La Soglia Oscura
Ufologia

LA MIA PRIMA E UNICA ESPERIENZA
di Mario Roccaraso

Erano gli anni 80 e precisamente nel 1985. Avevo 25 anni e lavoravo come agente di commercio e consegnatario merce, unitamente ad un collega e caro amico con il quale ho passato insieme trent’anni, giorno per giorno, ora per ora. Lavoravo con suo padre, titolare di uno dei più grandi venditori all’ingrosso di giocattoli della Campania. Uscivamo la mattina in cerca di ordini e tornavamo di sera entro le ore 20:00. Ma non sto qua a raccontare lo svolgimento del mio lavoro. Le zone più frequentate nel periodo estivo da noi erano zone balneari: Da Napoli attraversavamo tutto l’hinterland casertano, passando per la Domitiana fino a raggiungere Formia, Gaeta, Terracina. Al rientro serale in più occasioni ci imbattevamo in avvistamenti di oggetti non identificati. Le loro evoluzioni, discese e risalita a V, con sorprendente velocità, ci lasciavano stupefatti.
Per chi non conoscesse la Domiziana, trattasi di una strada a scorrimento veloce e molto pericolosa, sia per i morti e causa di incidenti che per rapine, prostituzione e spaccio di droga. Lunga circa 60 km da Napoli a Mondragone, era una zona abbastanza isolata e con una vastità di campi estesi per km.
Comunque quegli oggetti di forma ovale mi attiravano enormemente, e puntualmente di sera quando ritornavamo, rallentavamo l’auto per seguire le loro acrobazie. A questi avvistamenti mi ero ormai abituato, fino a non farci più caso.
Era un venerdì di fine luglio 1985, quando di ritorno da tutte le consegne effettuate con un camion OM 40, nuovo (era stato ritirato dal concessionario solo 3 giorni prima) ci fermammo per rifornimento al distributore Esso (Lido Scalzone) località Castelvolturno. Prendemmo un caffè alle 19:00 circa e ripartimmo per percorrere gli ultimi 30 km che ci avrebbero riportato a casa. Percorrendo circa 10 km, alla nostra destra tutta pineta ma nessuna casa, auto, casolare… il vuoto. Al decimo km percorso, un grande fascio di luce inondò il camion dall’alto. Il primo pensiero che ci colse fu quello di un elicottero di polizia o CC che stesse controllando l’area. Pian piano che la luce si allontanava, il camion sembrava avesse smesso di vivere. Cominciò a perdere colpi e le luci dei comandi e fari si affievolirono. Giusto il tempo di accostare e ci rendemmo conto che non dava più segnali di ripartenza. La batteria sembrava inesistente e pur avendo controllato i cavi era tutto in ordine. Non potevamo contattare nessuno, non esistevano i cellulari, non c’erano case in zona e non passava nessuno. Eravamo seduti in cabina pensando a come uscirne e nella speranza che passasse un’auto…. Tornammo e rivedere quel fascio di luce che era a circa 300/400 mt del nostro punto, ma non in movimento. Notammo che quella luce tendeva a diminuire in fase di discesa. E fu così: la perdemmo di vista perché atterrò nella pineta a lato.
La paura cominciò a prendere il sopravvento per due motivi: Avevamo gli incassi della giornata di consegne (più o meno 6 milioni di lire – a quei tempi una somma importante) e la strada non era sicura per via di ripetute rapine. Cosa fare? Nascondere i soldi nel camion? E se sfortunatamente i rapinatori fossero riusciti a farlo ripartire e portarlo via? Tornare indietro a piedi per una strada buia con il pericolo di essere investiti? Aspettare qualche auto per un passaggio? E se ci fossimo imbattuti in rapinatori o drogati? Non trovammo soluzioni e non ci restò che aspettare di vedere un lampeggiante delle forze dell’ordine. Arrivarono le 21:00 e nonostante qualche sporadica auto di passaggio che però non si fermò alle nostre richieste di soccorso, ci sedemmo nuovamente in cabina.
Però la curiosità di andare in pineta era più forte di me. Il mio collega non voleva, finché non gli dissi di aspettare lì, all’interno del camion. Non voleva rimanere solo e mi seguì.
Ci inoltrammo nella pineta (ammetto con paura e curiosità) ma forse più sicura della strada e percorremmo circa 300 metri.
Alla nostra vista si presentò un oggetto ovoidale abbastanza lucente, di color argento, come acciaio tirato a lucido. Lungo circa 20/25 metri ed alto circa 6/7 metri.
Il mio compagno di lavoro rimase pietrificato, balbettava e trascinandomi mi implorava di andare via. Rimase lontano da me, mentre io percorrevo, nascondendomi tra gli alberi, altri 50 metri. Ne mancavano 20 al velivolo, ma preferii rimanere fermo in quel punto. Era notte, in pineta poi era ancora più buio. Non riuscii a vedere se poggiasse a terra o sollevato a circa 20/30 cm. Nella parte quasi centrale vi era una sorta di sportello, aperto dal basso verso l’alto, e si notavano luci dal blu all’arancio, fino a passare al bianco, tipo intermittenti molto lenti. Non saprei descrivere meglio. Alla sinistra dell’oggetto poco illuminato, intravidi una figura di forma umanoide che si avvicinava allo sportello. Con la luce proveniente dallo sportello aperto, riuscii a vederlo meglio. Alto circa 2 mt, abbastanza argenteo (presumo una tuta), braccia lunghe ed irregolari rispetto al corpo, testa ovale.
Non riuscii a vederne bene i contorni o descriverne il colore, ma sicuramente scuro. Mentre cercavo di ammirare meglio, una mano si poggiò sulla mia spalla, causando un mio grido: «Puozz passá nu guaio!». Era il mio amico che mi aveva raggiunto non volendo restare solo ed era intenzionato ad andare via.
Mi girai verso il velivolo e gli esseri erano due. Ci avevano sentito e il loro sguardo era verso di noi. Li sentivo parlare, ma non erano parole, frasi sembra senza consonanti e vocali, sembravano più che altro stridii emessi insieme a qualche suono. Strano, non avevo, anzi avevamo più paura. Nella mia testa sentivo: «Non temere, siamo viaggiatori, non abbiamo intenzioni belliche, siamo qui per studiarvi ed aiutarvi. Lo facciamo da millenni e vi abbiamo lasciato tracce che voi avete ignorato. Vi abbiamo lasciato messaggi, abbiamo incontrato alti vertici dei vostri governi, ma sembra non vi sia stato detto. I nostri simili sono tra voi, istruendo menti superiori, insegnando loro leggi della fisica, medica e scientifica. Resta anche a guardare la nostra partenza, addio.»
Si alzò lentamente in volo, senza emettere suoni o rumori, la luce aumentava d’intensità. Lo osservammo per circa 400 metri di altezza e poi all’improvviso, come inghiottito dal cielo, sparì dalla nostra vista. Il mio compagno era tranquillo e non mostrava segni di paura, anzi sembrava sorridere. Ritornammo al camion mentre lui mi raccontava ciò che aveva sentito. Erano le stesse parole dette a me ma senza che fossero state davvero pronunciate. Avevamo udito con la mente ciò che ci avevano trasmesso.
Il camion ripartì appena girai la chiave d’accensione, come nulla fosse accaduto, e facemmo ritorno a casa , dove arrivammo alle ore 23:00.
L’indomani raccontammo allo staff aziendale quanto successo, ma su 14, solo 3 credettero alle nostre parole.
Abbiamo continuato a frequentare quelle zone per raggiungere i vari punti di vendita ma gli avvistamenti di altri oggetti volanti divennero più rari e non abbiamo più avuto esperienze del genere.
Ci è bastata quella e sono passati 30 anni. Sono circa 4 anni che non lavoro più, resto in contatto con il mio caro amico e spesso e volentieri passo serate ad ammirare il cielo, pensando a quanti misteri nasconde ancora.