La Soglia Oscura
Misteri,  Esoterismo e Magia

I MENHIR DI CAVAGLIÀ
di Gabriele Luzzini

Chi mai penserebbe di imbattersi in una sorta di cromlech in un’area profondamente urbanizzata?
Cavaglià è un comune piemontese nella provincia di Biella e probabilmente il nome deriva da ‘caballius’ poiché probabile stazione di rifornimento per i cavalli, sorgendo in un luogo strategico dove si incrociavano diverse strade. Lo stesso stemma cittadino presenta un cavallo argentato col motto ‘Non Metu sed Vi’ (Non con la paura ma con la forza).
Già all’inizio del IX secolo a.C. iniziarono i primi insediamenti stanziali di tribù celtiche e questo spiegherebbe senza ombra di dubbio la presenza di menhir e di un possibile cromlech (un monumento megalitico composto proprio da tali giganteschi massi).
Una premessa è doverosa: i menhir sono stati riposizionati in tempi recenti in un’area verde denominata ‘Giardini Ing. Pier Giorgio Perotto – ideatore del primo personal computer’.
Conseguentemente, non si hanno notizie certe sulla loro precedente disposizione, quindi è improprio definirlo Cromlech non potendo rappresentare la configurazione precedente.
Infatti, la storia di questi massi è piuttosto travagliata in quanto furono spostati negli anni ’70 del secolo scorso, per lasciar posto a nuovi edifici anche se alcune testimonianze locali narrano che erano disposti sempre in zona, nei pressi di un laghetto.
Ammassati e abbandonati all’incuria, solo nella prima decade degli anni 2000 i menhir sono stati valorizzati, dopo numerosi solleciti da parte dell’associazione culturale biellese ‘Antica Quercia’, del Gruppo archeologico Cavesano e dello studioso di storia locale Luca Lenzi. Tramite l’intervento della Sovrintendenza ai Beni Archeologici della regione Piemonte e del Comune stesso di Cavaglià, le antiche pietre sono state ripulite ed erette nuovamente.
Purtroppo, non essendo disponibili studi preliminari e a causa della definitiva distruzione del sito archeologico di riferimento, l’attuale collocazione non rispetta il senso e la struttura originaria.
In ogni caso, qualche informazione è comunque disponibile anche se il range temporale proposto è piuttosto ampio, passando dal 4.000 a.C. all’epoca neolitica, con alcune fonti che fanno giungere la realizzazione di alcuni di essi addirittura fino all’Età del Bronzo. Probabilmente, gli 11 menhir sono stati aggregati nel corso di periodi temporali differenti e su alcuni sono presenti incisioni rupestri anche se non particolarmente accurate. Inoltre, sono presenti ‘coppelle’ e addirittura croci. Questo non sorprende poiché, per soppiantare i riti dell’Antica religione, era piuttosto comune incidere successivamente simboli legati al Cristianesimo, quasi che in tal modo si potessero cancellare i motivi che avevano condotto alla creazione dei misteriosi complessi megalitici.
Probabilmente, la loro funzione era legata a un culto di natura astronomica o magari erano utilizzati come una sorta di primordiale calcolatore per individuare le stelle (e da qui, un magnifico ‘corto-circuito’ col fatto che il luogo in cui ora si trovano è dedicato a colui che ideò il primo PC).
Non dimentichiamo il significato del Menhir in molte tradizioni, con la punta verso il cielo e la base ben piantata nel suolo, e cioè quello di indicare il congiungimento tra il mondo materiale e immateriale, come una straordinaria antenna in grado di convogliare l’energia cosmica e corroborare la Madre Terra.
La storia dei menhir di Cavaglià resterà ignota ma camminando tra quei macigni colossali si percepisce ancora il vigore di epoche passate e di culti dimenticati.