La Soglia Oscura
Esoterismo e Magia

TAVOLA OUIJA
Testimonianze ed Esperienze Reali
di Simona Semino
Coven Protegit Stipula

Le sessioni di tavola Ouija del nostro gruppo sono sempre un’esperienza unica, dove le energie si manifestano in modi misteriosi e spesso sorprendenti. Una delle prime cose che abbiamo imparato è che le entità che desiderano comunicare non parlano come noi. Iniziano sempre con un periodo di orientamento sulla tavola, quasi come se stessero prendendo confidenza con l’ambiente. Questo processo può sembrare “a vuoto”, con la planchette che gira senza una direzione precisa, ma con il tempo abbiamo capito che è un momento fondamentale di adattamento. Talvolta, le energie utilizzano termini arcaici, lingue straniere o sigle criptiche, e ci capita di trovarci di fronte a discorsi frammentati e poco fluenti. Per questo motivo, è sempre necessaria una persona che prenda appunti e verifichi il significato di parole, sigle e sequenze numeriche, utilizzando anche strumenti come Google o intelligenze artificiali. Molto spesso, queste combinazioni portano alla luce eventi storici o fatti realmente accaduti, segni che confermano la presenza di energie provenienti da un passato lontano.

Un altro aspetto che abbiamo imparato nel tempo è l’importanza del comportamento dei partecipanti. Lo scetticismo è ben accetto, ma mai l’atteggiamento maleducato o aggressivo. Quando qualcuno si presenta con un’energia negativa, sembra quasi che la tavola risponda in modo altrettanto turbolento, richiamando entità più ostili o poco tranquille. E qui entra in gioco il mio ruolo, quello di protezione e di ‘banshing’. Quando la planchette inizia a muoversi in modo incontrollato, quando le energie si fanno più intense, è il momento di intervenire, di ristabilire l’armonia. Nonostante ciò, anche nei gruppi più sereni, le energie talvolta possono cambiare direzione, e ho visto persone in preda a emozioni forti, come il pianto incontrollato. Quando ciò accade, ci si accorge che non si tratta della persona defunta con cui si sperava di comunicare, ma di un’energia birbante, una presenza maliziosa che si nutre delle vulnerabilità del gruppo, in particolare della persona più debole.

Eppure, ci sono anche energie serene, che non hanno nulla da temere. Sono quelle che continuano a comunicare perché hanno ancora un messaggio da trasmettere. Ma ci sono anche quelle che soffrono, che non riescono a trovare pace a causa della loro transizione, e il loro dolore emerge in ogni parola, in ogni segno lasciato sulla tavola. Sono esperienze complesse, ma anche incredibilmente rivelatrici, che ci offrono uno spaccato di ciò che accade quando i mondi si sfiorano.

Le esperienze più eclatanti che abbiamo vissuto durante le nostre sessioni di Ouija sono state intensamente rivelatrici, ognuna carica di emozioni, mistero e talvolta anche di dolore.

Alcune delle nostre esperienze:

In una sessione particolarmente significativa, a casa di uno dei membri del gruppo, emerse il nome “Adelaide”. Questa entità si fece subito notare per la sua natura burlona, in quanto asseriva di abitare lì, ma al tempo stesso sorprendentemente tranquilla e loquace. Raccontava di non essere sola, affermando di essere accompagnata da altre tre persone, forse membri della sua famiglia. La sua storia sembrò confusa, ma molto umana, tanto che decidemmo di fare delle ricerche. Con nostro stupore, scoprimmo che, molti anni prima, una signora di nome Adelaide aveva davvero vissuto in quella casa, ed era anche una lontana cugina del padrone di casa. Un segno che, forse, l’entità non stava solo giocando con noi.

Un’altra sessione fu caratterizzata dalla presenza di più entità che si rivelarono essere straniere. Le energie ci fecero scrivere una frase inquietante: “le nostre ossa”. La planchette continuava a muoversi in modo frenetico, come se volesse dirci qualcosa di urgente. Curiosi e preoccupati, chiedemmo loro di comunicarci cosa volessero dirci, e la risposta arrivò sotto forma di una parola che non conoscevamo: “ecorcher”. Uno dei membri del gruppo, sempre pronto a fare ricerche, scoprì che questo verbo francese significava “scuoiare” o “scorticare”. In quel momento, la tensione nell’aria divenne palpabile, perchè capimmo, cosa fosse accaduto loro. Erano energie sofferenti, e quel “le nostre ossa” ci colpì profondamente. Con il cuore pesante, accendemmo candele per loro, sperando che potessero trovare un po’ di pace in quell’oscurità che ancora le avvolgeva.

In un’altra sessione, un partecipante chiese aiuto a un’entità che si presentò come Mauro. Era un uomo che sembrava conoscere il dolore e la sofferenza, e il ragazzo gli chiese se potesse aiutarlo a trovare un po’ di serenità, visto che da tempo percepiva una presenza ostile nella sua casa. Mauro ci fece scrivere una sequenza di lettere e numeri che, dopo un rapido controllo, si rivelò essere il disegno di uno scudo militare in cemento armato. La risposta era chiara: il ragazzo necessitava di una protezione energetica solida, resistente, proprio come quello scudo.

Poi ci fu una sessione che ci lasciò con un senso di oppressione. Una donna si fece avanti e, in un linguaggio che suonava antico, ci fece scrivere “ibija”, un termine arcaico per riferirsi a Ibiza. Ci raccontò di essere una figura di aiuto, in particolare per i bambini, e ci fornì delle date che spaziavano dalla guerra civile spagnola al secondo conflitto mondiale. Fu allora che capimmo: questa donna aveva fatto parte delle colonie di accoglienza che operavano in Spagna durante la guerra civile, offrendo rifugio e assistenza ai bambini orfani. La sua storia ci scosse profondamente, e la sessione si concluse con un macigno sul cuore, con la consapevolezza che le sue energie non avevano mai trovato piena pace.

Infine, un’altra sessione, questa volta con tavola e pendolino, rivelò che uno dei partecipanti portava con sé un’entità. Chiedemmo da dove provenisse, e la risposta arrivò sotto forma di una sigla: “GE”. Subito capimmo che si riferiva a Genova. Il ragazzo, un esperto di urbex, ricordò di aver visitato tempo prima la “colonia Devoto”. L’entità, che si chiamava Italo, non era un bambino, ma sembrava essere stato il custode della colonia, morto suicida. Sebbene non siamo riusciti a verificare se la sua storia fosse vera, la rivelazione ci lasciò un senso di inquietudine che non riuscimmo a scrollarci di dosso. Quest’ultima testimonianza ci fa capire quanto sia utile fare le cose come si deve, proteggersi, proteggere e purificare. Quando si varcano certe soglie, bisogna essere coscienti e rispettosi.

Ogni sessione Ouija è un varco. Non si tratta di un gioco, ma di un incontro. Talvolta lieve, altre volte profondamente destabilizzante. E ciò che ci viene affidato — una parola, un’immagine, un nome — non è solo un messaggio, ma un peso sottile, un invito alla memoria, alla cura, al rispetto.
Le energie che si affacciano su questo mondo non sempre cercano risposte. Spesso, vogliono solo essere ascoltate. E noi, con umiltà e attenzione, possiamo offrire loro quella voce.
Chi varca la soglia deve farlo in piena coscienza, consapevole che ogni contatto lascia un’eco. Ed è in quell’eco che si cela la vera esperienza: l’incontro tra il visibile e l’invisibile, tra ciò che siamo… e ciò che siamo stati.