La Soglia Oscura
Parapsicologia,  Misteri

LO SPETTRO DEL MONASTERO
di Gabriele Luzzini

Nelle immediate vicinanze della città balneare di Rapallo (GE), nella frazione di San Massimo, sorge il Monastero di Santa Maria in Valle Christi, caratterizzato da un’architettura in stile gotico-romanico. Purtroppo, la struttura non è affatto integra e si presenta come un insieme di ruderi, anche se rimane comunque molto suggestiva.

La chiesa vanta una pianta a croce latina e una caratteristica torre campanaria, realizzata in cotto e caratterizzata da trifore.
La parte destinata a uso esclusivo delle monache, invece, è molto danneggiata ma gli studi evidenziano che probabilmente si estendeva su tre piani e destinata ad accogliere circa trenta suore.
Nei pressi della chiesa sono rinvenuti moltissimi resti umani ma la spiegazione è molto semplice: con ogni probabilità lì sorgeva il cimitero, ipotesi avvalorata anche dalla presenza di una tomba in pietra grezza.
Il complesso fu realizzato all’inizio del 1200 grazie alle sorelle Malfanti, due nobildonne genovesi, che misero a disposizione il terreno sul quale fu edificato.
La donazione avvenne nel la primavera del 1204, in base a quanto riportato su antichi documenti e i lavori edili si conclusero un paio di anni dopo. Dopodiché si insediarono le suore di clausura cistercensi che rimasero lì per 3 secoli. Infine, giunsero nella prima decade del 1500 le monache dell’Ordine di Santa Chiara.
Ma l’esiguo numero delle stesse, la lontananza da Rapallo e la possibile esposizione alle incursioni dei pirati saraceni portarono alla decisione di chiudere il monastero nel 1572, tramite editto pontificio di papa Gregorio XIII.
La grave incuria degli anni successivi causarono un forte ammaloramento, in parte contenuto nel corso di numerosi interventi conservativi avvenuti a partire dall’inizio del XX secolo.

E, come in tutti i luoghi antichi, anche il monastero ha conservato una lugubre storia tramandata dal folklore…
Si narra che in uno dei periodi in cui c’erano pochissime suore nel monastero, una di loro si innamorò di un pastore che era solito transitare con le sue pecore nelle zone limitrofe della struttura ecclesiastica.
Non sono pervenute descrizioni fisiche dei due protagonisti della storia e perciò vi invito a lasciare spazio alla vostra immaginazione.
Il rapporto tra i due si intensificò e la monaca trasgredì i suoi obblighi monastici e il voto di castità, concedendosi all’uomo.
La transumanza però doveva continuare e un bel giorno lui se ne andò col suo gregge.
Tempo dopo, la donna si accorse che qualcosa non andava, si sentiva diversa. Nausea, debolezza… forse il clima della zona non era salubre oppure c’era altro?
Si scoprì incinta e ogni giorno cercava di trovare un modo per nascondere la pancia che iniziava ad aumentare.
Nel frattempo, erano giunte nuove suore e il monastero si era ripopolato. Certo, non come ai tempi di massimo splendore, ma sicuramente c’erano più occhi indiscreti ai quali celare la gravidanza.
Perciò, fu inevitabile che la situazione venisse rivelata e le altre monache attesero con trepidazione il nascituro che si rivelò essere una bambina. Dopodiché, la suora, colpevole di aver trasgredito le rigide norme, fu murata viva con sua figlia in una cella del convento dalle solerti consorelle, così da nascondere e punire una condotta a loro giudizio riprovevole.
La leggenda racconta che, in alcune notti senza luna, un lamento straziante si ode tra le mura rimaste del monastero. Forse un pianto femminile che a volte si mescola ai singhiozzi di un neonato.
Da brividi, vero? Ma proviamo ad analizzare qualche dettaglio.
Innanzitutto, l’idea di murare viva una persona ricorda alcune storie gotiche, anche se comunque era una pratica in uso nel medioevo, quasi che fosse un’ordalia: se Dio avesse voluto mantenere in vita la vittima, avrebbe avuto il modo di compiere un benevolo gesto per risolvere la situazione.
Il vento che spira nella zona produce a volte suoni bizzarri attraversando le fessure delle pietre e le rovine spigolose.
Non sono state rinvenute celle murate anche se le attuali condizioni del monastero non permettono una completa verifica, essendo la parte convittuale la più danneggiata. Infatti, oltre all’azione del tempo, molte pietre sono state prelevate per costruire le case coloniche prima che l’area fosse dichiarata monumento nazionale (nel 1903). È anche vero che l’eventuale corpo della sventurata possa essere stato tumulato nel cimitero vicino alla chiesa.

Chissà se tra quelle vetuste mura sia rimasto un residuo energetico della sventurata suora oppure se semplicemente sia l’immaginazione a dare forma alle ombre del passato. In ogni caso, se transitate nella zona, non perdetevi l’occasione di vedere e vivere un luogo davvero sorprendente.