La Soglia Oscura
Racconti

L’ISOLA DEL NOLEGGIO
Natalia Gennuso

Dopo essere sceso dalla barca insieme ad altre dieci persone a me sconosciute, mi avvio verso il centro di quella che i dépliant consegnati settimana scorsa in ufficio avevano descritto come “Isola Paradisiaca”.
La sabbia è fine, la vegetazione rigogliosa, i versi della fauna locale riempiono l’aria di buoni propositi.
Il sentiero è stretto, ha una sola via, mi ritrovo presto a camminare al fianco di una signora anziana munita di bastone.
«Sei qui in vacanza?» mi chiede inespressiva.
«Diciamo di sì, una pausa dal lavoro non fa mai male» annuisce, per poi diventare taciturna per il resto della camminata.
Dopo circa venti minuti di caldo asfissiante e zanzare posate sul collo, arrivammo al cospetto di un hotel, piccolo ma a suo modo imponente. Una guida ci accompagna alle nostre stanze, sorridendo in modo alquanto raccapricciante: magrolina, bionda, occhi chiari e pelle bianca quasi come la neve.
«Le faremo presto sapere i prezzi da noi stabiliti per ogni servizio»
«So già quali sono i prezzi, l’agenzia mi ha…»
«Oh mi creda, non li conosce affatto», detto questo mi sbatte la porta in faccia, chiudendomi dentro; non mi ha ancora consegnato le chiavi della camera, ma questo piccolo dettaglio l’ho notato a serratura scattata, troppo tardi.
Inizio a sudare freddo sia per la temperatura che per la situazione, provo ad aprire sia porta che finestre senza successo. Respiro a fondo e osservo la stanza: è piccola, ma per una persona va più che bene: letto matrimoniale, un piccolo bagno, TV via cavo e angolo cucina.
Rovisto disperatamente in tutti i cassetti e le ante presenti nell’abitacolo per cercare un oggetto con cui forzare la porta, tutto vuoto.
Mi accorgo solo adesso della presenza di sbarre di ferro alle finestre, da fuori non le ho notate.
L’ultima possibilità è chiamare qualcuno, ma chi? Alzo la cornetta del telefono incerto, lo smartphone è bello che morto. Chi chiamare? Magari Harry, il mio collega, lui saprà come aiutarmi. Digito il numero ricevendo risposta da una voce metallica: «il servizio non é disponibile, per informazioni prema il tasto ‘home’ sul tastierino, la ringraziamo per averci scelti».
Abbasso lo sguardo sui tasti, premo seccato il tasto “Home”.
«Buongiorno! Qui é l’ufficio informazioni, vi elencheremo adesso i seguenti servizi a noleggio di cui potrete usufruire durante la vostra permanenza»
Servizi a noleggio? Quando Harry mi ha dato il dépliant non ha accennato a nulla di tutto ciò.
«Per la TV via cavo il prezzo é di un litro di sangue per ogni ora di trasmissione. Per usufruire dei servizi igienici il prezzo è di un dito ogni litro di acqua utilizzata, indifferente se proveniente dalla mano o dal piede. Per il piano cucina il prezzo é di un dente per ogni ingrediente richiesto alla preparazione. Infine, per utilizzare il letto come giaciglio per la notte il prezzo é di un organo non vitale, esauriti quelli sarà esaurito anche il vostro soggiorno presso il nostro hotel, grazie per l’attenzione».
La telefonata si interrompe.
Per essere uno scherzo é davvero ben congegnato.
La rabbia mi spinge a mollare un pugno contro la porta, non succede nulla. Provo nuovamente a digitare più numeri possibili sul telefono, la linea é misteriosamente andata a farsi benedire.
“Va bene, calmati. É uno stupido scherzo, niente di più. Adesso mi addormento, chiudo gli occhi e quando li riapro sarò a casa mia”
Accendo la TV e mi fiondo sotto le coperte: nessun segnale, ti pareva.
Cerco di calmarmi, il silenzio di tomba che c’è non aiuta di certo. Qualche minuto dopo però inizio a socchiudere piano gli occhi, l’ultima cosa che vedo è la sveglia che segna le dieci e trenta del mattino.
Mi sveglia un dolore lancinante, un bruciore che parte da dentro il mio essere e si espande al circondario.
Spalanco gli occhi, capisco subito dopo che non è stata una buona idea.
Il mio torace é aperto: davanti a me un taglio netto, quasi maniacale nella perfezione, apre il mio corpo dall’ ombelico allo sterno.
Vedo il sangue scorrere, sono le tre del pomeriggio.
Ho dormito per 5 ore.
Un messaggio parte sulla segreteria, é la donna che lavora per l’hotel: «Le confermiamo l’addebito di 5 organi non vitali: milza, cistifellea, un rene, un polmone e l’appendice. É stato applicato un sensore di pressione sotto il suo letto, qualora lei rimanga disteso, preleveremo altri organi come stabilito».
Erano seri? Questi pazzoidi erano seri a riguardo?
Mi agito, vedo il mio cuore pulsare veloce, la testa mi sta per esplodere. Voglio tirarmi su, ma ho paura che qualcosa rotoli via dal mio corpo, tuttavia se resto mi porteranno via anche quello.
Sento gli occhi stanchi, la vista sta cominciando ad annebbiarsi. La sofferenza fisica che provo mi sta portando allo svenimento, mi tiro su con la forza residua: fiordi di sangue tingono le coperte di un rosso scarlatto. Il mio cervello riceve un colpo violento nell’emisfero destro.
Brancolo verso l’uscita tenendo l’apertura con le mani. Riprovo con la porta, nulla.
Non ho più forze, non voglio morire dissanguato sul pavimento di un hotel sperduto in mezzo al nulla, mi dirigo così di nuovo verso il letto.
Buio.
Riapro gli occhi appena in tempo per vedere l’ora scattare.
Manca un quarto alle sette.
A conti fatti sono un contenitore vuoto, il cuore ha i battiti a rilento, il letto è ormai una pozza di sangue raggrumato color mogano.
Guardo verso la finestra, la luce sta cominciando a svanire, un messaggio parte dalla segreteria del telefono accanto a me, è Harry.
«Hey Jonas? Amico mio, come va? Ti stai divertendo? Scommetto di sì. Bel posticino che ti ho trovato: sole, mare, pace, silenzio, discrezione. Vedi, non sei mai stato una cima nel leggere le cattive intenzioni di chi ti sta intorno. Povero, pensavi davvero che volessi mandarti in un piccolo angolo di relax? La verità é che volevo mandarti all’inferno caro il mio collega. E penso di esserci riuscito, un applauso a me! Deve bruciare parecchio. Ma ammettilo, sono un uomo di classe, quale modo migliore per liberarsi del mio rivale in chirurgia se non quello di farlo sezionare come un animale da laboratorio da perfetti sconosciuti? Spero si siano almeno lavati le mani prima».