SAN GALGANO E LA SPADA NELLA ROCCIA
di Gabriele Luzzini
La chiesa ha un’architettura dichiaratamente cistercense anche se ormai è una sorta di prezioso rudere a cielo aperto che, per qualche oscura ragione, come imponenza e suggestione tendo ad associare al complesso di Stonehenge (anche se l’analogia più corretta sarebbe con l’abbazia irlandese di Cashel, anch’essa ‘scoperchiata’).
L’abbazia fu consacrata alla fine del XIII secolo (1288) ma già al termine del ‘300 cominciò a perdere lustro, risultando semi-diroccata nel XVI secolo.
Attualmente è stata ‘riconvertita’ a luogo destinato ad eventi e rappresentazioni, con tanto di palco e platea.
Ma il fascino resta comunque immutato per chi si avvicina, tra campi di girasoli e differenti tonalità di verde, come se lo scorrere abituale dei secoli si fosse perduto in un paradosso e il visitatore vittima di un’anomalia spazio-temporale.
Ma chi era San Galgano? Dopo un periodo di vita spensierata e ricco di mondanità, Galgano Guidotti decise di ritirarsi ed abbracciò un’esistenza di penitenza, volta a Dio. Giunse sul colle di Montesiepi, alle spalle di dove ora sorge l’abbazia, nel Natale del 1180 e infisse la spada in una fenditura di una roccia, trasformando così uno strumento di morte in una croce (L’elsa e parte della lama).
Ora, sorge una cappella dove il santo lasciò la sua spada, ancora visibile.
Un episodio degno di nota avvenne durante l’assenza di Galgano a seguito di un pellegrinaggio. Tre invidiosi cercarono di rubare la spada ma non ci riuscirono e pertanto la ruppero. La mano divina si manifestò e uno fu incenerito da un fulmine, un altro annegò nel fiume mentre il terzo fu aggredito da un lupo che gli strappò le braccia. Gli arti del malcapitato ora si trovano in una teca conservata nella cappella di Montesiepi e le analisi col carbonio 14 li dichiarano coevi al periodo in cui visse il santo.
Il santo morì nel 1181, a soli 33 anni, dopo che una luce immensa gli annunciò la fine delle sue peregrinazioni terrene.
E’ evidente la similitudine con alcuni elementi propri del mito di Re Artù, tra cui principalmente la spada infissa nella roccia ed il nome Galgano, straordinariamente simile a quello del cavaliere Galvano (Gawain, nella tradizione). Galvano è un guerriero della luce, trae energia dal sole e risulta meno efficace e potente di notte. Inoltre, è un grande guaritore ed esperto conoscitore di erbe (aspetto che San Galvano sviluppò nel corso del suo eremitaggio).
Ridondante ricordare che anche San Galgano, prima di abbracciare la fede, fu cavaliere.
Il ciclo di Re Artù è successivo alle vicende di San Galgano e pertanto non sarebbe così sorprendente pensare che, lungo la via francigena che unisce Roma a Canterbury, la straordinaria storia di Galgano e della sua spada nella roccia siano giunte oltre Manica, ad alimentare e dare dettagli al mito Arturiano.