I FANTASMI DI MONTE CLARO, L’EX MANICOMIO DI CAGLIARI
di Viviana De Cecco
Quando su Cagliari splende il sole, il Parco di Monte Claro, la seconda zona verde più grande della città, appare come un angolo di pace e serenità, dove poter praticare sport, far giocare i bambini sull’altalena o passeggiare tra i viali con la sensazione di essere al riparo dal caos del centro. In più, sulla collina che domina il parco, si erge la nuova Biblioteca Provinciale dedicata a Emilio Lussu, che ospita centinaia di volumi nell’edificio che fino al 1978 veniva chiamato Villa Clara.
A Cagliari, quando viene pronunciato il nome di questa enorme casa in pietra a due piani, circondata da un roseto e da una sorta di boschetto, si pensa subito a quello che un tempo fu il Manicomio di Monte Claro. La villa, costruita come alloggio del Direttore e della sua famiglia, è diventata il triste simbolo di quel luogo in cui molti hanno sofferto e da cui in molti, purtroppo, non hanno fatto ritorno. Alle pendici della collinetta sorgono, invece, gli edifici dell’Istituto Psichiatrico, ristrutturati da anni e adibiti a sede dell’Azienda Sanitaria locale.
È noto che, nei secoli scorsi, persino giovani ragazze e donne ribelli, o soltanto inquiete, venivano mandate in esilio in questo luogo di “cura”. Una cura che, ahimè, consisteva nelle terrificanti pratiche dell’elettroshock, dei salassi e dei bagni ghiacciati.
Ragazze indifese, colpevoli soltanto di non ubbidire alle regole della società. Donne che, per un banale mal di testa o per idee anticonformiste, venivano imprigionate in un mondo che allora era considerato molto lontano dal centro storico e, per questo, adatto a custodire l’angoscioso tormento dei cosiddetti “matti”. Per essere nascosti e cancellati dalla “vita normale”, venne costruito addirittura un alto muro di cinta in solida pietra, che ancora oggi circonda tutto il parco, mentre i caseggiati erano divisi in varie sezioni maschili e femminili, la mensa, gli ambulatori e le camere dei pazienti.
Ogni qualvolta che ci si passi di fronte o che si lanci uno sguardo dall’alto del Monte, non si può evitare di chiedersi se tra quei corridoi oscuri o dietro quelle finestre con le inferriate, vaghi ancora l’anima di quei poveretti che vi hanno abitato per anni, a volte per tutta la vita.
Alcuni conoscenti, mi hanno riferito, diversi anni fa, non solo di aver udito in quei corridoi il pianto e il lamento di una ragazza, ma di aver assistito al fenomeno di porte che si chiudevano da sole e di oggetti (come pinzatrici e matite) che venivano trovati sempre spostati da una scrivania a un’altra, come se una presenza volesse fare dei piccoli dispetti per manifestare la sua presenza.
Per di più, una persona mi ha riferito che, mentre camminava da sola per i viali del parco durante una notte d’estate, sotto una luna piena e argentea, ha sentito dietro di sé un fruscio di foglie e una voce che biascicava qualcosa di incomprensibile. Girandosi a vedere se ci fosse qualcuno, non ha visto anima viva. Che fosse un’anima defunta che cercava di attirare l’attenzione?
Ovviamente, dato che non ho assistito personalmente a tali fenomeni, potrei dire che forse questi racconti sono frutto di suggestioni, ma fatto sta che, quando si procede lentamente per quei sentieri, al calar del sole, lungo la schiena corre inevitabilmente un brivido di inquietudine.
E l’occhio cade verso una splendida nicchia in cui una Madonna veglia su coloro che passano e che, di sicuro, un tempo è stata di conforto a quelle anime perdute nel buio della crudeltà umana.
Agli inizi del secolo la psichiatria era ancora agli albori, il dottor Freud e il suo esimio collega Jung cercavano di indagare nella mente umana con la loro scienza e il dottor Lombroso misurava corpi e crani per verificare chi fosse un delinquente e chi una persona onesta.
La legge Basaglia pose la parola fine a questa pratiche e il Manicomio di Monte Claro oggi è un parco molto frequentato da famiglie e runners, adibito spesso a manifestazioni e concerti pubblici.
Delle persone che vi hanno soggiornato resta solo il nome, scritto su vecchie carte conservate nell’Archivio Storico.
E, mentre il sole splende su Cagliari, forse le loro anime cercano di trovare pace e vigilano sui loro discendenti, nella speranza che qualcuno si ricordi di loro.
Questo luogo, infine, mi è stato di ispirazione per la stesura del romanzo noir-storico “Il giardino delle ombre cinesi”, che al Premio Alziator 2008 di Cagliari è stato scelto tra i vincitori della sezione Giovani.