La Soglia Oscura
Lisa Bilotti

LISA BILOTTI, TRA NARRATIVA FANTASY E RUNE
(Intervista raccolta da Gabriele Luzzini)

Lisa Bilotti è l’Autrice del romanzo ‘Il sangue della veggente’, pubblicato da Dark Abyss Edizioni, fantasy atipico per l’approccio estremamente verosimile e con risvolti sociali e al contempo esoterici non comuni in tale narrativa.
Ci confrontiamo con lei sulla sua Opera, sulle rune di cui è profonda conoscitrice e, come consuetudine, di paranormale.
Benvenuta sulla Soglia, Lisa.
Grazie per l’opportunità. Grazie per aver viaggiato con me indietro nel tempo.

1) Il mondo immaginato ne ‘Il sangue della veggente’ è molto reale nella rappresentazione e anche da un punto di vista antropologico ha dettagli molto efficaci che lo rendono decisamente diverso dal fantasy ‘mainstream’. Al tempo stesso, hai spiegato che lo hai scritto in un periodo non particolarmente luminoso. Vuoi raccontare come hai concepito un mondo così articolato?
Fin da sempre sono stata appassionata di civiltà primordiali, con i loro usi, i costumi e la religione. Ho letto e studiato saggi di antropologia e testi su popolazioni lontane, dagli Haida agli Inuit, passando per il mondo norreno. Ho sempre trovato affascinante il rapporto che anticamente l’uomo aveva con la natura, la sua spiritualità viscerale e la caparbietà con cui affrontava le sfide di ogni giorno, senza disporre delle comodità e dei mezzi che noi abbiamo oggi.
Ne “Il Sangue della Veggente” ho voluto inserire i miei interessi e tutto il lavoro di approfondimento che ho svolto negli anni. Contemporaneamente però, questo libro nasce come una sfida personale.
Ho concepito la trama in un periodo non facile: appena conclusa l’università, stavo faticosamente tentando di individuare il mio posto nel mondo. La società di oggi ci educa al successo, ci fa credere che la nostra strada è una sola, e che bastano sacrificio e abnegazione per vincere. Dal canto mio invece, non mi riconoscevo in queste dinamiche e, in un periodo in cui ho collezionato un fallimento dopo l’altro, ho iniziato a pensare di essere io il problema.
In questo contesto mi è venuto spontaneo parlare, nel mio libro, di lotta, sofferenza e rivalsa. Ho voluto che i miei personaggi affrontassero delle sfide all’ultimo sangue per la sopravvivenza, in un contesto aspro e difficile. Mord, Huna e tutti gli altri si sono messi alla ricerca del loro posto in un mondo in continua evoluzione, esattamente come stavo facendo io.

2) La scrittura è incalzante senza rinunciare a una formidabile epica di fondo ma evitando una vana prosopopea. Ti è stato naturale scrivere in tal modo oppure è stato il risultato di un’accurata ricerca stilistica?
La prima stesura de “Il Sangue della Veggente” è avvenuta di pancia. Mi sono fatta guidare dai personaggi che avevo creato e dai temi che avevo scelto, e ho scritto come sapevo fare.
Dopodiché, il manoscritto ha subito tre revisioni, l’ultima delle quali piuttosto importante, avvenute a distanza di molti mesi l’una dall’altra. La sostanza, la vicenda che ho voluto narrare, è rimasta la stessa; ho cercato invece di lavorare sullo stile, rendendolo sempre più pulito.

3) A un certo punto del romanzo, scrivi: ”A differenza dei suoi genitori e di molti altri, Mord non aveva mai creduto sul serio. Assisteva ai riti, ma non partecipava, come tutti, ormai: era la Veggente a occuparsene, alla presenza del Popolo”. Sintetizzi molto bene una situazione comune in cui si demanda ad altre figure le proprie responsabilità politiche o religiose e trovo il tutto di straordinaria attualità. Alla fine ‘Il sangue della Veggente’ possiamo considerarlo anche una costruttiva critica sociale?
In qualche modo, sì. “Il Sangue della Veggente” va oltre la sua trama e i suoi personaggi: ho cercato di trattare dei temi che travalicano la preistoria e credo siano molto attuali.
Tali temi si prestano a diverse chiavi di lettura. C’è la dimensione del singolo, in cui il senso di responsabilità diventa qualcosa di personale, e c’è la dimensione collettiva e sociale.
Ho voluto sollevare domande, non dare risposte. Quelle può colorarle il lettore, con la sua esperienza e la sua sensibilità. Ciò che conta, per me, è stimolare la riflessione.

4) Qual è il personaggio a cui sei più affezionata e quello in quale ti identifichi maggiormente?
Sono molto affezionata a entrambi i miei protagonisti, ma quello a cui mi sento più legata è probabilmente Huna, la Veggente. È una donna fragile nel corpo, vista anche la sua cecità, ma ha uno spirito e una forza di volontà che non possono essere piegati neanche dalle esperienze più dure. Vive in bilico tra il mondo degli uomini e quello degli spiriti, ma è più proiettata verso il secondo, tanto che a volte quasi dimentica come mostrare sensibilità e come comportarsi tra la gente. Vive nei pressi della tribù, ma non si sente di farne del tutto parte. In questo non siamo tanto diverse: spesso anche io ho difficoltà nel sentirmi parte di qualcosa.

5) È possibile che in futuro ci possa essere un altro libro ambientato nel mondo letterario che hai creato? Puoi darci qualche anticipazione?
Sicuramente sì. Posso rivelare infatti che il seguito de “Il Sangue della Veggente” è in scrittura, anzi è quasi ultimato, e vedrà la luce nel 2023, sempre grazie alla Dark Abyss Edizioni.
Le vicende saranno ambientate quattro anni dopo il primo libro. Non posso anticipare molto, posso aggiungere soltanto che, oltre ai vecchi personaggi, faremo qualche nuova conoscenza.

6) Max Frisch scrisse che ‘Scrivere è leggere dentro sé.’ Quanto ti è stata utile per conoscerti meglio la stesura del tuo libro?
Scrivere per me è stato un viaggio, e mi piacerebbe che anche il lettore facesse la stessa esperienza.
Quando ho iniziato a lavorare su “Il Sangue della Veggente” non mi era chiaro che lo stessi facendo per provare ad affrontare, e magari a risolvere, qualche conflitto personale: l’ho capito con il senno di poi.
Grazie alla scrittura, ho compreso che la rabbia, la frustrazione, non sono emozioni sbagliate. Può capitare di sentirsi impotenti, sopraffatti, furiosi, e va bene così. È lecito avere qualche crepa. Ciò che conta è non smettere di provare, di lottare, mantenendo sempre la propria autenticità. Non è sempre facile, ma ci provo, e vorrei che questo messaggio arrivasse anche al lettore.
Mi piacerebbe che chiunque stia passando un periodo simile a quello che ho trascorso io, sappia di non essere solo e si senta capito.

7) Hai qualche personale impostazione o rituale creativo quando ti dedichi alla scrittura?
Ho preso l’abitudine di scrivere in (quasi) qualunque contesto: “Il Sangue della Veggente” è nato in viaggio, tra il vagone di un treno e una stanza d’albergo, battendo sulla tastiera di un computer o di un tablet.
Anche ora che non sono più raminga, scrivo quando posso e dove posso.
Mi piacerebbe mantenere degli orari fissi, ma non sempre riesco. C’è una piccola abitudine però a cui non rinuncio: scrivere ascoltando musica. Mi aiuta a calarmi meglio nelle atmosfere che voglio descrivere, oltre che a isolarmi per dedicarmi completamente alla scrittura.

8) Hai una grande competenza per quanto riguarda l’interpretazione delle Rune, utilizzando le stesse non solo come mantica ma anche come ‘chiave di lettura’ empatica. In quale Runa ti riconosci e per quale motivo?
Ritengo che le Rune siano un ottimo stimolo alla riflessione, un modo per conoscere noi stessi. Servono non tanto a predire il futuro (dopotutto, quello lo costruiamo noi ogni giorno), ma piuttosto a individuare eventi particolari nel nostro passato e nodi ancora da sciogliere. Aiutano a esplorare il nostro carattere e a valutare gli strumenti che abbiamo per affrontare le sfide che ci attendono.
C’è, in effetti, una runa in cui mi riconosco molto: Isa, una runa ambivalente, complessa. Rappresenta la stasi, il vuoto, la solitudine, il silenzio. Rappresenta anche il controllo delle emozioni e dei pensieri, la completa presenza a sé stessi, nell’attimo presente. Isa è la runa del ghiaccio: come l’inverno, rappresenta l’apparente fine di tutto, il blocco, l’irrigidimento. In realtà, sotto il ghiaccio la vita pulsa, i semi germogliano, la primavera si prepara.

9) Vuoi citare tre Autori (non necessariamente di Narrativa) che hanno contribuito alla tua formazione?
Sono dell’idea che, per essere degli scrittori, bisogna innanzitutto leggere, e leggere tanto. È quasi impossibile non lasciarsi influenzare dagli autori che leggiamo di più: nel mio caso non posso non citare Neil Gaiman, H.P. Lovecraft e George R.R. Martin. Mi hanno contagiato con l’oscurità delle loro parole, con il loro misticismo e con lo sguardo disincantato che rivolgono all’umanità.

10) E come di consueto, la domanda finale… Sei mai stata testimone di un evento paranormale o che comunque abbia eluso le abituali convenzioni scientifiche?
A volte mi capita di vedere delle ombre. Non parlano, ma ho l’impressione di sapere cosa vogliono dire. Restano poco, compaiono fugacemente, poi scompaiono. Sono le persone che abbiamo perduto.

Grazie per essere oltre la Soglia.
Grazie per l’ospitalità e alla prossima.


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