La Soglia Oscura
Racconti,  Poesie

IL COMPAGNO
(Liberamente ispirato da una storia vera)
di Giulia Faccio

Stavat! Stavat! Aufstehen!
Sono le 4,15
Il Kapo non abbisogna di urlare
I nostri nervi sono perennemente tesi
Ed egli sa che tutti i sensi
Scorticati e sensibili
Si destano a qualunque sussurro o soffio.
Nella mente vedo tutto il percorso di sopravvivenza
un passo falso e la verga appare alle spalle:
piegare e lisciare la coperta brulicante di parassiti
srotolare l’involto usato come cuscino
In scarpe ed abiti lordi e laceri
Il gelo morde subito la sottile pelle abrasa e cadente
Correre al lavatoio
Orinare mentre si avanza nella neve
Ghermire qualche schizzo di fetida acqua gialla
Asciugarsi con la propria camicia
Sedersi sul buco gomito a gomito
Evacuare e alzarsi
Correre per ottenere la broda scura bollente amara
Appello dritti nella notte abbagliata dai fari
la bufera taglia la faccia e le cavità umide si ghiacciano…
Tutto questo sta per compiersi…mi alzo
Ma tu non ti muovi
I tuoi piedi sono marmorei, devo avvisare ma…
Qualcosa nel ritmo della notte è sfasato
Niente fabbrica, bombardata
Staremo in baracca
Devo avvisare che sei morto ma…
Forse potrei ottenere la tua razione di pane
Quella sottilissima fetta che separa l’Essere dal nulla…
Fuori la terra polacca è spianata dai venti
è furente e noi siamo chiusi qui…
disteso senza muovermi riducendo al minimo la sofferenza
È un miracolo
Ho la tua porzione in bocca
È un miracolo
solo una al giorno visto che non lavoreremo
ma il segreto mi ha tenuto in vita
ti ho stretto nella tua coperta
per arginare gas e putredine
eri tanto consunto da non possedere nemmeno liquami
come eri vivo così sei nella morte
duro secco vuoto
nessuno si arrampica nella nostra cuccia
e io smetto di contare centimetri per distanziarci
non c’è modo di evitare il contatto
il rancio è il solo pensiero…
il quarto giorno mi sveglia un viscido brulicare sulle labbra
sono i tuoi vermi sfuggiti all’involto
il fetore acre è pungente
oggi non avrò la tua parte
ho l’ordine di scrivere la matricola sulla tua coscia
devo farti cadere al suolo
sembri l’esoscheletro disabitato di un insetto
i tuoi resti rigidi urtano delle teste di sotto
improperi e bestemmie si levano mentre mi cercano
ma… guardandomi…tacciono…
ti sollevano e ti gettano dalla finestra
il carretto passerà a ritirarti
andrai al caldo nel forno
per me ricomincia un altro giorno.