La Soglia Oscura
Racconti

IL DRAPPO
di Giovanni Maria Pedrani

«Ancora più in alto!» urlò impetuoso, sperando che l’invocazione tagliasse il cuore della tempesta.
Una parte della frase fu coperta dallo squarcio di un tuono, che illuminò la notte e fece tremare la torre.
Il ragazzo vacillò sull’impalcatura scivolosa per la pioggia battente.
«Va bene così, messere?» domandò supplichevole il giovane, con voce ancora immatura.
L’uomo osservò dal basso la feritoia, da cui scorgeva il traliccio, e socchiuse gli occhi per calcolare la direzione.
«Più in alto!» ordinò poi «Verso il cielo!»
Il praticante si arrampicò sulla sommità. Aggiunse l’ultimo ponteggio e finalmente tese l’asta. Il cavo oscillò nel vuoto scambiando con le travi dell’armatura un suono secco e nervoso, come la coda imbizzarrita di un drago.
«È il momento, maestro?» fece timido l’assistente, affacciandosi alla balaustra.
Il vecchio si accostò al tavolo e contemplò il capolavoro pronto a vedere la luce. Anni di studio, di prove, d’insuccessi, stavano per trovare il degno coronamento.
«È il momento…» sussurrò con solennità.
Sollevò lo sguardo. La pioggia fitta sferzava la lunga barba ormai bianca.
Guardò verso il ragazzo di bottega. Gli ricordava tanto se stesso, quando da giovane era ancora un praticante presso l’officina del Verrocchio, e gli regalò un cenno di consenso, che racchiudeva anche tutta la sua gratitudine per essergli stato accanto in quel disegno così misterioso.
Le carrucole mulinarono irrequiete.
Le corde si tesero vibrando cupe!
I legni scricchiolarono per la trazione.
Un lamento risuonò nella torre, come quello di un gigante ferito destato dal sonno.
Ora bisognava solo attendere.
Un lampo accecò la notte!
Non era ancora quello giusto.
Nel bagliore che si era formato, il lenzuolo gli sembrò persino più candido.
La pioggia tamburellava regolare e scandiva nella sua mente il tempo in cui sarebbe stato il momento appropriato.
Cinque, quattro, tre, due, uno… contò con la mente.
Un altro lampo. Come previsto!
Il ragazzo fremeva e attendeva solo l’ordine del maestro.
Gli occhi del vecchio, confusi fra le rughe, fra i capelli e fra i pensieri, vedevano l’istante in cui tutto avrebbe avuto di nuovo inizio.
Tre, due, uno …
Era il momento!
Sgranò gli occhi e fissò la sua opera.
Su un basamento di legno di quercia aveva adagiato una statua in rame. Raffigurava un uomo alto, smagrito, con la barba. Era senza vesti, con gli occhi chiusi, una corona di spine sul capo, le mani conserte sul ventre, con sui polsi e sui piedi il segno dei fori di chiodi romani. Un drappo di lino avvolgeva sopra e sotto la scultura.
«Ora!» gridò.
Il ragazzo fece saltare il perno. L’asta di metallo si proiettò nel vuoto fendendo le nuvole. In quel momento il fulmine più potente di quella notte raccolse il dardo!
La scarica corse lungo il filo, fino alla cuspide della torre, fino all’impalcatura che crepitò con un boato, fino alla statua di rame che s’irraggiò.
Il drappo s’illuminò dell’energia del cielo!
Fu un istante.
Un attimo in cui Leonardo vide la luce di Dio!
Seguì un silenzio irreale.
Il più grande genio di tutti i tempi aprì le palpebre. Le fiamme avevano avvolto la torre. I disegni sul tavolo, frutto di anni di studi, ardevano insieme alle travi. Alzò lo sguardo verso l’impalcatura. Stava bruciando. Il ragazzo invocava aiuto fra le fiamme. I suoi occhi guardavano con orrore la morte e il risultato del lavoro del suo maestro. Solo ora capiva! Solo ora, osservando dall’alto l’immagine impressa su quel lenzuolo, conosceva il prezzo della beffa di aver voluto violare le leggi di Dio.
Leonardo seguì il volto del giovane e intuì i suoi pensieri. Ma ormai le fiamme erano sul punto di cancellare anche loro. Poteva solo raccogliere il drappo dal basamento e fuggire, prima che l’incendio lo inghiottisse per sempre. Tornò sfinito al suo laboratorio.
Incubi e pensieri lo tormentarono per il resto della notte.
Al primo mattino scrisse la lettera.

* * *

Allo Santissimo Sommo Pontefice,
lo compito affidato da la Vostra Illustrissima Somma Santità venne alfine adempiuto da lo Vostro umile servo.
Fra li lenzuoli novi, giunti per grazia Vostra da la Terra Santa, per mano di nobili cavalieri, scelsi lo più antico. Lo tipo di trama par tessuto due secoli addietro da mano dolente qual telo funereo.
Di polveri de la Galilea, di polline de la Giudea, di sangue e umori di morente d’omo fu cosparso, e con l’ausilio della folgore divina fu impresso il Segno de lo Altissimo, sì che un drappo di siffatta foggia paresse simile a lo Santissimo, corrotto da le fiamme de lo Maligno uno lustro addietro.
Niuna carta, niuna voce d’omo, durò di tal disegno, ordito con profondo istudio, in nome de lo nostro Signore.
Il dì lo quale la Vostra Somma Santità commise a messer Michelangelo la fabbrica di San Pietro, qual onta avvidi. Sol ora è manifesto lo grande privilegio di codesto più nobile disegno, l’aver tratto a nova vita allo popolo di Cristo tutto, il Segno de la Fede, se pur con la impostura, sicché niuno abbia a indugiare.
Per mano d’umile servo, allo termine di sua vita, potei compire lo miracolo di risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
Con Fede e Devozione
Umile servo di Cristo, Leonardo

 

Tratto dalla raccolta di racconti noir
“Self-Control – Confezione da 20 pillole nere”

(ISBN 9788897783022)
di Giovanni Maria Pedrani
Per gentile concessione de Il Ciliegio Edizioni

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