Dirigibile L-8, mistero ad alta quota – di Gabriele Luzzini
Durante la seconda guerra mondiale era piuttosto diffuso l’utilizzo di dirigibili sia come mezzi di trasporto che per missioni di pattugliamento atte ad individuare sottomarini nemici. C’erano diverse basi militari statunitensi adibite a tali velivoli, tra cui il Moffett Field – Sunnyvale N.A.S. (Naval Air Station), da cui partivano per controllare eventuali attività giapponesi nell’Oceano Pacifico. Proprio da lì, la mattina dell 16 agosto del 1942 un dirigibile L-8 decollò per indagare su una possibile fuoriuscita di petrolio e iniziare il suo ultimo viaggio verso il mistero… L’equipaggio era composto dal tenente Ernest Dewitt Cody e dal guardiamarina Charles Ellis Adams e il volo iniziò con regolarità alle 06:00 a.m. Alle 07:50, a circa cinque miglia ad est dell’isola Farralone, ci fu l’ultimo contatto radio.
Il dirigibile volò in cerchio per un’altra ora, sotto lo sguardo degli equipaggi del peschereccio Grey Daisy e della nave Albert Gallatin fino a circa le 9:00 a.M., per poi ripiegare verso San Francisco. La base di Moffett Field, non riuscendo a stabilire un contatto radio, inviò alcuni aerei per verificare la situazione. Intanto, alle 10:20 un volo della Pan Am sulla rotta di San Francisco vide il dirigibile andare verso il Golden gate Bridge ma all’apparenza ancora governato dai suoi piloti. Improvvisamente, alle 10:30 alcuni testimoni a terra lo videro salire con incredibile rapidità oltre le nubi. Alle 10:50 venne avvistato lungo l’autostrada costiera. Un marinaio fuori servizio scattò una foto del L-8. In quel momento appariva parzialmente sgonfio e la rotta era diventata irregolare. Il L-8 arrivò sopra la spiaggia per poi temporaneamente adagiarsi nei pressi di un campo da golf. E qui inizia l’inspiegabile… La Marina inizialmente ricevette una telefonata anonima che li avvisò dell’accaduto e che segnalò che l’equipaggio si era salvato. Nel frattempo, mentre, dal Moffett Field partirono alcuni camion per il recupero dei due piloti e del rottame, venne effettuata una seconda chiamata che comunicò l’assenza degli aviatori a bordo… Intanto, una folata di vento risollevò nuovamente il dirigibile che si schiantò definitivamente a Dale City. A parte una porta di accesso aperta e l’assenza di due giubbotti, tutto sembrava al suo posto. Non mancavano i libri relativi ai codici segreti per le trasmissioni, i paracaduti, le pistole di segnalazione, la radio. Ma dei piloti nessuna traccia, quasi che si fossero lanciati in aperto oceano indossando solo i due giubbotti di salvataggio. Ma perché? Forse assaliti da un inspiegabile orrore? Nell’arco di due giorni venne istituita una commissione d’inchiesta per individuare una spiegazione ragionevole all’accaduto sotto la supervisione del comandante Francis Connell. Motori, radio, strumentazione, batterie… Le verifiche confermarono il perfetto funzionamento di tutto quanto. Si fece largo quindi l’ipotesi di un clandestino a bordo, suffragata anche dal fatto che il meccanico J Riley Hill, assegnato alla preparazione dell’L-8, avesse segnalato un’anomalia nell’assetto, come se ci fosse del peso supplementare a bordo. Una spia avrebbe quindi sopraffatto i due piloti e li avrebbe gettati in mare aperto (ma perché la ‘gentilezza’ dei giubbotti di salvataggio?). L’ipotesi che fossero caduti accidentalmente è difficile da sostenere, essendo due veterani e con uno stato di servizio encomiabile. L’indagine si concluse dichiarando ‘sconosciuta’ la causa dello schianto ed entrambi i piloti vennero considerati morti. Per certi versi trovo qualche similitudine col caso di Fred Valentich, l’aviatore che, a bordo del suo Cessna 182L, scomparve nel nulla nel 1978, dopo l’incontro con un oggetto volante non identificato. Nel caso L-8 il relitto dell’aeromobile è rimasto, a differenza dell’aereo, ma i due piloti sembrano essersi smaterializzati, come in diversi casi di abduction registrati nel tempo. Sono passati davvero molti anni dall’avvenimento ma una soluzione valida non è ancora emersa.