RAPUNZEL
(La versione originale delle fiabe)
di Alessandro Troisi
Viaggiando a ritroso nel tempo per scoprire l’origine oscura delle fiabe per bambini, notiamo, anche nel caso di Raperonzolo, che la prima versione della storia è dell’italiano Basile, successivamente ripresa con alcune piccole variazioni dai fratelli Grimm.
La storia inizia con una donna incinta, la cui casa confina con quella di una perfida orchessa. Preda delle voglie della gravidanza, la donna si introduce di nascosto nel giardino della spaventosa vicina per mangiare il prezzemolo che vi cresce rigoglioso. Ma l’orchessa, coltala sul fatto, la pone di fronte a una scelta terribile: la lascerà andare solo a patto di rinunciare al bambino che porta in grembo e di consegnarlo proprio a lei. Anche se disperata, la donna accetta il terribile patto.
Nove mesi più tardi la sventurata da alla luce una bambina, che chiama Petrosinella, dalla pianta di prezzemolo (nella versione dei Grimm la donna ruba invece dei raperonzoli, da qui il nome della fanciulla). Quando la ragazza compie dodici anni, l’orchessa si presenta a reclamare quanto le spetta e la donna, non potendo sottrarsi ai patti, le consegna la figlia. L’orchessa afferra Petrosinella per i capelli e la trascina in una torre senza porte e con una sola finestra che sorge in mezzo a un bosco, dove la rinchiude.
Il tempo passa, e Petrosinella diviene una graziosa giovane donna, dai lunghissima capelli biondi. La sua prigionia è scandita solo dalle visite dell’orchessa che, sfruttando i suoi capelli, si arrampica nella torre per controllarla e per insegnarle le arti magiche, di cui è maestra, sperando di farne una sua serva. Un giorno, tuttavia, il figlio di un re si imbatte casualmente nella torre e, sentendo la dolce voce della ragazza, la invita ad affacciarsi: è amore a prima vista e il principe, arrampicandosi grazie ai capelli di Petrosinella, riesce a raggiungerla. I due diventano amanti e continuano a vedersi a lungo in segreto, ogni sera.
Ma un giorno, Petrosinella si tradisce con l’orchessa parlando accidentalmente del principe: la megera va su tutte le furie e la punisce tagliandole la lunga treccia. Poi, quando il principe si presenta, come ogni sera, per incontrare la sua innamorata, lo attira imitando la voce di Petrosinella e lasciando cadere i suoi capelli: il poveretto, arrivato in cima, inorridisce trovandosi davanti l’orchessa, che lo agguanta e lo getta nel vuoto: precipita nei rovi sottostanti e le spine gli trafiggono gli occhi, accecandolo.
A questo punto, le due versioni ci danno conclusioni diverse sulla vicenda degli sfortunati amanti: secondo i Grimm, la megera caccia Raperonzolo in un deserto, dove vaga a lungo sola e disperata. Il principe, sebbene accecato, non perde la speranza e a sua volta vagabonda a lungo, fino a ricongiungersi con l’amata ragazza. Quando finalmente si riabbracciano, le lacrime di gioia di Raperonzolo, cadendo sui suoi occhi, li risanano miracolosamente, donandogli di nuovo la vista. Nella versione di Basile, invece, Petrosinella riesce a fabbricare una scala di corda, con cui si cala giù dalla torre e raggiunge il principe. I due fuggono insieme ma l’orchessa, infuriata, li insegue attraverso il bosco. La ragazza usa allora tre ghiande magiche, lanciandogliele contro nella fuga. La prima si trasforma in un grosso cane, che l’orchessa riesce a placare sfamandolo con una pagnotta. La seconda diviene invece un leone: la megera gli sfugge uccidendo un asino e strappandogli la pelle, sotto cui si nasconde. L’ultima si tramuta in un famelico lupo che, trovata l’orchessa e ritenendola un vero asino, le si getta addosso e la sbrana.
I due giovani, finalmente liberi, possono così sposarsi e vivere in pace. Nonostante il lieto fine, anche Raperenzolo si presenta nella sua versione originale come una storia ricca di particolari macabri e spaventosi, che la avvicinano decisamente alle storie dell’orrore: nulla in comune con le storie della buonanotte.


