LE TOMBE MORTE
di Giuseppina Rombi
Per diverse notti, nei sogni, mi ritrovai a percorrere un luogo sconosciuto alla realtà dei miei giorni.
Esso appariva a tratti oscuro e sinistro, con forme indistinte e insolite; a tratti ampio e luminoso, nelle tinte accese del verde.
Qualche tempo dopo, confidai ad un caro amico di questi luoghi onirici, ed egli mi disse che forse esisteva per davvero un tale luogo di cui aveva sentito parlare e che desiderava visitare. L’occasione sembrò propizia ad entrambi, così organizzammo il viaggio verso un posto chiamato “Le Tombe Morte”.
Vi giungemmo in un pomeriggio assolato di piena estate. A ll’inizio di un sentiero sterrato, sostammo dapprima davanti ad un cancello in ferro, segnato dalla corrosione del tempo e alquanto malfermo sui cardini laterali. L’ingresso ai pedoni però non era vietato. Prima di entrare, fummo attratti da un grazioso oggetto lì appeso: un cuscino ingiallito a forma di cuore con due minute scarpe rosa da neonata cucite sopra, due nastri in organza svolazzanti… e un ragno, vivo, indisturbato custode di quell’ammenicolo. Ci sembrò un segno grottesco, sensibili com’eravamo ai “richiami dell’insolito”. Entrammo oltre il limite del cancello, il caldo afoso del meriggio lasciò presto il posto alla frescura del bosco. Le fronde dei tigli frusciavano leggere, un corso d’acqua scivolava lento e limpido ai piedi degli alberi. Camminando lungo il percorso ci fermammo sopra un ponticello in pietra
sotto cui, fragorose e impetuose, scendevano le acque di tre canali che lì confluivano. Ci intimorì la potenza di quella forza primordiale che solo poco prima vedemmo scorrere placida e tranqui lla. Sopra le mura del ponticello, erano collocati dei grandi macchinari, con valvole, ingranaggi e strumenti di misurazione. D’improvviso ci sorprese la luce affievolita del crepuscolo,tantochè decidemmo di tornare sui nostri passi.
Non ci voltammo mentre stridevano quei macchinari.
Non ci voltammo mentre lo scroscio dell’acqua diminuiva di vigore.
Non ci voltammo mentre Le Tombe Morte diventavano silenziose.
Non ci voltammo , ma corremmo, mentre si alzava d’intensità il pianto di una neonata.