, è l’ “arena” in cui le stringhe si muovono. Secondo la teoria, le stringhe costituiscono i mattoncini lego della materia, sono degli oggetti bidimensionali che hanno la proprietà fondamentale di vibrare in continuazione. Ricordo la prima volta che le ho sentite nominare, me le immaginavo come le stringhe delle scarpe, e invece no: prima di tutto sono chiuse, e poi continuano ad oscillare. Praticamente, tanto per intenderci, sono come dei piccoli elastici. E a seconda di come vibrano noi “vediamo” questa o quell’altra cosa. In particolare, se la stringa vibra in un certo modo, quello che noi vediamo è una certa particella con una determinata massa ed energia. E’ in questo senso che si dice che la teoria delle stringhe è un passo in avanti verso la riconciliazione tra meccanica quantistica e relatività: una delle vibrazioni della stringa corrisponde al famoso gravitone… ma questa è un’altra storia, come diceva il barista di Shirley McLaine in Irma la Dolce. Una cosa singolare della teoria delle stringhe rispetto alle teorie precedenti è che lo spazio-tempo non ha quattro dimensioni (tre spaziali e una temporali) ma ne ha 10. Visto che in realtà noi non percepiamo tutte e dieci le dimensioni, la teoria deve postulare che tutte tranne tre siano “compattificate”. Cioè arrotolate su loro stesse in modo tale che non siano visibili. Per capirci, è come quando guardiamo una canna dell’acqua da molto lontano: lei è tridimensionale (è un cilindro lungo e di sezione abbastanza piccola), ma noi la vediamo in realtà come una linea. In altre parole, non percepiamo che essa abbia una sezione, perché troppo piccola per essere effettivamente osservata. Se ci avviciniamo allora ci rendiamo conto che in realtà è un lungo cilindro. Lo stesso accadrebbe per le dimensioni aggiuntive postulate dalla teoria delle stringhe: se potessimo andare abbastanza vicino, allora le vedremmo. Il problema è che non possiamo, perché sono arrotolare su loro stesse a formare un cilindretto di “sezione”, diciamo così , molto molto piccola: dell’ordine delle dimensioni di un chicco di riso divise per cento milioni di milioni di milioni di milioni di monti Everest … o giù di lì …

2- L’interpretazione dei molti mondi (Many-Worlds Interpretation – MWI) è una prospettiva della meccanica quantistica secondo la quale, oltre al “mondo” di cui abbiamo consapevolezza, ne esistono molti altri simili, sviluppatisi parallelamente negli stessi spazio e tempo. E’ azzardato supporre che in tal modo è possibile rimuovere il concetto di casualità?

… più che “prospettiva” io la chiamerei teoria: infatti la meccanica quantistica che si trova sui libri (la cosiddetta “meccanica quantistica ortodossa”) non ha senso come teoria fisica, quindi non può essere una teoria, mentre i Molti-Mondi sì (per quanto radicale). Con le parole “non ha senso” intendo semplicemente che è totalmente oscuro che cosa esista secondo la teoria: leptoni, gluoni e quark? Oppure la funzione d’onda (qualunque cosa questo voglia dire)? Ci sono oggetti in sovrapposizione, oppure no? Ci sono onde o particelle? Fintanto che queste ambiguità di fondo non verranno chiarite, per me la meccanica quantistica può anche essere cancellata dai libri di testo. Diverso è il caso di teorie come i Molti-Mondi: è chiaro cosa esiste, ed è chiaro cosa fa. Non è certo la mia favorita teoria quantistica (anche se lo è stata per parecchio tempo) ma poco importa. Quello che conta infatti in questo contesto è che sia una teoria senza i problemi concettuali della meccanica quantistica, e che quindi sia una teoria a tutti gli effetti. Sia come sia, la teoria dei Molti Mondi postula l’esistenza di universi paralleli, che si “creano” istantaneamente in ogni momento. La motivazione per questa ramificazione di universi è che in meccanica quantistica ogni volta che è possibile che accada più di una cosa (per esempio, adesso è possibile che io decida di darti una spinta oppure no, e ognuna ha una certa probabilità di accadere) la teoria prevede che sia anche possibile che succedano tutte e due le cose insieme nello stesso momento (nell’esempio io che ti spingo e non ti spingo giù dalla sedia nello stesso momento, anch’essa con la sua probabilità finita di accadere). Questo è palesemente assurdo: innanzitutto è una contraddizione logica, e poi quando mai è stato osservato che qualche cosa si trovasse in cotale sovrapposizione? La teoria dei Molti-Mondi risolve l’arcano dicendo che in realtà ogni diversa possibilità (e di solito non ce ne sono due, ma infinite) si realizza in un universo diverso. In questi universi paralleli ci sono copie di noi stessi e degli altri, che a loro volta si continuano a moltiplicare. E’ una teoria molto “romantica”, suggestiva, che dà la possibilità di far librare la fantasia… Ma veniamo alla domanda. Non sono sicura di quello che vuoi chiedermi (in realtà sono dislessica, e la prima volta che ho letto la domanda ho invertito due lettere…). In ogni caso le domande potrebbero essere due, e siccome sono entrambe legittime risponderò ad entrambe. Riformulerò la prima (quella letterale che si riferisce al concetto di casualità) nel seguente modo: ma se nella teoria dei Molti-Mondi l’universo continua a dividersi in corrispondenza delle varie possibilità, allora tutto quello che può accadere effettivamente accade… da qualche parte! Ma non ci era stato detto che il mondo quantistico era probabilistico, nel senso che a volte succede così e a volte succede cosà, ognuno con la sua probabilità? La particella gira di qui con probabilità 50%, e di là con probabilità 50%, non è così? Se la teoria dei Molti-Mondi è vera, no: ci sarà un mondo in cui la particella gira di qui, e uno in cui gira di là. Il problema è che sembra che a noi, nel nostro universo, gli esperimenti vengono fuori compatibili con l’esistenza di queste probabilità. Alcuni studiosi (la maggioranza) pensano che questo sia un problema per la teoria, altri no. Io faccio parte della seconda categoria, ma per chiarire il perché dovrei spiegare cosa significa probabilità in fisica, e se lo facessi qui poi nessuno rimarrebbe sveglio per leggere il resto dell’intervista… L’altra domanda che potresti farmi (quella che richiede un refuso da parte tua) si riferisce al concetto di causalità (e non casualità) ed è la seguente: supponiamo che io ti spinga, e che tu caschi. Io (la mia spinta) è la causa della tua caduta, e la tua caduta è la causa della mia risata. Ma se nella teoria dei Molti-Mondi noi ci si sdoppia (triplica, … n-plica) nel momento in cui facciamo qualche cosa, allora io mi sdoppio in colei che ti spinge in un universo e colei che non ti spinge in un altro universo, e tu caschi nell’universo in cui io ti ho spinto mentre rimani in piedi nell’universo in cui io non ti ho spinto. Quindi, come faccio a dire che io sono la causa della tua caduta se esiste un universo in cui tu non sei cascato? (Io ti volevo proprio far cadere, mannaggia! ) Se questa fosse la tua domanda, allora la mia risposta è questa: io sono la causa della caduta nell’universo in cui tu sei caduto, e non sono causa di nulla nell’universo in cui tu sei rimasto in piedi. Siccome noi abbiamo coscienza solo di un universo e non di tutti, il concetto di causalità sta ancora in piedi. A livello “globale” (altrimenti chiamato il livello del “multiverso”) allora no, ma tanto ci è inaccessibile, mentre nel nostro “piccolo” possiamo ancora usare i concetti di causa ed effetto senza dire troppe fesserie. Molti-Mondi oppure no, il concetto di causalità è comunque molto fragile, e dubbi sulla sua sensatezza sono già stati storicamente posti da filosofi come David Hume. La mia opinione è che Hume avesse ragione: la causalità non esiste in realtà, è semplicemente utile a noi per spiegare ciò che succede. Se la teoria dei Molti-Mondi è vera allora non ci sono molte scelte: la causalità esiste solo nel senso che dice Hume perché nel multiverso non ci sono cause, mentre nei singoli universi possiamo tranquillamente usare questo concetto.

3- Le nuove teorie legate al cosmo di Hawking e Michio Kaku parlano di un universo pluridimensionale e perciò potrebbe essere suggestivo pensare alla possibilità di interagire o quantomeno interferire con tali universi paralleli. E’ ragionevole ipotizzare che i Buchi Neri possano essere dei tunnel tra il nostro e gli altri universi?

Queste teorie sono molto speculative, e ben lungi da essere teorie fatte e finite. Per tornare a quello che dicevo prima, non è spesso chiaro in queste “teorie” che cosa esiste nel mondo (l’ontologia) e cosa fa (la legge del moto). Per questo motivo, è difficile valutare esattamente quello che dicono. In ogni caso, è la teoria che decide cosa è possibile e cosa no: nella teoria dei Molti-Mondi “tradizionale”, diciamo così, non si può interagire con gli universi paralleli. Semplicemente non è previsto. Ma i Molti-Mondi non è una teoria della gravità, quindi non ha alcun modo di spiegare i buchi neri. La teoria delle stringhe (che postula l’esistenza di stringhe come oggetti fondamentali che si muovono in un universo 10-dimensionale) invece ha l’ambizione di descrivere anche la gravità, (solo che è ben lontana dall’esserci riuscita completamente, e ci sono anche una serie di teorie alternative), ma non c’è alcuna menzione di universi paralleli. Quindi, non si parla di come arrivarci. Se non si pensa così sofisticato e si assume solo la teoria della relatività generale (la teoria sviluppata da Einstein secondo cui la massa curva lo spazio-tempo), è stato anche detto che i buchi neri, se attraversati, possono portare ad altri universi. Ma è pura speculazione: prima di tutto, essendoci gravità infinita, voglio vedere chi sopravvive all’attraversamento di un buco nero… e in ogni caso, la teoria non richiede l’esistenza di nuovi universi, e così gli esperimenti. Certo, ogni tanto è bello lasciarsi andare a usare la fantasia, ma in questo caso non sembra molto giustificato: infatti bisognerebbe postulare l’esistenza solo di ciò di cui si ha una qualche evidenza (teorica o sperimentale). In altre parole, se non abbiamo qualche ragione oggettiva per pensare che qualche cosa esista, non dovremmo pensare che esista soltanto perché ci fa piacere pensarlo. Perché mai dovremmo andare in un altro universo attraversando un buco nero? Quali ragioni ci sono per pensare che un buco nero sia un ponte tra due universi, se non che sarebbe veramente fantastico se fosse vero? Un’altra cosa che è stata detta (e che a mio avviso è più plausibile) è che i buchi neri possano permettere di viaggiare velocemente nello spazio. Stile i tunnel spaziali (wormholes) di Star Trek. Sono ancora speculazioni, ma per lo meno non richiedono la postulazione di nuovi universi in una teoria che non li utilizza. L’idea è che se la relatività generale è vera, allora lo spazio (meglio, lo spazio-tempo) non è piatto ma è curvo, e può essere piegato. E come si piega lo spazio-tempo? Con la massa, dice Einstein. L’idea è questa: lo spazio-tempo è come la coperta sul tuo letto; quando il tuo gatto grassottello ci si mette sopra, la coperta si curva sotto il suo peso. Ecco: la stessa cosa succede allo spazio tempo quando ci si mette una massa, e più è grossa la massa, più è pronunciata la curvatura, proprio come succede per il gatto, con la differenza che nella teoria della relatività si piega lo spazio-tempo e non lo spazio e basta. Addirittura potrebbe succedere che se il tuo gatto è veramente grasso (e nero, ovviamente…), può essere “risucchiato” dentro la coperta in modo tale che lembi di coperta che prima erano distanti adesso invece risultino vicini. Quindi, se si riuscisse a curvare lo spazio-tempo a sufficienza, potrebbe succedere che punti prima lontani siano adesso vicini. E quale è l’oggetto più pensate di tutti, che fornisce la curvatura maggiore? Il buco nero: talmente massivo che trattiene anche la luce e quindi appare nero. Quindi, a patto che si riesca a creare buchi neri e rimanere vivi, li si potrebbe usare per costruire una macchina per superare grandi distanze in tempi brevi… sempre che dal buco nero si riesca ad uscire, oltre che ad entrare, e a rimanere vivi … Inoltre, riflettendo sul fatto che in relatività generale spazio e tempo non sono separati come si pensava ma fanno parte dello spazio-tempo, allora sembrerebbe possibile anche piegare il tempo, dato che è possibile piegare lo spazio. Quindi un wormhole opportunamente ingegnerizzato potrebbe portarci non solo lontano nello spazio, ma anche nel tempo… passato e futuro…

4 – Lev Vaidman, fisico di grande rilievo nell’ambito della Meccanica Quantistica, afferma che ognuno di noi può esistere in un mondo e non esistere in un altro e conseguentemente risultare osservatore o meno del mondo in oggetto. In altre parole, potrebbe accadere uno specifico evento quantistico per il quale questo “spettatore” venga creato mentre in un altro mondo non lo sarà. Non c’è nessuna possibilità che l’osservatore riesca ad interferire nel mondo in cui la sua esistenza non è prevista?

Questa è facile! La risposta è: “No, ognuno e’ prigioniero nel proprio universo”. Vaidman è uno dei promulgatori della teoria dei Molti-Mondi e, come dicevo prima, nei Molti-Mondi si è fissi in un mondo solo, e non si può accedere agli altri… questo indipendentemente dal fatto che ci sia un “clone” (una controparte) nostra in quel mondo oppure no.

5- Il concetto di identità, di IO come può svilupparsi a fronte dell’esistenza di molteplici noi stessi? Il passato è comune ma a seguito dell’evento quantistico avverrebbe una divisione. Ma la somma di tutti darebbe l’IO originario oppure no?

E qui c’è veramente da divertirsi… il problema dell’identità personale è uno dei “bachi filosofici” della teoria dei Molti-Mondi. Per dirla tutta, il problema dell’identità personale è un problema filosofico molto serio che è lungi dall’avere una risposta universalmente accettata, perché la sua soluzione dipende da cosa si ritiene essere la qualità essenziale che renda noi stessi noi stessi. C’è chi pensa sia il cervello, chi la mente, chi l’anima eccetera. A seconda di quale si selezioni come “qualità essenziale” (tolta la quale si cessa di essere se stessi), si determina quel che ci succede. Per esempio, se si pensa che noi siamo la nostra anima, e che l’anima sopravvive alla morte del corpo, allora il nostro “io” non muore col corpo. Situazione diversa se si pensa che noi siamo il nostro cervello: quando il corpo muore, noi si cessa di esistere. Sia come sia, sembra sensato dire che il nostro IO, come dici tu, vada con le esperienze che facciamo. Per esempio, io adesso sono quell’ammasso di materia e (forse) mente che sta pensando alle risposte da dare. Io so quello che penso, sono cosciente di quello che vedo, annuso e tocco in questo momento, mentre non so quello che pensi tu, non “provo” quello che provi tu, nel senso che non ho esperienza diretta di quello che provi tu… proprio perché tu sei TU e io sono IO! Il motivo per cui dico che il problema dell’identità personale è un baco per la teoria dei Molti-Mondi è che in questo caso c’è una domanda aggiuntiva che rende tutto più complicato: infatti, se io mi continuo a sdoppiare, dove sono “IO”? Che io sia la mia mente o il mio cervello, o quant’altro, comunque si sdoppia tutto! Sono nell’universo in cui “credo di essere”, o sono la collezione di tutte le mie controparti nei multiversi? La risposta più sensata sembra essere la prima: io sono quella che sta avendo le sue esperienze sensibili (quella che ti guarda mentre sei cascato dalla sedia e ride), e non condivido le esperienze delle mie controparti (quella che non ti ha spinto non sono io: altrimenti ti avrebbe spinto!), quindi la collezione di tutte le controparti non forma l’IO originario, che invece se ne va tranquillo per i fatti suoi nel “suo” universo. La situazione è perfettamente analoga a quella che si presenterebbe creando dei cloni: supponiamo che mentre dormo, uno scienziato malizioso (tu, per esempio) mi clona (anche la mente ed i ricordi, supponiamo) a mia insaputa nel suo laboratorio. Tu, che ti stai divertendo assai, decidi di non dire al clone che è un clone. Chi sono IO? Ci sono tre possibilità: 1) IO sono quella che si sveglia nella mia camera, 2) Io sono quella che si sveglia in laboratorio, 3) IO sono entrambi (che corrisponde al pensare che io sono, in qualche senso, la “somma” dei due). La terza, già per come è formulata, non sembra avere molto senso: cosa vuol mai dire che ho esperienza di due persone? E poi, semplicemente non è vero: io non so neanche dell’esistenza del clone, magari non è solo una storia che ho raccontato, magari è vero, hai creato il clone 30 anni fa. Chiaramente questo è possibile (perché no?), eppure io non faccio esperienza di niente altro che delle MIE esperienze! Quindi, l’unica risposta sensata qui è la prima: io sono quella con cui “condivido” le esperienze, cioè sono quella che si risveglia nella mia camera. Il clone potrà credere di essere me, ma semplicemente si sbaglia: infatti si sveglia nel tuo laboratorio…

 

Clicca qui per la 2° parte dell’intervista