LE MIE FALSE MEMORIE
Natalia Gennuso
A nove anni non pensi alle cose brutte, non pensi mai che qualcosa potrebbe accadere da un momento all’altro, ti culli nella tua beata ignoranza da bambina.
Vivevo in campagna con i miei genitori, avevamo solo due case vicine.
A destra la casa della signora Brown, a sinistra la casa del signor Stewart.
La tenuta Brown era interamente in legno, con un giardino che aveva visto tempi migliori, grandi vetrate sporche e una cassetta della posta scrostata.
Quella del signor Stewart era più moderna, sembrava una di quelle villette che si vedono nei film americani. La sua auto era abbandonata a marcire sul vialetto, le piante ne avevano ormai preso possesso.
La nostra era una noiosa casetta con poche stanze e pochi mobili, diciamo che non era un ambiente allegro, mi era persino stato proibito di esplorare il boschetto vicino.
Ero solita passeggiare su e giù per il sentiero almeno un paio di volte al giorno, ci si annoiava facilmente li.
Avevo già contato tutte le finestre della casa, tutti gli alberi del giardino, tutte le nuvole in cielo.
I miei genitori erano costantemente al computer.
Avevo già provato ad attirare la loro attenzione, senza successo, ovviamente.
Mi avevano solo intimato di non introdurmi nelle abitazioni dei vicini.
Non l’avrei mai fatto senza il loro permesso, ma avere nove anni é dura, danno per scontato la mia stupidità o noncuranza nel fare le cose.
Un giorno, mentre solevo fare la mia passeggiata pomeridiana, vidi i due vicini discutere animatamente.
La signora Brown era in camicia da notte e pantofole rosa abbinate.
Il signor Stewart in giacca e cravatta: che abbigliamento strano, pensai.
«Devi dire a tuo marito di piantarla di venire qui a disturbarmi! Se pensa che lo tradisci affari vostri, io non c’entro!», il signor Stewart strepitava come un matto.
«Mio marito é molto arrabbiato con te e con me, non vuole nemmeno che ci parliamo! Ma sono sola qui, con chi altri dovrei parlare?»
Stewart si girò verso di me esausto ed esasperato.
«Parla con la bambina! Raccontale qualcosa di vecchio e noioso».
La Brown si voltò per guardarmi con un sorriso amaro sul volto, non sapevo cosa fare così dissi: «Non litigate vi prego, possiamo essere tutti amici».
I due anziani sorrisero e si guardarono apprensivi.
Pochi minuti dopo mia madre fece capolino dalla porta: «Tesoro con chi stai parlando?»
«Con i vicini mamma».
Ricordo ancora il colore bianco che assunse il volto di mia madre.
«Maddy, noi non abbiamo nessun vicino, le case sono abbandonate, siamo da soli qui».
Mi girai per cercare spiegazioni da parte dei due anziani ma non c’erano più.
Svaniti nel nulla.
Ero cresciuta con gente che a conti fatti non esisteva.
Mi avevano parlato, mi avevano consolata e tenuto compagnia nelle giornate di noia.
Se ci ripenso oggi, a quarant’anni, rabbrividisco.
«Vuoi dirmi che mio fratello Bobbie giocava da solo in giardino?»
«Tesoro, mi stai spaventando, tu non hai fratelli, sei la nostra unica figlia!»
Eppure eccomi qui, Bobbie non mi ha mai abbandonata, é sempre rimasto al mio fianco.
Mi fa ridere ogni giorno, mi fa gli scherzetti, dice che tra qualche anno vuole studiare psicologia come me.
Però mi chiedo… chissà per quale ragione è rimasto un bambino.