La ballata del capestro – di Gabriele Luzzini
Dondola, penzola come un sacco
mentre la fune il collo ha spezzato
segno incolore sull’almanacco che il Fato
ha per te già compilato.
Si è chiuso ingordo il nodo scorsoio
sopra quei sogni e quelle speranze,
é come una testa sopra un vassoio
l’immondo tributo che colma distanze.
Ma pensate a me, alle vite spezzate
dalle mie fibre ruvide,innocenti
che sia primavera, autunno od estate,
sono l’inverno di tutte le genti.
Il loro grido e null’altro rimane
nella memoria della canapa grezza
tutto è lì intriso e le acque piovane
non monderan chi la vita disprezza.
Le mie azioni son da voi tutti volute
e della mia esistenza non sono maestro,
ignavo arbitro di anime dissolute,
inconsapevole, io sono il capestro.