La Soglia Oscura
Mitologia

SULLE TRACCE DI PAN
di Gabriele Luzzini

Il termine ‘pànico’ ([dal lat. panĭcus, e dal greco πανικός) deriva proprio dal nome del dio Πάν e cioè Pan.
Secondo la mitologia greca, era la divinità dei boschi e delle montagne, della vita bucolica ma anche della quiete e del riposo che caratterizzava il meriggio (per intenderci, quando il sole del mezzogiorno splendeva alto nel cielo ed era sconsigliata oggi attività per evitare le insolazioni).
Seguendo ciò che riporta il Mito, il dio Pan si aggirava tra i boschi dell’Arcadia, pronto ad aggredire chi non lo onorasse tramite il riposo e infatti il ‘timor panico’ era quella sensazione di indefinito terrore dovuta alla certezza che l’entità aspettasse celata tra le frasche.
I suoi natali non sono chiari e ci sono varie attribuzioni: Ermes e la ninfa Penelope, Zeus e Callisto, ancora Ermes e una figlia di Driope…
Questo sembra sottolineare la natura sfuggente del dio, dai connotati mostruosi e dalle indomabili pulsioni sessuali.

Anche la possibile etimologia del suo nome è davvero indefinita poiché potrebbe derivare dal greco paein, che indica l’attività di pascolare, quindi piuttosto corretta per identificare un dio agreste, ma anche troppo simile a πᾶν, che invece ha il significato di “tutto” e quindi sia come fusione con l’intero mondo naturale ma anche come presenza incombente ovunque, seppur impalpabile.
Nelle rappresentazioni classiche, Pan ha corna, volto umano e barbuto ma con zampe ricoperte da peli e dotato di zoccoli caprini. In breve, l’iconografia classica di Satana suggerita dalla religione cristiana deve moltissimo al dio silvestre.

Pan è presente in numerose leggende e miti, tra cui la Titanomachia in cui aiutò Zeus a sconfiggere il terribile mostro Tifone ma sicuramente i suoi rapporti con le ninfe hanno generato le vicende più note.
Ad esempio, Eco procreò con lui Iunge e Iambe, anche se poi si innamorò perdutamente di Narciso e, struggendosi per un amore non corrisposto, divenne solo una voce.
Spesso Pan è rappresentato mentre suona la siringa, lo strumento musicale a fiato costituito da canne di lunghezza decrescente. Ma è importante ricordare chi fosse Siringa e cioè una bellissima ninfa acquatica, figlia di Ladone, il dio dei fiumi.
Pan la vide e si infatuò di lei che però preferì fuggire, senza ascoltare le lodi e gli apprezzamenti del dio mostruoso.
Si nascose in un canneto e pregò affinché lui non la trovasse, trasformandosi lei stessa in una canna.
Anche Pan raggiunse l’area e fu accolto da una melodia straziante prodotta dal vento che soffiava attraverso le piante.
Non riuscendo a individuare la ninfa ma ancora sedotto dal ricordo della fanciulla, prese alcune canne e tagliate in sette pezzi costruì quel che è universalmente conosciuto come il ‘Flauto di Pan’.
Quindi stiamo sempre più definendo la natura e gli istinti del dio, selvaggi e malinconici al tempo stesso.

Lo psicanalista James Hillman nel suo ‘An Essay on Pan’ (‘Saggio su Pan’) parte da posizioni junghiane per dimostrare come tale figura o, meglio, alcuni concetti che rappresenta, siano presenti in varie sfumature psicopatologiche.
Di grande interesse il racconto lungo di Arthur Machen ‘The Great God Pan’ (‘il grande dio Pan’) in cui la divinità viene contestualizzata in una tematica orrorifica e resa moderna.
Fu inizialmente pubblicato nel 1890 in una prima stesura più breve sul periodico ‘The Whirlwind’ e nel 1894 l’Autore realizzò la versione definitiva che però non riscosse immediato successo di critica a causa dell’aura decadente che permea tutto il racconto e le esplicite connotazioni sessuali.
La vicenda è subito coinvolgente e vede il dottor Raymond che effettua un esperimento su Mary per consentirle di vedere il dio Pan. Ovviamente non va a buon fine e la giovane donna sprofonda nel terrore e poi nella follia. E questo è solo l’inizio…
Stephen King, al riguardo, scrisse sul suo sito: ”[…] is one of the best horror stories ever written. Maybe the best in the English language.” (Una delle migliori storie horror mai scritte, forse la migliore in lingua inglese).
Tale opera di Machen ha indubbiamente fornito a H. P. Lovecraft le suggestioni per il racconto ’ The Dunwich Horror’ e lo stesso ‘Solitario di Providence’ lo ha omaggiato inserendolo nel suo saggio del 1926 ‘Supernatural Horror in Literature’.
Gabriele D’Annunzio introduce le tematiche paniche nella meravigliosa raccolta di Liriche ‘Alcyone’ in cui esplicita il desiderio di fondersi e perdersi nella dimensione bucolica, contemplandola.
Il ‘Panismo dannunziano’ concepisce una totale immersione e mescolanza con la natura, così da ricondurre l’essere umano alla propria essenza, a identificarsi spontaneamente con gli elementi selvatici in una connessione indissolubile.
La celeberrima ‘La pioggia nel pineto’ è un esempio magnifico, in cui il Vate ed Ermione, la fanciulla alla quale si rivolge, infine diventano un’unica entità con la Natura (‘…E piove su i nostri volti silvani’).

In conclusione, che fine ha fatto il dio Pan? È davvero morto come suggerito da Plutarco nel suo ‘De defectu oraculorum’, in cui riporta quanto affermato da Epiterse, sulla dipartita del dio? Oppure si nasconde libero nei boschi, non necessariamente dell’Arcadia?
Probabilmente la sua ombra scivola ancora lungo i fusti di alberi, cercando la quiete e un proprio spazio in un mondo che forse non ha più bisogno di dei.