La Soglia Oscura
Racconti

LA FORZA OSCURA
di Giovanni Maria Pedrani

La cassa di legno era sospesa nel vuoto del porto, sollevata da una gru gigantesca. I riflettori della nave la illuminavano nella notte per poterla caricare nella stiva con le opportune cautele.
Stavano sistemando l’oggetto più importante che l’umanità avesse mai potuto scoprire.
A seguire l’operazione c’erano Sir Michael Sinclair e Sir Arcibald Higgins, gli scienziati che avevano portato alla luce il segreto più impressionante che il mondo aveva celato fino a quel momento.
Furono tranquilli solo quando videro quel cofano, che aveva oscillato per mezzora sulle loro teste, posato più o meno delicatamente in uno dei depositi del battello.
Era un’ottima copertura. L’imbarcazione era un transatlantico per il trasporto passeggeri. Nessuno avrebbe mai sospettato quale carico prezioso fosse nascosto nel ponte più basso. Solo tre persone erano a conoscenza del mistero: i due luminari ed il capitano Edward John Smith.
Il giorno dopo a mezzogiorno la nave salpò da Southampton. Era il 10 aprile.
Sir Michael Sinclair e Sir Arcibald Higgins erano molto simili fisicamente: baffi e lunghe basette. Il primo era leggermente più alto, il secondo, un po’ più appesantito, aveva l’abitudine di fumare la pipa, cosa che Sinclair aborriva.
Avevano però dei caratteri estremamente diversi. Michael, spesso nervoso, studiava con un autentico spirito di conquista, e se non fosse stato per il buon Arcibald sarebbe stato richiamato più volte dall’università, per i suoi metodi troppo energici.
Ma quando si trattava di scendere nella stiva per controllare il loro gioiello, lasciavano perdere l’ansia e la pigrizia per amore della scienza e tornavano i gemelli della scoperta.
Avevano fatto aprire la cassa per assicurarsi che l’oggetto non si fosse danneggiato. Era intatto. Ed ora erano lì nella stiva ad ammirare quell’autentico capolavoro, il risultato di giorni di studi e di fatiche.
Tutto era iniziato otto mesi prima. L’università li aveva mandati nella pianura di Salisbury, in Gran Bretagna a studiare quel meraviglioso complesso megalitico. Le popolazioni della zona sostenevano che quelle pietre avessero un potere particolare. Si trattava probabilmente di leggende, ma il fascino di Stonehenge ed il mistero che racchiudeva quella geometria millenaria meritava una risposta.
Arrivarono con bauli pieni di strumenti. Sir Cecil Chubb diede loro il permesso di accamparsi sulle sue terre per le osservazioni.
Passarono i primi giorni a disegnare sulla mappa quella struttura per indovinarne i segreti matematici. Successivamente intervistarono alcuni abitanti che sostenevano si verificassero periodicamente delle misteriose magie, persino dei miracoli.
Una notte Sinclair ed Higgins si appostarono all’ombra lunare di quelle pietre, cercando di tracciare le regole di quell’orologio astronomico. Avevano sestanti, telescopi, bussole. Ad un certo punto dal terreno cominciò ad alzarsi la nebbia. Poco per volta avvolse quelle pietre con una suggestione sinistra. I due professori si sentivano proiettati in un tempio degli dei sul monte Olimpo.
Ad un tratto accadde una cosa strana. La nebbia si condensò in linee regolari che avvolgevano le pietre ove si trasformava in vortici. Erano come i contorni delle linee di forza di un campo elettromagnetico che veniva disegnato però dall’umidità della notte. Gli studiosi provarono a spezzare con i loro corpi quelle linee, che si dissolvevano per un istante, per poi rigenerarsi immediatamente.
Il mattino seguente Sinclair ed Higgins cercarono la presenza di radiazioni o di campi magnetici. Gli strumenti non indicavano però nulla. Non c’era nessun tipo di forza particolare. Provarono a riprodurre con del vapore la nebbia della notte prima, e con loro sorpresa videro che le molecole si disponevano ordinate in linee regolari ed ellissi concentriche. Furono incantati da un curioso fenomeno. La superficie dell’acqua di un bicchiere, muovendosi nella zona del complesso, non rimaneva parallela al terreno, ma si inclinava contrastando la forza di gravità. Prepararono uno strumento empirico, costruito proprio come la livella di un muratore, per misurare l’intensità della forza. Sulla base dello spostamento della bolla d’aria disegnarono su una carta questi valori, come le isobare di una mappa meteorologica.
La forza oscura sembrava agire solo con l’acqua. Qualsiasi altro liquido, a meno che non diluito in acqua stessa, rimaneva totalmente indifferente. Provarono con alcool, benzina, mercurio. Niente. Il potere più intenso era quando era allo stato solido. Il ghiaccio veniva spostato come se agisse una calamita ed in certi punti rimaneva persino sospeso nel vuoto.
Ma lo stupore più grande avvenne quando Higgins inciampò goffamente su una pietra. Rialzandosi si guardò la mano dove sentiva bruciare e pulsare il sangue fuori dalla ferita. Con incredulità vide il taglio cicatrizzarsi in pochi istanti. La contusione era scomparsa ed in un attimo la pelle si era rigenerata!
Non sapeva come dirlo a Sinclair. Fu facile. Con la punta di un compasso provò a tagliarsi nuovamente. Non appena tornò nella posizione ove era caduto, la lesione scomparve!
Gli abitanti della zona fecero il resto. Qualcuno diceva che visitando Stonehenge era guarito dalla gotta. C’era chi era afflitto da mal di testa e mettendosi accanto alla prima lastra a nord si era sentito immediatamente sollevato. Una donna raccontò di essere tornata fertile sdraiandosi una notte tra le pietre che contraddistinguevano il lato sud. Glielo aveva consigliato la madre che era guarita dai dolori della gravidanza trent’anni prima.
Ben presto Sinclair ed Higgins si accorsero che quei monoliti disposti in modo così misterioso non erano un osservatorio celeste per le popolazioni celtiche. 3200 anni prima di Cristo, una civiltà ignota aveva capito che quella zona celava un mistero ed aveva disegnato con dei massi una mappa perenne di quelle forze straordinarie. Ogni gruppo di lastre rappresentava una potenzialità diversa.
Sulla base di osservazioni empiriche ed usando i racconti degli abitanti schizzarono su una carta un cerchio. Era come uno zodiaco della vita. Sembrava che disponendosi 30 gradi da nord si avessero benefici all’apparato nervoso. Proseguendo in senso orario quel benessere toccava l’apparato digerente intorno ai 50 gradi, poi i reni verso i 75, gli occhi e la pelle e così via fino ai 360 gradi. In ogni caso, sia che uno avesse dolori, sia che uno fosse in salute, rimanere per alcuni minuti in quel cerchio di forze oscure procurava un senso di pace e di serenità.
Probabilmente quella forza primordiale polarizzata riusciva a condizionare le cellule dell’organismo, agendo sulle molecole di acqua, ed alterando il metabolismo. Gli antichi verosimilmente ignoravano questa base scientifica, ma avevano studiato la cosa in modo empirico fino a trovare le regole che producevano quei benefici.
Sinclair e Higgins si immaginarono malati di 5000 anni fa che procedevano lungo il viale del cerimoniale, scendendo dalla collinetta e raggiungendo il terrapieno circolare. Arrivati alla Slaughter Stone un sacerdote avrebbe cercato di capire l’infermità che affliggeva l’avventore per indirizzarlo nel sito della guarigione adeguato al suo malessere. Il sofferente si sarebbe avviato all’ingresso di nord est e sarebbe entrato in una fossa di Aubrey, o si sarebbe accomodato sotto una porta formata da quegli enormi blocchi orizzontali di sarsen sorretti da altrettante lastre di pietra. Sotto quei giganteschi architravi il malato avrebbe trovato la salvezza.
I due studiosi immaginarono i guaritori collocati in quelle strane formazioni a ferro di cavallo al centro del complesso. Dovevano essere loro a calibrare la cura, facendo spostare il sofferente avanti e indietro.
Sinclair ed Higgins capirono anche che nel corso dei secoli gli antichi avevano raffinato lo sfruttamento di quella forza. Esistevano infatti formazioni circolari diverse. Anche i tipi di pietra erano differenti. C’era un po’ di sarsen ed un po’ di bluestone. Probabilmente all’inizio Stonehenge doveva essere stata costruita in legno. Solo più avanti quei sacerdoti avevano capito che bisognava fissare nell’eternità quella forza.
Ma qual era la causa di tutto ciò? Dopo averne capito gli effetti rimaneva solo di conoscere la fonte di questa energia vitale. Avevano intuito che le pietre non c’entravano nulla. Erano autentiche rocce inerti.
La mappa di benefici che avevano tracciato e quella ottenuta dalla bolla d’aria fecero percepire che il fulcro di tale attività doveva trovarsi al centro di quello che sembrava il cerchio principale, ma spostato leggermente verso sud.
Si fecero aiutare da dei manovali per effettuare delle campionature. A gennaio, a più di tre metri di profondità trovarono l’oggetto.
Di forma ogivale, vagamente sferica ma appuntita da un lato, sembrava una enorme goccia di cristallo lunga poco più di tre metri e larga uno e mezzo.
Non si sapeva di che materiale fosse. Poteva essere un vetro particolare o silicio allo stato puro. Quello che importata era l’enorme potenza di quel monolito.
Non fu facile trasportare “la cosa”. In gran segreto fu approntato un mezzo apposito che una notte la caricò verso un magazzino in una località segreta. Lì proseguirono gli esperimenti finché l’università accettò il trasferimento negli Stati Uniti, un paese tutto sommato neutrale ai contrasti che stavano avvenendo in Europa. Ormai non era più una questione solo scientifica. L’America con le sue competenze tecniche avrebbe studiato la forza oscura in collaborazione con scienziati inglesi. L’oggetto sarebbe stato al sicuro e protetto da chi avrebbe potuto farne un uso illecito, magari militare.
Ma Sinclair ed Higgins sapevano che quel monolito era un bene dell’umanità. In un clima politico così controverso, ad un passo da una guerra che avrebbe potuto coinvolgere il mondo intero, “la cosa” era non solo la forza per salvare milioni di malati, ma anche lo strumento per portare la pace e benessere a tutti. Il solo avvicinarsi procurava tanta serenità e voglia di vivere e far vivere in pace che avrebbe potuto cancellare la parola guerra dalla storia del genere umano.
Si immaginarono riunioni di capi di Stato intorno a quell’altare della vita. Sognarono incontri di contendenti concludersi con una stretta di mano. Videro la fine di carestie e sofferenze.
Erano loro i depositari di quel segreto. Ed in quella stiva sapevano che l’umanità non sarebbe stata più la stessa. Non importava quale fosse la fonte di quella forza. Un dono degli alieni? Un meteorite provenuto dalle profondità dell’universo portando i segreti di una quinta forza oscura? Un manufatto di una civiltà precedente la nostra che aveva scoperto come dominare la natura e magari si era autodistrutta proprio con quella forza che doveva rappresentare il riscatto e la sorgente della vita?
Non interessava quale fosse la provenienza di tanto bene. Bisognava accettarla con la fede. Per l’umanità era il nuovo Messia.
Ed ora quell’oggetto carico di potere e di speranza era in viaggio verso gli Stati Uniti a bordo di un innocente transatlantico per il trasporto di ignari passeggeri. Protetto dal segreto della curiosità scientifica, attendeva uno studio più approfondito che ne avrebbe permesso uno sfruttamento in nome della salvezza e della pace.
Furono interrotti nei loro sogni e ragionamenti dal capitano Edward John Smith. Era corso da loro per dire che un iceberg aveva tagliato la fiancata per quasi 100 metri.
“La cosa”, con la sua forza oscura, aveva attratto il ghiaccio verso la nave.
Erano le 23.30 di domenica 14 aprile 1912. Il Titanic, ferito mortalmente, stava lentamente affondando con il suo carico di speranza per l’umanità.