La Soglia Oscura
Monografie,  Mitologia

GLI ANTICHI DEI DELLA GRECIA – DEMETRA
di Daniele Bello
Capitolo 5

Comincio a cantare Demetra dai bei capelli, dea
veneranda, e la sua figliola, la stupenda Persefone.
Salve, dea: proteggi questa città, e intona il mio canto.

Inni omerici, XIII, Inno a Demetra, vv. 1-3
(traduzione di G. ZANETTO)

1.
Attributi della dea

Nella mitologia greca DEMETRA (in greco: Δημήτηρ, “Madre terra” o “Madre dispensatrice“; probabilmente il nome deriva dal nome indoeuropeo della madre terra: *dheghom mather) è la dea delle messi e dell’agricoltura. Negli Inni omerici, ella viene invocata anche come la “portatrice di stagioni“, circostanza questa da cui si desume che il culto di Demetra fosse legato al ciclo della natura.

Molto probabilmente, la dea era adorata già in tempi arcaici, molto tempo prima che si affermasse il culto degli dei Olimpici; tracce del culto di Demetra si hanno infatti in epoca minoica e nelle iscrizioni in Lineare B di cultura micenea: non è azzardato concludere che questa divinità, di origine cretese, sia stata poi incorporata nel pantheon delle popolazioni indoeuropee che avevano invaso la penisola ellenica nel II millennio a.C. (Achei, Ioni, Eoli), dove ebbe inizialmente un grandissimo rilievo.

Il nome di Demetra (spesso riportata anche come Da1 o Damate) appare spesso connessa alla figura di POSEIDONE nelle richieste di grazia agli dei: anche in questo caso è possibile teorizzare che, in una fase della religione ellenica anteriore a quella “ufficiale” (quella cristallizzatasi in epoca classica e note come “religione olimpica”) venissero adorate principalmente le forze della natura (c.d. “naturalismo”) simboleggiate principalmente da Poseidone e da Demetra, quest’ultima nella funzione di dea madre o madre terra; per questo motivo, anche in epoca successiva, ella veniva spesso confusa con Gea o con Rea Cibele.

Il suo culto era spesso associato, sin dall’epoca micenea, a quello di sua figlia PERSEFONE (detta anche KORE, “la fanciulla”) tanto che le due figure mitiche venivano spesso invocate assieme e chiamate “le due dee” (“to theo“).

Legati alla figura di Demetra erano anche i Misteri Eleusini2, riti religiosi di epoca arcaica (antecedenti alla religione olimpica e anch’essi, forse, di origine cretese) che si svolgevano nella città di Eleusi, nell’Attica occidentale. Nel corso delle cerimonie gli adepti facevano uso di oppiacei ricavati dal papavero, come conferma anche l’appellativo di Demetra come “dea dei papaveri” (TEOCRITO).

Secondo il retore ateniese ISOCRATE, infatti, i più grandi doni di Demetra furono l’insegnamento delle tecniche per l’agricoltura (la semina, l’aratura, la mietitura) e i Misteri, che consentirono all’umanità di coltivare speranze più elevate per la vita ultraterrena.

In seguito Demetra venne inserita nel pantheon degli dei olimpici; nella Teogonia di ESIODO la dea è figlia di Crono e Rea e sorella maggiore di Zeus; come tale, ella venne divorata dal padre ma fu poi riportata alla luce grazie ad un inganno ordito da Metis e dallo stesso Zeus; nella Titanomachia, prese le parti del fratello.

Demetra era invocata con diversi epiteti (Inni omerici, PAUSANIA):

Potnia – “Padrona”
Chloe – “Il verde germoglio”
Anesidora – “Colei che spinge in su i doni”
Malophoros – “Colei che dà mele” o “Colei che dà greggi”
Kidaria
Chtonia – “Che si trova nel suolo”
Erinys – “Implacabile”
Lusia – “Che prende il bagno”
Thermasia – “Calorosa”
Kabeiraia – nome di origine pre-ellenica di significato incerto
Thesmophoros – “Fornitrice di consuetudini” o anche “legislatrice”; questo titolo era usato in connessione con la Tesmoforie, una cerimonia segreta riservata alle donne che si svolgeva ad Atene, connessa con le tradizioni matrimoniali.

I luoghi principali in cui il culto di Demetra era praticato si trovavano sparsi per tutto il mondo ellenico (Eleusi, Creta, Arcadia, Misia, Megara, Corinto, Delo, Agrigento, Pergamo, Selinunte, Enna, Samotracia e Siracusa).

La dea viene solitamente raffigurata mentre si trova su un carro e spesso associata ai prodotti della terra, come fiori, frutta e spighe di grano. Nella mitologia romana, la figura equivalente a Demetra era chiamata con l’appellativo di CERERE.

2.
Amori e vendette di Demetra

Non sono molti, nella mitologia greca, i racconti che hanno come protagonista la dea Demetra.

Si narra comunque (PAUSANIA) che il dio del mare Poseidone perseguitasse la dea delle messi con la sua brama amorosa e che, per questo, Demetra avesse assunto la forma di una giumenta, nascondendosi tra le mandrie del re Onkios, un antico sovrano dell’Arcadia. Neppure così la dea riuscì a nascondere la propria natura divina: anche il dio del mare si trasformò in uno stallone e riuscì così ad accoppiarsi con la divina sorella. Demetra, furibonda per la violenza subita (da qui l’attributo Erinys), lavò via la propria ira nel fiume Ladona (circostanza da cui derivò l’epiteto Lusia).

Dall’unione tra le due divinità nacquero una figlia, il cui nome non poteva essere rivelato al di fuori dei Misteri Eleusini, ed un cavallo dalla criniera nera chiamato ARIONE (che fu poi la cavalcatura di ADRASTO, eroe della guerra dei Sette conto Tebe).

Non è inverosimile immaginare che questa leggenda sia di origini antichissime e che riporti all’epoca in cui Poseidone e Demetra erano le divinità principali del pantheon ellenico, raffigurate in forma di animale (come molte divinità primigenie); anche in epoca storica, del resto, in Arcadia Demetra era adorata come una dea dalla testa di cavallo.

Alla dea Demetra non vengono in genere associati compagni o consorti; l’eccezione è rappresentata da IASIONE (o GIASIONE), figlio di Elettra e nipote del titano Atlante: secondo OMERO (Odissea, Libro V) il giovane giacque con Demetra in un campo arato tre volte e fu in seguito ucciso con un fulmine da Zeus. Da Iasione la dea concepì PLUTO, il dio della ricchezza.

Secondo la versione di APOLLODORO, invece, Iasione si innamorò di Demetra e cercò di disonorarla, ma fu ucciso da un fulmine.

Anche se molto amata in quanto apportatrice di abbondanza, Demetra era temuta, in quanto capace di provocare carestie; le sue esplosioni di ira erano rare ma terribili. Rammentano CALLIMACO (Inno a Demetra) e OVIDIO nelle sue Metamorfosi (Libro VIII, vv. 738-878) che ERISITTONE, re di Tessaglia, un essere che spregiava le divinità e non bruciava mai sugli altari in loro onore, avesse violato un bosco consacrato alla dea, profanandola con la scure. Le Driadi chiesero giustizia a Demetra, invocando il castigo di quell’uomo così empio ed ella acconsentì, escogitando una pena terribile. Erisittone venne punito con una fame insaziabile: cominciò ad inghiottire cibo a iosa, senza mai trovare appagamento; dilapidò il patrimonio paterno e vendette le figlie come schiave. Quando la violenza del male ebbe bruciato tutte le sue risorse, Erisittone cominciò a divorarsi le membra e, con strazio, a nutrirsi lacerando il proprio corpo.

3.
Il ratto di Persefone

Comincio a cantare Demetra dai bei capelli, dea venerabile,
e la sua figliola dalle caviglie sottili, che Adoneo
rapì – glielo concesse Zeus onniveggente, signore del tuono,
ingannando Demetra dalla spada d’oro, dea delle splendide messi –
mentre giocava insieme alle floride figlie di Oceano
e coglieva fiori (le rose e il croco e le belle viole)
su un morbido prato.

Inni omerici, II, Inno a Demetra, vv. 1-7
(traduzione di G. ZANETTO)

Il più importante mito legato a Demetra è la sua relazione con Persefone, che ella generò con suo fratello Zeus, il dio del tuono e del fulmine. Secondo quanto viene riferito da APOLLODORO e all’anonimo poeta dell’Inno a Demetra, Ades si innamorò della fanciulla e la rapì con il consenso di Zeus. Il signore dell’oltretomba sorprese Persefone mentre coglieva fiori assieme alle figlie di Oceano, la afferrò e la condusse via con il suo carro d’oro, trainato da cavalli immortali; la figlia di Demetra sperò sino all’ultimo di essere salvata dall’intervento divino ma venne presa dallo sconforto quando varcò il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Allora

echeggiarono le vette dei monti e gli abissi del mare
alla sua voce immortale, e la venerabile madre la sentì.
Un acerbo dolore le prese il cuore, e dai capelli
divini si strappava il velo con le sue stesse mani.

Inni omerici, II, Inno a Demetra, vv. 38-41
(traduzione di G. ZANETTO)

Per nove giorni la dea Demetra vagò per la terra, stringendo fiaccole ardenti, alla ricerca della figlia perduta: ella non si nutriva né di nettare né di ambrosia. Finalmente, la dea incontrò Ecate e il luminoso Helios, il quale rivelò che a rapire la bella Persefone era stato Ades, con il beneplacito del fratello Zeus.

Irata, Demetra abbandonò il concilio degli dei e il vasto Olimpo e vagò per le terre dei mortali, camuffata da vecchia. Giunta ad Eleusi, la dea si sedette su una pietra (che da allora venne chiamata “senza sorriso”, in ricordo della sua storia) vicino al pozzo Callicoro. Ella si recò quindi presso CELEO, che allora era il re della città: le donne che abitavano nella sua casa la invitarono a sedere insieme a loro; una vecchia, che si chiamava IAMBE, con i suoi scherzi riuscì a far sorridere la dea: sarebbe questa l’origine di tutte quelle burle irriverenti delle donne nella festa delle Tesmoforie.

METANIRA, la sposa di Celeo, le chiese di fare da nutrice per suo figlio DEMOFONTE, nato tardi dopo lunga attesa e speranza. Per ringraziare Celeo della sua ospitalità, la dea volle rendere immortale il piccolo principe: così, Demetra nutriva Demofonte ungendolo con ambrosia, alitandogli sopra e stringendolo al seno; di notte, ella lo gettava nel fuoco, per spogliarlo dal suo corpo mortale; il bambino cresceva così in maniera prodigiosa. Una notte, Metanira volle osservare la nutrice e vide che il bambino stava bruciando nel fuoco: la donna si mise a gridare; così Demofonte fu consumato dal fuoco e la dea furibonda fu costretta a rivelarsi.

“O mortali sciocchi e insensati, incapaci
di prevedere il destino, buono e cattivo!
Anche tu per sventatezza gravemente hai sbagliato.
Giuro infatti – giuramento divino! – sullo Stige spietato
che avrei reso tuo figlio immortale ed eternamente
giovane e gli avrei concesso un onore infinito;
ora invece non potrà sfuggire alla morte e al fato”.

Inni omerici, II, Inno a Demetra, vv. 256-262
(traduzione di G. ZANETTO)

Demetra continuò a dimorare ad Eleusi, lontano da tutti gli immortali; ella rese terribile e odiosa la terra per i mortali, perché quell’anno i semi coltivati non germogliavano.

Non potendo permettere che la stirpe umana si estinguesse a causa della carestia, Zeus mandò Iride da Demetra, scongiurandola di tornare dagli immortali; la dea replicò che non avrebbe nutrito più i frutti della terra prima di aver rivisto la figlia dal bel volto.

Allora il signore di tutti gli dei mandò Hermes nel regno dei morti per blandire Ades e convincerlo a riportare Persefone dalla densa tenebra alla luce; l’oscuro signore acconsentì ma con l’inganno spinse la fanciulla mangiare dei semi di melograno magici, che l’avrebbero costretta a tornare nel mondo sotterraneo. Quando Demetra poté finalmente riabbracciare la figlia, ella venne colta da un dubbio ed esclamò:

“Figlia, non avrai certo mangiato del cibo
là sotto? Parla, non nascondermi nulla:
così entrambe sapremo.
Se è così, infatti, lontano da Ade odioso,
insieme a me e al padre Cronide dalle nere nubi
vivrai, onorata dagli dei immortali.
Se no, scendendo di nuovo nei recessi della terra
Vivrai laggiù ogni anno per un terzo delle stagioni
e per gli altri due terzi con me e con gli immortali”.

Inni omerici, II, Inno a Demetra, vv. 393-400
(traduzione di G. ZANETTO)

Alla domanda Persefone replicò:

“Ade di nascosto
mi porse un chicco di melograno, dolce boccone,
e con la forza mi costrinse a mangiarlo, pur contro voglia”.

Inni omerici, II, Inno a Demetra, vv. 411-413
(traduzione di G. ZANETTO)

Da allora Persefone deve rimanere con Ade per un terzo dell’anno. Infatti

Zeus onniveggente, signore del tuono,
mandò come messaggera
Rea dai bei capelli, perché riconducesse Demetra
vestita di scuro in mezzo agli dei, e promise di darle
qualunque privilegio essa volesse
fra gli dei immortali.
Stabilì che sua figlia, anno dopo anno,
per un terzo del tempo stesse dentro la densa tenebra
e per due terzi accanto alla madre e agli altri immortali.

Inni omerici, II, Inno a Demetra, vv. 441-447
(traduzione di G. ZANETTO)

Da allora in poi la terra rifiorì e le piante crebbero di nuovo rigogliose; quando Persefone è costretta a tornare nel mondo delle ombre (nei mesi inverali), tuttavia, la terra ridiventa spoglia e infeconda.

Si narra che Demetra decise di insegnare tutte le arti dell’agricoltura a TRITTOLEMO, figlio di Celeo: sotto la protezione della dea e di sua figlia Persefone questi volò per tutta la regione dell’Ellade su di un carro alato per insegnare ciò che aveva appreso.
Riferiscono inoltre i cantori che Demetra decise di istituire nella città di Eleusi, che l’aveva colto così benevolmente, un culto sacro: ella mostrò così l’esecuzione dei riti e rivelò

i sacri misteri, che non è consentito profanare né indagare
né rivelare, poiché la reverenza per gli dei frena la voce.
Beato fra gli uomini chi ha assistito a questi riti!

Inni omerici, II, Inno a Demetra, vv. 478-480
(traduzione di G. ZANETTO)

1 La sillaba DA potrebbe derivare da una radice Protoindoeuropea associata al concetto di distribuzione di terre e privilegi. Secondo altri studiosi di etimologia invece la radice DA è una forma dialettale della parola γή “terra”.
2 I riti misterici erano una pratica di culto parallela a quella degli dei olimpici e si credeva fossero stati fondati da ORFEO; gli adepti del culto dei Misteri credevano nel ciclo continuo della nascita e della morte e, quasi sicuramente, anche nella reincarnazione. Scopo ultimo di queste pratiche religiose era di purificare l’anima per farla ricongiungere con l’elemento divino; tale ascesa poteva essere compiuta attraverso rituali complessi (anche di tipo orgiastico), che prevedevano il raggiungimento di stati di estasi ed eccitazione per acuire la sensibilità ed avvicinarsi agli dei (famosa la definizione dell’epilessia come “morbo sacro”).

Fonti:

o https://www.theoi.com/Olympios/Demeter.html
o The Homeric Hymns – Greek Epic C8th-4th B.C.
o Greek Lyric IV Bacchylides, Fragments – Greek Lyric C5th B.C.
o Greek Lyric V Scolia, Fragments – Greek Lyric B.C.
o Callimachus, Hymns – Greek Poetry C3rd B.C.
o The Orphic Hymns – Greek Hymns C3rd B.C. – C2nd A.D.
o Ovid, Metamorphoses – Latin Epic C1st B.C. – C1st A.D.
o Ovid, Fasti – Latin Poetry C1st B.C. – C1st A.D.
o Nonnos, Dionysiaca – Greek Epic C5th A.D.