UN VAMPIRO A MILANO
di Gabriele Luzzini
La Stazione Centrale di Milano, oltre ad essere la seconda più importante d’Italia tra quelle ferroviarie per flusso dei passeggeri (dopo Roma Termini), è un fondamentale crocevia per numerose tappe europee.
Contraddistinta da forme imponenti e squadrate, i treni in arrivo sono accolti da giganteschi leoni in pietra, testimoni silenziosi di storie e vicende umane.
Il progetto iniziale della stazione risale al 1912 per opera dell’architetto Ulisse Stacchini anche se lo scoppio della 1° Guerra Mondiale spostò l’inizio della attività a metà degli anni ’20 del XX secolo per poi giungere all’inaugurazione nel 1931.
Rispetto all’idea iniziale subentrarono diverse modifiche e ai giorni nostri, nonostante la struttura esterna sia rimasta la medesima, successive opere di ammodernamento, ristrutturazione e implementazione delle funzionalità hanno radicalmente cambiato alcuni parti interne.
Un luogo del genere, inevitabilmente, ha dato spazio a leggende urbane di ogni tipo che però non hanno mai dato riscontri effettivi. Sono quelle che si definiscono ‘voci’ e che alimentano con vigore amene chiacchierate serali.
Una diceria, probabilmente mutuata dalle storie degli alligatori albini nelle fogne di New York, parla di un misterioso popolo di uomini-rettili che vive nel sottosuolo, nei livelli più remoti e inaccessibili delle fondamenta. Si sussurra che abbiano fatto sparire alcune persone per poi cibarsene.
Ma, appunto, non ci sono evidenze a supporto. La stessa storia degli alligatori americani in realtà non ha alcuna base reale e non è sufficiente la giustificazione di animali ‘da compagnia’ gettati nello scarico perché troppo cresciuti (come avrebbero potuto passarci? Sapete quando è grosso un cucciolo dei tale vorace rettile?).
In realtà, la leggenda newyorkese risale ai tempi del Proibizionismo, dove i canali fognari erano utilizzati per distribuire e far viaggiare la merce di contrabbando, non visti dai solerti agenti che pattugliavano le strade.
Facendo circolare l’informazione che nelle fogne si muovessero famelici alligatori, veniva evitata la presenza di eventuali e scomodi testimoni.
Pertanto, non sarebbe da sorprendersi se uno stratagemma simile fosse stato utilizzato nei decenni passati (primi anni ’70) per ‘coprire’ traffici illeciti.
Degna di valutazioni più accurate è un’altra leggenda, coeva della precedente, che vede protagonista un presunto vampiro a cui sono state attribuite
aggressioni perpetrate a danno di vagabondi che avevano eletto a loro dimora alcune aree meno frequentate della stazione.
Seppur trattato superficialmente da alcuni quotidiani, ci sono alcune testimonianze piuttosto simili tra loro, anche se non è da escludere che sia stata una singola vicenda vissuta da un solo clochard e poi il consueto ‘passa-parola’ abbia ingigantito il tutto.
Non c’è stata fortunatamente alcuna uccisione ma le dichiarazioni delle vittime dell’aggressione indicavano che l’individuo avesse morso per poter bere il sangue. Raccapricciante!
Gli stessi senza-tetto organizzarono delle ronde per trovare e catturare il misterioso assalitore ma senza alcun risultato. Per un certo periodo, si diffuse tra i reietti l’abitudine di portare con sé alcune teste d’aglio e simboli della liturgia cristiana come ad esempio una piccola croce.
La descrizione fornita nelle varie testimonianze parla di un giovane dall’aspetto trasandato, un insolito pallore in volto e con un cappotto nero. Insomma, una visione moderna del vampiro letterario.
Il viso pallido è comunque indice di una forma anemica e l’atto del morso entra a pieno titolo nella deviazione psichica che conduce all’emofagia.
A livello psichiatrico, affonda le sue radici nelle frustrazioni infantili mentre esiste una solida scuola di pensiero che associa tale tendenza a una forma particolare di epilessia.
In breve, probabilmente stiamo parlando di un semplice squilibrato, privo di ogni aura soprannaturale.
Infatti, non è stata riferita una forza straordinaria o una delle caratteristiche specifiche del vampiro del folklore.
Nel corso dei decenni il ricordo di tali avvenimenti si è affievolito, smarrendosi nei frenetici ritmi della metropoli.