‘CABARET MALDOROR’
DI IAN DELACROIX
Recensione di Gabriele Luzzini
Come ben sapete, quando si parla di Milano io rimango sempre affascinato, essendomi occupato nel corso degli anni di diversi misteri che la riguardano. E la versione della città rappresentata da Ian Delacroix nel suo ‘Cabaret Maldoror’ attinge al reale ma la trasfigura, rendendola di fatto non più la metropoli conosciuta bensì un non-luogo sul baratro del crepuscolo. La sensazione di trovarsi in posti noti che fanno da sfondo a situazioni incredibili è meravigliosamente straniante.
E quando il lettore comincia ad avere qualche rassicurante appiglio e riferimento, si trova nuovamente smarrito nella magnificenza di Parigi.
La prosa dell’Autore scorre veloce e senza esitazioni, attingendo a una forma di Immaginario degno del miglior Teatro Onirico. O, appunto, del Cabaret Maldoror. Niente è scontato e la lettura procede con la certezza che numerosi eventi sorprendenti possano svilupparsi nelle pagine successive.
Vi confronterete e al tempo stesso vi confonderete con Mamam Brigitte, la tenutaria del Cabaret, Emìl, la Cartomante, il Vagabondo, il Ciarlatano, Violetto Malacorte e inevitabilmente scivolerete nelle ardite architetture letterarie concepite dall’Autore.
Particolarmente apprezzabile l’eco di Robert W. Chambers che corre sottotraccia e che viene omaggiato col Carnevale Giallo e il suo Maestro oltre a certe inquietudini degne del primo Clive Barker.
“Non cerco che dissonanze,
la danza corrotta dell’androginia
e i veri colori della carne
la maschera gialla del Carnevale – follia”
Una lettura necessaria per gli amanti di ciò che non è convenzionale. Non omologatevi e fate un salto al ‘Cabaret Maldoror’.