
VERMICIDIO
di Tamara Calliope Macera
Joshua spendeva il suo tributo al verme, nell’ineluttabilità della vita. Aveva questo strano dolore intestinale che non gli dava pace. Sapeva che alcun calmante avrebbe potuto rilassare le viscere dal contrarsi in continuazione. Non si concedeva alcun attimo, solo per imprecare e sbattere sul ciglio della strada le sigarette consumate con una certa tenacia del morso.
« Devo trattenere, devo trattenere » e stringeva i denti.
« Tutto bene, Jo? »
« Si che cavolo! Lasciami stare! ». Jimmy era suo amico da sempre e sosteneva di essere la sua anima gemella, perché il sentimento ha la stessa iniziale del nome. Joshua non badava al suo destro, erano semplici complici in un mare che non vedeva porto.
« Sai Jo, pensavo di mangiare una pizza stasera. Che ne dici? »
« Non dico, non ci sono»
« Che devi fare di così importante? »
« Insomma Jimmy, lasciami stare! » . Quel giorno in particolare la pressione era tremenda e Joshua volle correre verso casa, senza voltarsi ad osservare il viso sgomento di Jimmy.
Un giro, due, tre. La chiave nella serratura scoccò l’ultimo rintocco e la porta si aprì sul salotto. Un’abitazione piccolina e un caldo tremendo. Joshua tolse il soprabito con una certa cautela, qualsiasi movimento avrebbe potuto far innervosire le interiora.
« Stai calmo, stai calmo ». Con estrema incertezza tolse anche le scarpe e, scalzo, si diresse verso il divano. Una volta seduto cominciò a respirare affannosamente. Il suo volto si deturpò in una smorfia e pian piano cominciò a cambiare sembianze. Ora c’era una donna di una certa età al posto di Joshua.
“Vado a guardarmi allo specchio”. Le viscere avevano cessato la loro contrazione mentre Joshua si dirigeva verso il bagno.
“ Eccomi qua! “.
La donna si aggiustò i capelli ed estrasse dal taschino sinistro un punteruolo.
Lo guardò per pochi secondi e lo mise al proprio posto.
« Devo andare ». Ripercorse il tragitto del bagno fino al portone d’ingresso. Dal soprabito estrasse le chiavi di casa e uscì. In strada l’aria era calma e le genti indaffarate e preconfezionate nel loro vivere un nuovo lunedì del mese. Le vetrine dei negozi erano l’inno nazionale del consumo, con quei colori scintillanti di slogan eccentrici : ” OCCASIONE DA NON PERDERE” ” ULTIMI NUMERI!” ” OCCHIO AL MALOCCHIO!”. Joshua si soffermò su quell’ultima insegna di una vetrina all’angolo di Via dei Cavalieri.
« Qui è perfetto ». Suonò il piccolo campanello posto alla destra del muro. Un donna massiccia gettava la sua ombra verso il vetro. La porta si aprì su questa immagine di una gitana dal capello crespo e le labbra rovinate.
« Lei ha il malocchio! Se entra la salverò! »
« Certo! Non vedo l’ora! » . Joshua, trascinando la sua vecchia e femminile forma, entrò nel locale.
Gingilli, incensieri e salvia bianca erano ovunque.
«Si sieda, analizzeremo il suo problema»
« Volentieri »
« Sono venti euro per la seduta, dieci per la consulenza e altri venti per la rimozione della fattura »
« Va benissimo ».
La donna prese una padella da cucina e versò dell’olio, poi prese un uovo e lo sbatté dentro. Pose su un fornello collegato alla corrente la padella e attese che l’uovo cuocesse. Dalla credenza estrasse un piatto, una forchetta e si sedette nuovamente. In silenzio cominciò a mangiare.
« Non è salato. Un uomo le ha lanciato una maledizione »
« No che non è salato! Non lo ha condito! » Joshua canzonò la fattucchiera tra una battuta e una risata.
« Vuole forse sostituirsi a me? Se le dico che è stato un uomo, allora è così! ». Il tono della donna si fece cupo e aggressivo.
« E ora mi dia i miei cinquanta euro! »
« Di già? Questa è la seduta? E la rimozione della fattura? »
« La fattura l’ho appena mangiata! È sparita, non vede? Sparita!!! »
« Io non credo che lei sia una persona onesta. Me ne andrò senza darle uno spiccio ! »
« Oh signora mia…lei non andrà proprio da nessuna parte, se non mi rende i miei soldi! » e senza esitare estrasse un coltellino da sotto la lunga gonna.
« Vuole forse giocare con me? »
« Giocare? Io non la farò uscire viva di qui e nessuno saprà nulla di lei! »
« Cosa ha in mente? » la interrogò Joshua.
« Le taglierò la gola, chiamerò mio figlio per ripulire la faccenda e la seppellirò nel giardinetto qui dietro, vicino la Casalinga scomparsa una settimana fa. Ahahahah è sorpresa? Come lei quella donna non voleva pagare il suo conto e guardi cosa è diventata! Concime per il mio giardino! »
« È un’ottima idea. Proceda pure… »
« Sa? Lei è una donna strana. Ha tutta questa premura di morire? »
« La morte? Ognuno ha le sue passioni ».
La gitana si avventò contro Joshua la quale schivò il fendente con un’abilità inusuale per una povera vecchietta.
« Ehi, vecchia! Vuoi morire male? » e con uno slancio si accanì di nuovo. Joshua afferrò il braccio in tensione nell’atto di offendere, immobilizzando la donna incredula. Gli sguardi si piantarono l’uno nell’altro. Joshua avvicinò le labbra alle labbra della gitana e le scoccò un bacio delicato.
« Che fai vecchia schifosa! »
« Ti addolcisco la sorte ». Il tempo non fu clemente. Joshua strappò la giugulare della donna a morsi, uccidendola all’ istante. Quando il corpo cadde fece un rumore sordo, ma l’assassino non se ne curò. Trovò il necessario per non lasciare alcuna traccia, in un ripostiglio. Il sangue è materia difficile da occultare. Con una forza sovrumana portò il cadavere nel giardinetto sul retro e lì vi seppellì la fattucchiera. Il lavoro fu pulito e indisturbato.
Joshua, dunque, uscì dal negozio della morta e continuò a passeggiare lungo le strade cariche degli aliti dei passanti, in concitazione per la settimana entrante: il quotidiano è materia difficile per i viventi, un po’ come il sangue, e l’uomo moderno ha immolato la sua esistenza al grado più basso della catena alimentare, tra le piante divorate dagli insetti.
La vecchia immagine di Joshua continuava con passo fermo quel vagare senza un dove, prima che le interiora riprendesse il loro subbuglio. Si fermò in un caffè invitante, con quei pasticcini che inondavano di colori il vetro opaco del locale.
Entrò è si sedette in un posticino tranquillo.
« Aspetta qualcuno, signora? »
« No, nessuno. Vorrei un bignè e un cappuccino »
« Subito»
Il cameriere si allontanò con l’ordine e Joshua chinò l’occhio destro sul marciapiede fuori da quel vetro, concentrandosi su un pensiero. Sarebbe arrivato il cambio a momenti. Doveva solo essere pronto.
Il cameriere tornò dalla donnina con un bignè e un cappuccino.
« Ecco a lei »
« La ringrazio ».
Diede il primo morso e sentì un colpo deciso nelle viscere. Il signore al tavolo vicino si voltò verso la vecchietta, con una smorfia di disgusto, come a voler sottolineare che quel movimento inopportuno poteva essere consumato in bagno.
« Vado in bagno » disse Joshua all’uomo, con un sorriso beffardo.
Il bagno delle donne era libero, ma Joshua optò per quello degli uomini. Si sedette sul water e attese qualche secondo prima che il dolore intestinale fosse insopportabile. Il viso prese a deformarsi di nuovo. Il corpo si tese e gli arti si allungarono, il collo in tensione elevò il capo ad una nuova altezza, la metamorfosi era compiuta. Si alzò e sbirciò quel sembiante distinto, attraverso lo specchio sporco del locale. Era un uomo sulla cinquantina, pelato, con un certo appeal. Gli abiti, anche loro, erano di un certo taglio: giacca color grigio topo e pantalone in tinta. La cravatta era stretta al punto giusto. Estrasse dalla tasca sinistra un punteruolo, lo stesso che aveva la vecchia Joshua. Lo osservò e a voce alta tradusse il suo sentire :
« Non è ancora tempo ».
Uscì dal bagno e noncurante si sedette nel posto che spettava alla vecchina. Il signore che aveva guardato di sbieco Joshua, prima che entrasse in bagno, drizzò le orecchie in un chi va là convinto, quando vide quell’uomo gustare un bignè e un cappuccino lasciati a metà dalla donnina.
« Ehi lei! Si, dico lei! È impazzito? Quella roba non è sua! È della signora entrata in bagno poco fa! Lei sta rubando! Cameriere! Cameriere! »
Il locale si era riempito e alcuni curiosi aguzzarono l’udito alle parole dell’uomo. Con la sua nuova grande bocca Joshua divorò il bignè , bevve il cappuccino in un sorso per poi alzarsi e uscire dal locale.
« Cameriere! Quell’uomo ha consumato la colazione della signora ed è uscito senza pagare! »
« Signore si calmi, ora provvederemo, piuttosto, dov’è la signora?! »
« È molto che è in bagno! Controllate, magari si è sentita male! ».
Il cameriere si diresse verso il bagno delle donne e il signore ,impaziente, si affacciò sull’uscio per controllare dove fosse diretto il ladro. Joshua misurava ad ampi passi la strada, ed era già ben lontano, dall’altro lato del marciapiede. Il signore, preso da un impeto di giustizia, rientrò nel locale e sbatté venti euro sul bancone:
« Tenete pure il resto! » così corse fuori dalla porta e si precipitò sul malfattore.
« Ehi lei! Dico lei! Si fermi!”
Joshua sentì il fiato sul collo e, confondendosi tra la gente, si mosse verso un angolo tra Via Donizetti e Via Padova.
Sapeva esattamente dove andare.
« Si fermi! Al ladro! Fermate quell’uomo! ».
La gente sembrava anestetizzata dalla volontà di acquisto, ogni passante rimaneva fisso su quel tratto di vetrina che incappava nel suo cammino, pensando all’appagamento di uno stipendio e di quel maglione di ultima tendenza.
« Al ladro! Al ladro! » le grida dell’uomo erano immerse nel trambusto di un pane quotidiano insipido, di un corpo sconsacrato per volere del nulla.
« Fermo! FEEEERMOOO! ». Nella sua nuova forma, Joshua, era agile e svelto. Si nascose dietro un cassonetto di quell’angolo, prima che il giustiziere arrivasse per sorprenderlo.
« Lo so che sei qui, maledetto! Vieni fuori e parliamo di ciò che hai fatto! Rubare la colazione ad una povera vecchietta? Magari sei pure un avvocato o un colletto bianco in carriera! Esci! ».
L’uomo era disorientato e alquanto spaventato : il vicolo era buio con materassi abbandonati e rifiuti pesanti qua e là. Il nero cassonetto era quasi in fondo al muro e l’occhio dello sventurato si posò su di esso.
« Sei lì dietro? Vieni fuori!!! ». Man mano che le parole si facevano più dirette, il signore avanzava con fare incerto. Joshua sentì i battiti di quel cuore accelerare, sapeva che la pressione sanguigna sarebbe stata buona. Quando il respiro dell’uomo fu vicino, Joshua fu pronto. Estrasse dalla tasca il punteruolo e pensò in seno al suo io :
« Dopo questo, un altro ancora. L’ultimo ». Ripose di nuovo il punteruolo e in un attimo l’omicidio fu compiuto: Joshua sbucò dal cassonetto aggredendo la sua vittima, come un ghepardo, dritto al collo. Tra la spazzatura un riflesso avvolse il viso di Joshua e si diresse verso quel pezzo di cristallo finto. Si guardò dentro, il viso era sporco. Estrasse dal taschino un fazzoletto e con la saliva rimediò come poteva.
Riprese la strada in mezzo alle persone e si accostò alla fermata degli autobus. Vicino quella sfilza di mezzi, un magazzino giallo recitava il suo sermone dal capitolo capitale: ” China Shop”. Era un grande centro commerciale cinese. Per raggiungerlo bisognava scendere una scalinata e inoltrarsi nel buio di un tunnel. Joshua si fermò davanti un distributore automatico di foto, posto alla sinistra dell’ingresso. Entrò e si sedette. Chiuse il sipario. Inserì alcune monete . Il suo corpo cominciò a contrarsi, le viscere presero il sopravvento e la sua figura si rimpicciolì. Primo flash, secondo flash. Joshua tirò fuori la lingua.
Era un giovincello sui dieci anni, con il capello scuro e gli occhi a punta di spillo. Le foto erano vivaci, fermo immagine di un sorriso che nascondeva la spensieratezza dell’omicidio. Saltò giù dal seggiolino e, una volta fuori dalla cabina, entrò nel negozio dei cinesi. L’odore di plastica e finzione si infiltrava nelle narici. Nei negozi cinesi, si può trovare di tutto e questo Joshua lo sapeva bene. La sovrapproduzione dell’inutile chiamava le genti all’acquisto post lavorativo o durante l’ora del pranzo : chi non vorrebbe un cattura peli in plastica da gettare in lavatrice, durante il lavaggio? E chi non desidera portapenne dalle forme più disparate, che non si utilizzeranno mai? Acquistare la propria polizza sull’inquinamento del pianeta è il vessillo del lunedì dell’uomo sociale. Joshua si aggirava tra gli scaffali, divertito da tanto consumismo. Estrasse dal taschino il punteruolo, mentre saltellava contento. Lo guardò un pochino e in secondo piano scorse una piccola statuetta di un dinosauro. La prese e la mise in tasca insieme al punteruolo. Si diresse nuovamente verso l’uscita ma al suo passaggio scattò l’allarme.
« Cosa hai pleso? Fammi vedele le tasche! »
Il commesso dall’occhio di drago minacciò Joshua. Di tutta risposta il giovincello fece un balzo indietro e in picchiata si diresse verso gli scaffali. Il piccolo fuggiva da quel Minotauro asiatico, in un labirinto di colori e prodotti selezionati dai peggiori marchi mondiali. Vide una porta di servizio, a solo uso del personale, ed entrò. Il commerciante sbraitando lo seguì. Nella penombra del magazzino, pieno di cartoni, Joshua si nascose, come quando era uomo, dietro una pila di questi.
« Vieni fuoli, lagazzo! Chiamo polizia! ».
Il furfante cominciò a sghignazzare attirando l’attenzione dell’uomo.
« Sei lì dietlo, lo so! ». Questa volta Joshua uscì allo scoperto senza pensarci su. Si parò dinanzi il commerciante.
« Eccoti! Piccola peste! Dammi mio gioco! ».
« No, no… Questo è il mio gioco! »
« Fai il blavo o chiamo polizia! »
« Fai tu il bravo…»
« Mi allabbio, dammi gioco o plendo da solo! ». Il pover’uomo si avvicinò e Joshua infilò la sua mano in tasca.
« Blavo così, dammi gioco » Joshua estrasse il punteruolo e in un baleno lo conficcò nella tempia sinistra della vittima. Un rantolo straziante si spanse nella stanza, nel silenzio che accompagna la morte. Il giovane diavolo tirò via il punteruolo e lo asciugò, sulla giacca del morto. Di soppiatto uscì dallo stanzino .L’Universo sembrava abbracciare l’intento dell’assassino perché non ci furono più ostacoli tra lui e l’evasione. Ripercorse il tragitto macchiato dei suoi delitti: passò davanti il vicolo, dove il cadavere del signore non era stato ancora scoperto, poi davanti il negozio della fattucchiera. Tutto taceva, nessuno si era accorto di quel lunedì frenetico di sangue. Il giovane cominciò ad accusare l’ira delle viscere. Corse verso casa e si ritrovò sul divano grondante di sudore.
« È il momento » estrasse di nuovo il punteruolo dalla tasca, sporco com’era di quel sangue cinese.
« Ora ». Infilò il punteruolo dentro l’orecchio. Il vuoto si impossessò di lui. Per trenta secondi un vortice di dolore misto a piacere portò Joshua a svenire, ma i sensi si riaccesero ad un “click” distinto nella sua testa.
Si destò, estrasse il punteruolo e corse in bagno. L’intestino prese a contrarsi prima di espellere quel maledetto fastidio. Si alzò e voltò verso il water, con i pantaloni scesi fin giù alle caviglie. In fondo all’acqua giaceva un verme grigiastro, grande quanto una pantegana. Tirò lo sciacquone e salutò così il suo verme giornaliero.
Ormai stanco, senza aver la forza di rimettersi in ordine, si guardò allo specchio :era tornato alla sua forma originaria. Immerse il viso nell’acqua e aprì lo sportellino al lato del lavandino. Una confezione, tra il dentifricio e lo spazzolino, riportava la seguente etichetta : VERMICIDIO.
Joshua la prese in mano, la voltò e lesse per l’ennesima volta :
“Prodotto suggerito per chi soffre di odio sociale.
MODALITÀ D’USO:
Consigliata l’assunzione di una pillola , una volta al giorno per venti giorni.
IL PRODOTTO CONTIENE: verme dell’omicidio.
Una volta assunto, il verme prenderà possesso del corpo ospitante trasformando la fisionomia del
soggetto. L’effetto del verme varia dalle due alle tre ore. È necessario uccidere nell’arco di tempo indicato. Per riportare l’organismo alla situazione iniziale, prima dell’espulsione, inserire l’apposito punteruolo fino in fondo ad un orecchio ( a scelta ) .
Espellere il verme “.
Joshua respirò profondamente e mise a posto la confezione.
“Domani è un altro giorno”. Lo ripeté a sé stesso come un mantra, ma fu interrotto dal suono del campanello. Sudaticcio e con un brutto aspetto, andò alla porta, aprì ed era Jimmy:
« Che faccia ragazzi! Te ne sei andato di corsa oggi e pensavo ce l’avessi con me. Non ti arrabbiare, ma ho deciso di portarti la cena . Che ne dici di una birretta, pizza e partita alla play? ».
Joshua pensò che dopo una giornata a tinte nere come quella, una pizza era il giusto compromesso.
« Entra pure, ma non faremo tardi. Domani ho tanto lavoro da sbrigare »
« Che devi fare di così importante? »
« Devo vedere un po’ di gente … ».