La Soglia Oscura
Monografie

LE FERRIERE DI MONGIANA
di Rocco Giuseppe Tassone

Mongiana (VV) è un piccolo centro oggi agricolo nel cuore delle Serre Calabresi a 921 mt s.l.m. fondato nel 1771 sul colle Cima come centro di residenza per gli operai delle Regie Ferriere e della Fabbrica d’Armi. Infatti nel 1768, a Mongiana, allora Calabria Ultra, a poca distanza da Serra di San Bruno, venivano fondate le Ferriere che hanno avuto un potenziamento nel 1814 voluto dal Capo dell’Amministrazione degli Stabilimenti Calabresi per la Manifattura delle Armi il colonnello Niccolò Landi con la denominazione di Real Fabbrica di Canne. Produzione annua di 1.442 canne per fucile e 1.212 canne per pistola, nel 1820 venne abolita la loro produzione conservando solo la funzione di fonderia.
Nel 1850, Pietro La Tour, direttore, con la consulenza di tecnici francesi, e su disegno dell’ingegner Fortunato Savino proposero a Re Ferdinando II che approvò l’istituzione di una “Fabbrica per ferri e lamine per i cilindri”, ubicata tra i fiumi Ninfo e Allaro. Sorse in concomitanza il Real Opificio per Armi Bianche di Sparanise. Si diede così vita al Villaggio Siderurgico di Mongiana, prima struttura industriale siderurgica della penisola italiana, che comprendeva oltre alla fonderia, le ferriere di San Bruno, di San Carlo, della Ferdinandea e del Real Principe che davano lavoro a circa 2.000 operai. La fonderia e lo stabilimento siderurgico occupavano un’area di 12.000 mq, con 3 alti forni per la produzione della ghisa, 6 raffinerie, 3 forni Wilkinson, che lavoravano il minerale proveniente dai giacimenti di Pazzano ricchi di ferro e grafite. La fabbrica d’armi occupava un’area di 4.000 mq. Gli opifici disponevano di motori idraulici azionati dai fiumi Ninfo e Allaro, sviluppando una potenza di 100 HP, mentre i carrelli che alimentavano gli altiforni erano mossi da una macchina a vapore che utilizzava a “recupero” i gas degli stessi altiforni. La legna che serviva ad alimentare i forni veniva fornita dai generosi boschi dei dintorni che tramite una razionale amministrazione forestale ed ecologica rispettava le fasi e i periodi di rimboschimento. Il complesso era diretto da un Tenente Colonnello d’Artiglieria, oltre agli ufficiali e impiegati civili, erano occupati 280 operai carbonieri, 100 mulattieri e 100 artificieri tutti “paesani” cioè addetti civili del luogo, onde evitare eventuali trasferimenti estenuati degli addetti dal proprio domicilio alla sede di lavoro e rendere così il tutto possibilmente meno gravoso. Ogni forno produceva 40 cantaja di ghisa al giorno (1 cantaja corrisponde a 89,8 Kg). I materiali finiti venivano utilizzati dall’Esercito e dalla Marina, il prodotto era di eccellente qualità, superiore a quello francese ed inglese, infatti la ghisa di prima fusione secondo l’Istituto di Incoraggiamento “è di tal pregio da non temere il confronto con quella di Bofort, inoltre si vogliono dire bellissimi i saggi d’acciaio di cementazione che nulla lasciano a desiderare”. Nel 1853 durante lo svolgimento dell’Esposizione Internazionale tenutasi a Napoli venne assegnata al complesso siderurgico di Mongiana la medaglia d’oro dal Corpo Accademico del Real Istituto d’Incoraggiamento alle scienze per “saggi di ferri di prima fabbricazione e per lavori di ferro fuso”. La spedizione dei manufatti a Napoli veniva effettuata utilizzando il porto di Pizzo, cui si arrivava attraverso un sentiero che passava da San Nicola di Crissa e dal bivio dell’Angitola, sentiero che poi sarebbe divenuto la regia strada borbonica delle Serre.
Nell’ultimo anno del Regno, il 1860, la produzione toccò le 40.000 cantaja di ghisa. Alla caduta del Regno e con il suo inserimento nello Stato Italiano fu progressivamente diminuita la produzione, privilegiando le industrie del Nord Italia, Nel 1860, in occasione dell’annessione al Piemonte, Mongiana fu teatro di una sommossa contro il nuovo governo, guidata dagli operai delle Ferriere: scesero in piazza, assaltando la sede della Guardia Nazionale, calpestando il tricolore, quindi, sequestrando la tromba al capo mulattiere, chiamarono a raccolta l’intera popolazione, che si riversò per le strade inalberando la bandiera bianca con i gigli, infransero lo stemma sabaudo posto nella casa del governatore, scendendo alla fonderia, presero la statua di Francesco II e la portarono in processione per il paese, collocandola nella sua vecchia posizione. Al colonnello garibaldino Massimino destò viva impressione soprattutto la partecipazione delle donne; ma nel 1875 la ferriera venne acquistata dal senatore ex garibaldino Achille Fezzari che, dopo aver sfruttato quel che restava, chiuse l’impianto nel 1881. Scomparve così un’azienda che era stata per il Regno delle Due Sicilie il primo e più grande polo siderurgico d’Italia, seguito venti anni dopo dal mostro dell’I.L.V.A. diventato poi Italsider.
Oggi del suo antico splendore resta solo l’edificio principale di stile neoclassico disposto su tre piani per meglio sfruttare la caduta dell’acqua convogliata da un canale, una coppia di colonne in ghisa, l’atrio, tutti elementi completamente stravolti da uno sconsiderato e falso restauro stilistico ma soprattutto dalle ruberie a danno del materiale granitico e pietroso che un tempo faceva parte delle strutture degli edifici ed oggi è parte integrante di case private o abbandonato al tempo che inesorabilmente demolisce.

Bibliografia:
1. La Real Ferriera di Mongiana di C. La Rosa
2. Le vie del ferro di M. Siviglia
3. Comunità Montana delle Serre a cura di A.Rizzo
4. Miraculu di Ddiu chira matina di R.G.Tassone
5. E jeu no’ mi movu di ccà si Maria la grazia no’ mi fa di R.G.Tassone