La Soglia Oscura
Racconti

QUESTIONI DI PROSPETTIVA
Natalia Gennuso

C’è qualcosa di anormale oggi nel comportamento di Fred, lo vedo dal suo modo di fare, qualcosa gli sta sfuggendo di mano.
Cammina su e giù per la cucina a grandi passi, ha la manica della camicia sporca di rosso, dall’odore sembra sangue.
«Non doveva andare così, non avrebbe dovuto alzare la voce con me, le donne sono tutte uguali» lo ascolto in silenzio, rifugiato in un angolo della camera.
Sono terrorizzato, so bene che lui non mi farebbe mai del male ma ha quella strana e malsana luce negli occhi che non gli vedo da circa due anni.
«E adesso? Che cosa faccio?» borbotta tra sé e sé.
Indietreggiando faccio rumore e lui sposta subito lo sguardo su di me, non si era ancora accorto della mia presenza.
«Dai su, non guardarmi così, mi fai sembrare un mostro», porto subito gli occhi verso il basso, «adesso sembra che tu abbia paura di me, non ti ho mai fatto del male, quindi non assumere certi comportamenti!»
Questo è vero, in sei anni della mia vita non mi ha mai fatto nulla, mi ha sempre dimostrato il suo amore.
Si avvicina lentamente a me, mordo la lingua tra i denti per evitare di emettere squittii di paura.
«Sei fantastico sai James? Non mi hai mai tradito, né hai mai fatto la spia, perfino quando la zia è venuta a trovarci due anni fa il giorno di Natale non ti sei scomposto» deglutisco e lo guardo di sfuggita.
Si allontana da me e si toglie la camicia sbottonandola in maniera accurata, quasi maniacale. Fa parte del suo carattere, tutto deve essere fatto con il massimo della precisione, non sono contemplati errori o improvvisazioni.
Quando però è lui a improvvisare, dato il suo temperamento da testa calda, va nel panico.
«Adesso metto questa a mollo, ne indosso un’altra e torno in ufficio per il turno pomeridiano, tu fa la guardia al sacco che ho messo nel garage sul retro, intesi? Puoi già andare a familiarizzarci»
L’ultima volta che ha messo qualcosa in garage si é poi rivelata una partita di carne datagli dal macellaio con cui mi ha fatto polpette e hamburger, almeno così mi ha detto.
Mi reco sul retro con passo lento.
Appena attraversata la soglia l’odore di sangue fresco colpisce il mio naso facendomi voltare dall’altro lato.
É ben chiuso, non c’è verso di affacciarsi dentro per controllarne il contenuto, c’è solo un piccolo foro da cui fuoriesce un rivolo di sangue.
«Hey, non penso si muoverà o risveglierà, dai solo un occhiata nel caso servisse. Ah, il tuo spuntino è in cucina e i tuoi giochi in salotto», sorride, «spero di trovarti ancora sveglio quando torno dal lavoro, ciao angioletto», mi abbraccia ed esce di casa facendo tintinnare allegramente le chiavi.
Ha avuto un altro dei suoi tipici cambi d’umore, molto probabilmente ha trovato la soluzione al suo problema.
Emetto un sospiro di sollievo e vado in cucina a mangiare il mio spuntino pomeridiano; non si é mai dimenticato di prepararmelo, mi sorprende ogni giorno di più.
Lo prendo dal ripiano e vado a mangiarlo sul divano, spaparanzato su due cuscini imbottiti che portano i segni della mia infanzia.
Dopo aver ripulito anche le briciole cadute a terra vado a controllare quali giochi ha portato giù dalla mia camera: un peluche, dei cubi di legno e una pallina pazza. Le ho sempre adorate, sono veloci e imprevedibili, non si stancano mai.
Circa ogni mezz’ora vado a dare un occhiata al sacco, ho anche provato a spintonarlo appena ma non ha reagito.
Muoio dalla curiosità di conoscerne il contenuto.
Le ore passano e mi sto annoiando, ho giocato con tutti gli oggetti che avevo a disposizione e adesso sono stanco, credo che andrò di sopra a fare un pisolino.
Sono a metà rampa di scale e guardo l’orologio, papà sarà a casa a breve, mi ha dato un compito, una responsabilità, non posso deluderlo.
Ridiscendo i gradini e torno in garage, mi siedo in un angolo e guardo dritto davanti a me.
Di tutta la casa questo è il luogo che più mi mette a disagio.
Fred lavora in ufficio e non ha hobby, quindi non mi sono mai spiegato la grande collezione di oggetti per il fai da te che tiene qui dentro.
Inoltre apre di rado la porta o la finestrella, l’aria è sempre stantia.
Il rumore della sua macchina nel vialetto mi riporta alla realtà, corro in cucina e quando entra sorridente gli salto quasi addosso tanta é la felicità di vederlo.
Chiude a chiave la porta e mi abbraccia.
«Ciao campione! Oh, vedo che hai apprezzato lo spuntino, che bravo. Hai anche giocato, devi essere stanco»
Più per necessità che per casualità sbadiglio e lui scoppia a ridere.
«Dai vieni, andiamo di sopra è ora della nanna»
Andiamo su insieme e mi mette a letto, mette sotto le coperte il mio peluche preferito e mi accarezza il viso.
«Buonanotte»
Esce e chiude la porta a chiave, dice che è per proteggermi.
Crollo subito dopo.
Durante la notte mi sveglio più volte per pochi secondi e sento strani rumori, sta usando gli attrezzi, anche volendo non posso uscire di qui.
Do una regolata alla mia curiosità e chiudo gli occhi.
Ed è subito giorno.
La chiave scatta nella serratura e Fred compare sulla soglia sorridente.
Sono intontito dal sonno, non riesco a uscire dal letto, il calduccio sotto le coperte è meraviglioso.
«Dai su pigrone», viene da me e mi prende in braccio portandomi al piano di sotto.
C’è un profumino delizioso.
Mi poggia finalmente al suolo e mi sgranchisco le gambe, esco a prendere una boccata d’aria ma il pensiero del sacco ritorna prepotente nella mia mente.
Rientro subito e corro in garage, è sparito e con lui anche la macchia di sangue.
«Ti aspettavi di trovarlo ancora lì, eh? Sei stato molto bravo a tenerlo d’occhio ma adesso è tutto okay, ho risolto. Vedrai, sarà speciale come la sera di Natale di due anni fa, ricordi?
Saremo solo noi due e un pasto da re»
Emetto un gridolino di gioia che lo fa ridere.
Dopo quindici minuti il pranzo è servito.
Poggia la mia ciotola per terra, è stracolma di carne.
«Caro James, sei fortunato, hai un padre che ti vuole bene, che ti cresce, che ti vizia. Sentire la tua gratitudine mi appaga, non come faceva mia moglie. Si lamentava dalla mattina alla sera.
Il giorno di Natale ha avuto da ridire sul polpettone che avevo preparato, ricordi?
Ho dovuto buttare il mio maglione beige preferito, il sangue è difficile da pulire, ma tu, dopo che lei ha buttato la cena per terra l’hai mangiata con una tale gioia che mi ha colmato il cuore di felicità.
Ma era poco e meritavi di più.
E’ stato impegnativo ridurre Marien in pezzi così piccoli data la sua stazza, ma devo dire che la cottura è stata sublime»
Mentre mangio lo ascolto parlare in silenzio.
«E rieccoci qua, oggi ti ho portato la stessa specialità, stavolta cotta alla piastra, come ti sembra?»
Ho praticamente pulito la ciotola e la trascino da lui chiedendo timidamente un bis che è felicissimo di darmi.
«Tu sì che mi dai soddisfazioni, dopotutto il cane è il migliore amico dell’uomo, no?»