GLI IPERBOREI
di Mario Roccaraso
“Iperborei siamo – sappiamo bene di vivere al margine. ‘né per mare o per terra troverai il cammino che porta agli Iperborei’, già recitava Pindaro di noi. Oltre il Nord, oltre il ghiaccio, oltre la morte- la vita nostra, la felicità nostra…” ( Friedrich Nietzsche)
Iperborea è una terra leggendaria, patria dell’anch’esso mitico popolo degli Iperborei.
Nei miti della religione greca e nelle dottrine dei loro storici (tra cui Erodoto), gli Iperborei erano un popolo che viveva in una terra lontanissima situata a nord della Grecia. Questa regione rappresentava il luogo perfetto, illuminato dal sole splendente per sei mesi all’anno.
Ecateo di Mileto (VI secolo a.C.) inseriva gli Iperborei all’estremo Nord, tra l’Oceano (inteso come l’anello d’acqua che la cultura greca immaginava scorrere attorno alle terre emerse come se fosse un fiume) e i monti Rifei (anche questi monti leggendari che gli antichi greci ritenevano cingessero l’Europa da nord).
Ecateo di Abdera (IV-II secolo a.C.), autore di un’opera sugli Iperborei di cui ci sono pervenuti solo alcuni frammenti, li collocava in un’isola dell’Oceano “non minore della Sicilia per estensione”. Su quest’isola “dalla quale era possibile vedere la luna da vicino” i tre figli di Borea rendono culto ad Apollo, accompagnati dal canto di una schiera di cigni originari dei monti Rifei.
Esiodo colloca gli Iperborei “presso le alte cascate dell’Eridano dal profondo alveo”. L’Eridano era un fiume della mitologia greca.
La cultura greca formulò numerose proposte in merito alla sede geografica di questo fiume e due fonti in particolare ci trasmettono la nozione secondo cui l’Eridano sfociasse nell’Oceano settentrionale: Ferecide di Atene ed Erodoto, anche se in seguito venne identificato.
Pindaro colloca gli Iperborei nella regione delle “ombrose sorgenti” del fiume Istro (l’attuale Danubio). In un passo del Prometeo Liberato Eschilo ricorda la fonte dell’Istro come situata nel paese degli Iperborei e nei monti Rifei; Ellanico di Lesbo e Damaste di Sigeo pongono la sede iperborea oltre i monti Rifei; quest’ultimo, inoltre, ricorda i monti Rifei come situati a nord dei grifoni guardiani dell’oro.
Erodoto riassume un poema di Aristea di Proconneso, ora perduto, nel quale l’autore riferiva di un proprio viaggio compiuto per ispirazione di Apollo in regioni lontane, sino al paese degli Issedoni, “al di là” dei quali ci sarebbero gli Arimaspi monocoli, i grifoni custodi dell’oro e infine gli Iperborei, che vivevano in una terra dove il clima era sempre primaverile e piume volteggiavano nell’aria.
L’astronomo e letterato francese Jean Sylvain Bailly, verso la fine del Settecento, fu il primo autore moderno a tornare a parlare di Iperborea, in alcune tra le sue opere più importanti, tra cui le “Lettres sur l’Atlantide de Platon” (1779) e “l′Essai sur les fables et sur leur histoire” (postumo, 1798).
Egli unì la tradizione di Iperborea al mito di Atlantide, ipotizzando l’esistenza di un’antichissima civiltà nordica. Bailly, nella sua concezione della storia, sosteneva infatti la tesi secondo cui un’Atlantide Iperborea nordica fosse la civiltà originaria del genere umano, che essa avesse inventato le arti e le scienza e che avesse “civilizzato” i Cinesi, gli Indiani, gli Egizi e tutti i popoli dell’antichità.
Egli posizionò questo popolo primordiale nel lontano nord dell’Eurasia, nell’isola di Spitzbergen, nei pressi della Siberia, argomentando che quelle dovevano essere state le prime terre abitabili quando la Terra, originariamente incandescente ed inospitale alla vita, quando poi il pianeta aveva incominciato a raffreddarsi.
Il costante raffreddamento della Terra le aveva però, successivamente, rese inabitabili e aveva seppellito l’ancestrale territorio di questa civiltà sotto delle lastre di ghiaccio, in modo da perdere completamente le tracce degli Iperborei e obbligando i loro discendenti a spostarsi più a sud per colonizzare le altre zone del globo.
Tra gli scrittori che in una magica terra chiamata “Hyperborea” hanno ambientato le loro storie di fantasia vi troviamo anche il maestro della letteratura dell’orrore H.P. Lovecraft.