La Soglia Oscura
Monografie

ZDZISŁAW BEKSIŃSKI, LE TENEBRE NEL SURREALISMO
di Antonella Astori

Signori e signore prego accomodatevi, oggi facciamo la conoscenza di un artista alquanto surrealista ed illusorio, assurdo e tenebroso. Il suo nome è Zdzisław Beksiński, nato il 24 febbraio 1929 a Sano, un piccolo centro nel sud-est della Polonia, vicino ai Carpazi. La sua famiglia di imprenditori gli permise di studiare economia, diplomandosi in seguito in un liceo clandestino durante quella che fu l’occupazione tedesca della Polonia.

Quando finalmente tutto cessò, si potè iscrivere presso la facoltà di architettura a Cracovia e divenne in seguito supervisore dei cantieri edili a Sano, sebbene con una particolare avversione. Non ebbe poi vita felice. Dopo aver assistito alla morte di sua madre e di sua suocera, dovette affrontare anche la perdita di sua moglie che morì nel 1998 ed il suo unico figlio si tolse la vita nel 1999, proprio il giorno della Vigilia di Natale. E per quanto riguarda poi lui personalmente venne assassinato il 21 Febbraio 2005, accoltellato ben diciannove volte (si dice) dal figlio del suo maggiordomo; la motivazione fu che gli negò il prestito di alcuni soldi. Ma credo che non furono solo questi avvenimenti che lo fecero disegnare in maniera macabra; infatti ebbe anche un terribile incidente stradale, dove rimase bloccato con la sua auto all’interno di un passaggio a livello incustodito, nel cuore della fredda campagna polacca. Per fortuna se la cavò con tre settimane di coma e molti mesi di convalescenza, ma da quel momento la sua arte cambia radicalmente. E’ come se Beksiński avesse aperto una porta su un mondo oscuro, dove l’angoscia umana la fa da padrone.

Durante la sua esistenza si dilettò con la scultura, dando maggior risalto alla plastica e al metallo, nonché blocchi di pietra trapassati con del filo d’acciaio. Ma particolari sono i suoi lavori alquanto sconvolgenti e forse per qualcuno disturbanti creati con la fotografia, con la quale imprimeva donne e uomini dal volto bendato, visi deformati e rovinati, o addirittura cancellati con tecniche di fotomontaggio, ampi paesaggi tristi e solitari o addirittura, ancora più inquietanti, bambole mutilate.Per quanto riguarda invece le sue opere realizzate su tela con olii, possiamo notare i suoi soggetti scheletrici dai contorni immateriali, mostri dall’anima onirica e misteriose apparizioni. Un artista insomma ossessionato (forse proprio per ciò che nella vita gli è successo) da dimensioni e luoghi lugubri, tetri, paesaggi con la presenza di figure sofferenti, demoniache, dietro i quali si nascondevano la sua irrequietezza e voglia di starsene solo con le sue angosce, che lo attanagliavano dall’interno. Si dice che chi li guarda si trova a dover fare i conti con strane situazioni ed è per questo che i suoi dipinti rientrano tra quelli maledetti; qualcuno sosteneva addirittura che i compratori o gli osservatori di queste tele uscivano fuori di senno se guardavano troppo a lungo, o comunque potevano succedere eventi alquanto strani. Una particolare energia negativa, insomma, sembra trasparire da questi soggetti, i quali sembrano avere un loro percorso individuale, pieno di sofferenza e paura che tutto questo mai potrà avere fine.

Una linea quindi ben marcata tra la disperazione e la morte che va a creare come una sorta di soffocamento, personaggi che non trovano pace e si lasciano andare alla frustrazione della vita. Il tutto evidenziato da ossa, sangue, deformazioni del corpo, dati da spennellate marcate sottolineate da colori spenti, cupi e freddi. Praticamente la figura grottesca dell’uomo viene sostituita da ossa sporgenti, come si può notare, ad esempio,nel dipinto in cui questa figura macabra suona un clarinetto. I colori presenti si fondono tra l’ambra e il marrone, evidenziando così la putrefazione del corpo. Sembra davvero non badare a ciò che avviene intorno a sé, è praticamente intento nel suo compito del momento e questo lo si deduce anche se la fisionomia del volto è del tutto assente, a parte due enormi buchi neri al posto degli occhi, proprio com un teschio. Il corpo sembra diventare invece un tutt’uno con le dita che stanno suonando e l’intero corpo tende a piegarsi. Ma in tutto ciò c’è anche la tristezza e un fondo di sofferenza per lo sforzo di fare tutto questo, come se i doveri di ogni giorni fossero un’ossessione.

Attualmente le sue opere possono essere osservate nella galleria di Sano, con oltre ben 300 opere tra fotografie, dipinti e sculture, nota particolare è il fatto che non diede nessun titolo a queste sue opere, ma solo codici o descrizioni anonime, lasciando quindi libero spazio alla fantasia di chi le osserva. Persino il regista Guglielmo Del Toro ha ammesso di essersi ispirato ad alcuni suoi dipinti per il film “Il labirinto del fauno”, dicendo in un’intervista:“Come nella tradizione medievale, Beksiński sembra credere che l’arte sia un monito alla fragilità della carne – qualunque piacere sappiamo essere destinato a perire – così, i suoi dipinti riescono a evocare allo stesso tempo il processo di decadimento e la continua lotta per vita. Portano dentro di sé una poesia segreta, macchiata di sangue e di ruggine”.

Da segnalarvi è inoltre il film uscito nel 2016, biografico, girato dal regista Jan P. Matuszyńsk intitolato “The last Family” che descrive, con atmosfere piuttosto pesanti, la vita e la famiglia dell’artista dal 1977 fino alla sua morte.

E’ sorprendente quanto l’arte può commuovere, ma al tempo stesso spaventare, evidenziando il suo lato più oscuro. Forse sarà suggestione, sarà anche perché la sua vita è come se fosse stata maledetta, ma i dipinti sembrano davvero parlare, voler esprimere qualcosa che è al di là della nostra comprensione e sembrano chiedere pietà. I suoi lavori invitano a guardarci dentro, ad ascoltare i nostri turbamenti e le nostre inquietudini.

E ora ditemi. Cosa provate nel guardare le opere di questo artista?