GLI ANTICHI DEI DELLA GRECIA – HERMES
di Daniele Bello
Capitolo 9
Musa, canta il figlio di Zeus e di Maia, Hermes,
signore del Cillene e dell’Arcadia ricca di greggi,
veloce messaggero degli immortali. Lo generò Maia,
la nobile ninfa dai bei riccioli,
unendosi in amore con Zeus.
Inni omerici, IV, Inno a Hermes, vv. 1-5
(traduzione di G. ZANETTO)
1.
Attributi del dio
Nella mitologia greca ERMES, HERMES, o ERMÈTE (Ἑρμῆς) è il messaggero degli dèi (compito che divide con IRIS); egli è anche il dio degli oratori, della letteratura, della poesia, dell’atletica, delle invenzioni e del commercio, nonché dell’astuzia tipica dei ladri e dei bugiardi.
Hermes rivestiva anche il ruolo di “psicopompo”, ovvero di accompagnatore dello spirito dei morti, che il nume aiutava a trovare la via per il mondo sotterraneo dell’aldilà; secondo molte leggende egli sarebbe stato l’unico dio (oltre ad Ades e Persefone) in grado di entrare ed uscire dagli inferi senza problemi1.
In sintesi, si può dire che Hermes incarnasse per gli Elleni l’idea del passaggio e dell’attraversamento, manifestato in qualsiasi tipo di scambio, trasferimento o mutamento da un luogo (o da uno stato) all’altro: questo spiegherebbe il motivo per il quale il nume era messo in relazione con lo scambio di beni, con i colloqui e con il trapasso dalla vita a ciò che viene dopo di essa.
La devozione per il dio Hermes era diffusa in tutta la Grecia, ma il centro più importante dove veniva praticato il suo culto era l’Arcadia.
In epoca antica, Hermes era raffigurato come un dio anziano, barbuto e dotato di un fallo di notevoli dimensioni; in seguito (VI secolo a.C.) , l’iconografia del dio mutò radicalmente e la sua figura venne trasformata in quella di un giovane dall’aspetto atletico: egli era solitamente ritratto mentre indossava abiti semplici, un cappello alato (il “petaso”), un paio di calzari anch’essi alati e un bastone da messaggero (il “kerykeion”), attorno al quale venivano a volte intrecciati due serpenti; spesso era rappresentato con i suoi simboli caratteristici: la borsa, il gallo o la tartaruga.
Nella mitologia romana il corrispondente di Hermes fu MERCURIO, un dio di origine probabilmente etrusca.
2.
La nascita di Hermes
Hermes fa la sua comparsa nella letteratura greca con i poemi omerici: nell’Iliade, il dio aiuta il re di Troia Priamo ad entrare di nascosto nell’accampamento per parlare con Achille e convincerlo a restituirgli il corpo di Ettore.
Nell’Odissea, invece, Hermes viene inviato presso la ninfa Calipso per ordinarle di lasciare andare Odisseo (Libro V); nel Libro X, egli protegge il figlio di Laerte donandogli un’erba magica che lo rende immune dagli incantesimi di Circe.
Nel pantheon olimpico classico Hermes era figlio di Zeus e della Pleiade Maia, figlia del Titano Atlante2.
Asceso il suo sacro talamo, Maia, la figlia di Atlante,
a Zeus generò Ermes l’illustre, l’araldo dei numi.
ESIODO, Teogonia, vv. 938-939
Secondo la tradizione Hermes nacque sul Monte Cillene in Arcadia; la madre, si narra, sfuggiva la compagnia degli dei beati e viveva chiusa in un antro ombroso, dove il figlio di Crono nella notte si univa alla ninfa dai bei riccioli, all’insaputa degli uomini mortali e degli dei immortali.
Ma quando si compì la volontà del grande Zeus
e nel cielo si volse per lei il decimo mese,
il bimbo nacque, e venne in chiaro ogni cosa.
Essa generò un figlio versatile, dalla mente sottile,
un predone ladro di buoi, signore dei sogni:
uno che spia nella notte accanto alle porte, destinato
a compiere ben presto grandi imprese fra gli dei immortali.
Inni omerici, IV, Inno a Hermes, vv. 10-16
(traduzione di G. ZANETTO)
Il piccolo Hermes fu un bambino molto precoce: nel suo primo giorno di vita egli prese il guscio di una tartaruga, vi fissò due canne ed inventò così la lira; la notte stessa, egli riuscì a rubare cinquanta capi della mandria immortale di Apollo, nascondendoli e cancellandone le tracce. Egli infatti
staccò dalla mandria cinquanta vacche mugghianti
e le spinse per la spiaggia sabbiosa, per vie traverse,
rovesciando le orme; memore dei suoi trucchi,
invertì gli zoccoli, quelli davanti dietro
e quelli dietro davanti: lui invece camminava di fronte.
Inni omerici, IV, Inno a Hermes, vv. 74-78
(traduzione di G. ZANETTO)
Secondo OVIDIO (Metamorfosi, Libro II, vv. 685-707) nessuno si era accorto del furto tranne un vecchio pastore di nome BATTO; Hermes lo prese da parte e gli disse: “Straniero, chiunque tu sia, se per caso qualcuno ricercherà questi armenti tu devi dire di non averli mai visti. E perché sia data una ricompensa al tuo servizio, prendi come premio questa bianca vacca”. Il pastore, accettato l’inaspettato dono, giurò di esser muto come un pietra.
Per verificare quanto detto dal vecchio, il figlio di Zeus si ripresentò sotto mentite spoglie e gli domandò se avesse visto passare una mandria, promettendo un toro ed una giovenca in cambio delle informazioni. Il pastore indicò subito il luogo in cui erano state portate le giovenche rubate ad Apollo. Hermes, indignato, rivelò la sua identità e trasformò Batto in una pietra.
Hermes, con la protezione della oscura Notte, condusse gli armenti in una grotta; il nume accese il fuoco (alcune tradizioni vogliono che egli fosse il primo in grado di accendere la fiamma) e sacrificò due mucche agli dei: parte della la carne la mangiò e in parte la bruciò; quando ebbe finito, egli tornò di buon mattino sul monte Cillene, senza fare il minimo rumore, e si stese nella culla mettendosi a giocare come un bambino.
Quando Apollo si accorse del furto delle mandrie, egli si mise alla ricerca dei capi rubati; ben presto, si accorse dello stratagemma delle orme alla rovescia e giunse sin nel boscoso monte Cillene, dove aleggiava un profumo di carne arrostita.
Il figlio di Zeus e di Leto riconobbe la bella ninfa del monte e, facendo uso della propria arte mantica, dopo avere scrutato attentamente il piccolo Hermes lo accusò del furto, minacciandolo di scaraventarlo nell’oscuro Tartaro qualora non avesse riconsegnato la mandria; il figlio di Maia giurò e spergiurò di non essere lui il ladro delle vacche.
Per sanare questa disputa, dovette intervenire il padre di tutti gli dei, Zeus, al quale Hermes rivelò che aveva effettivamente rubato la mandria; il dio del fulmine scoppiò in una grande risata e impose al figlio di restituire quanto aveva rubato.
Mentre i due numi si recavano presso il fiume Alfeo per recuperare gli animali, Hermes cominciò a suonare la sua lira. Apollo rise di gioia: il suono piacque così tanto al figlio di Leto che, in cambio dello strumento, egli accettò che il fratello si tenesse le mucche.
Narrano gli antichi che allora Hermes si mise a pascolare gli armenti, costruì una zampogna e si mise a suonarla. Apollo desiderò possedere anche quello strumento e gli diede in cambio la sua verga dorata e l’arte profetica (anche se il figlio di Leto mantenne per sé il dono della divinazione più alta, perché solo a lui era affidata la conoscenza delle decisioni di Zeus). Il padre di tutti gli dei gli conferì invece la carica di messaggero degli dei e di intermediario tra il mondo dei mortali e quello degli immortali (Psychopompos).
3.
Hermes nel mito greco
Hermes era famoso per essere particolarmente devoto e servizievole nei confronti del padre Zeus, che egli spesso accompagnava nelle sue passeggiate nel regno dei mortali (si ricordi, al riguardo, la leggenda di Filemone e Bauci) e nelle sue scorribande amorose, come nel caso della seduzione della bella ALCMENA.
Le fonti ricordano inoltre che, quando Zeus combatté contro Tifeo, egli venne inizialmente sconfitto ed intrappolato dal mostruoso figlio del Tartaro, che lo avvolse con le sue spire, lo immobilizzò e gli tagliò i tendini delle braccia e delle gambe. Poi, Tifeo imprigionò Zeus in un antro della Cilicia, nascose i tendini in una pelle d’orso e vi pose a guardia la dragonessa DELFINE, che era una fanciulla metà donna e metà animale.
Hermes e suo figlio PAN (v. infra, par. 5) riuscirono a rubare i tendini e a riadattarli di nascosto al corpo di Zeus. Ritrovata la sua forza, il figlio di Crono tornò in cielo, salì su un carro trainato da cavalli alati, e, scagliando fulmini, inseguì Tifeo gettandogli addosso il monte Etna.
Fu sempre Hermes, del resto, a liberare il fratello Ares, quando egli venne imprigionato dai due Aloadi (OTO ed EFIALTE) in un vaso di bronzo, dove il dio della morte rimase incatenato per tredici mesi.
Il mito racconta altri episodi di attaccamento ed affezione di Hermes nei confronti del padre: una delle storie più note è quella della ninfa Io, una delle amanti di Zeus, che venne catturata da Hera e custodita dal gigante Argo “Panopte”.
“Argo aveva il capo cinto di cento occhi. Di esse prendevano sonno due alla volta, tutti gli altri vigilavano e stavano all’erta”.
Ovidio, Metamorfosi, Libro I, vv. 625-627
(traduzione in prosa di N. SCIVOLETTO)
Hermes su ordine del padre andò a salvare la fanciulla, addormentando il gigante con canti e racconti ispirati alle gesta di Pan e della ninfa SIRINGA (v. infra, par. 5).
“Mentre si apprestava a narrare tali fatti, Mercurio [Hermes] vide che tutti gli occhi si erano chiusi cedendo al sonno; subito trattiene la voce e rende più profondo il sopore, sfiorando gli occhi illanguiditi con la magica bacchetta. Senza indugio, mentre quello ciondolava con il capo, lo colpisce con l’arma falcata in quella parte dove la testa si attacca al collo e lo butta giù, insanguinato, dal masso, macchiando con quel sangue la rupe scoscesa.
O Argo, giaci morto ed è spenta la vista che avevi in tanti occhi e una notte ininterrotta si stende sui cento occhi. Li raccoglie la figlia di Saturno [Crono] e li colloca sulle penne dell’uccello a lei sacro3 e riempie la coda di occhi lucenti come stelle”.
Ovidio, Metamorfosi, Libro I, vv. 713-723
(traduzione in prosa di N. SCIVOLETTO)
Per questo motivo il nume venne da allora chiamato ARGIFONTE, che in greco antico significa “uccisore di Argo”.
Fu sempre Zeus ad affidare al figlio Hermes il piccolo DIONISO, che il nume partorì dopo esserselo tolto dalla coscia; il figlio di Maia portò il giovane dio a Ino (figlia di Cadmo) e Atamante perché lo accudissero e lo allevassero.
In svariate occasioni, Hermes fu chiamato a ricoprire l’importante ruolo di portavoce della volontà degli dei e, in particolare, di quella di suo padre, il sommo Zeus: quando Prometeo venne incatenato sul monte Caucaso (colpevole di aver rivelato il segreto del fuoco agli uomini), il messaggero degli dei venne inviato a discutere con il Titano; egli tentò di convincerlo a rivelare il nome della dea in grado di partorire un figlio più potente dello stesso Zeus, ma Prometeo si rifiutò di rivelare la profezia e per questo subì il terribile supplizio inviatogli dal padre degli dei olimpi.
Del pari, quando Zeus scatenò il diluvio su tutta la terra, fu sempre Hermes a recarsi presso gli unici due esseri umani sopravvissuti (Deucalione e Pirra), concedendo loro di potere esprimere qualsiasi desiderio; Deucalione chiese allora di poter avere di nuovo la compagnia di uomini e donne e Zeus diede il suo assenso. Fu allora che Temi pronunciò il suo famoso oracolo:
«Andando via dal tempio
velatevi il capo, slacciatevi le vesti
e alle spalle gettate le ossa della grande madre».
OVIDIO, Metamorfosi, Libro I, vv. 381-383
(traduzione tratta dal sito www.miti3000.it)
Per volere degli dei, i sassi scagliati dalla mano di Deucalione assunsero l’aspetto di uomini, mentre dai lanci di Pirra nacquero donne. E così la Terra venne nuovamente ripopolata.
Hermes viene anche ricordato nella mitologia greca per il legame che lo univa con alcune figure eroiche: egli, infatti, aiutò Perseo ad uccidere la gorgone Medusa dandogli i suoi sandali alati e accompagnandolo nel viaggio che lo condusse a compiere la sua impresa.
Hermes è altresì legato al ciclo di Eracle, che egli accompagnò nell’Ade nel corso della sua dodicesima fatica (la cattura del terribile cane a tre teste Cerbero). Il messaggero degli dei fu anche incaricato di vendere l’eroe al mercato degli schiavi, quando l’oracolo di Delfi gli impose tre anni di servitù per espiare un atroce delitto commesso.
Altri miti ricordano Hermes come il nume che purificò le Danaidi, le quarantanove figlie di Danao che uccisero i loro mariti nel corso della prima notte di nozze (anche se, secondo alcuni, esse scontano ancora il loro terribile misfatto nel Tartaro).
Egli è inoltre menzionato per aver donato alla dea Nefele l’ariete dal vello d’oro che salvò Frisso dal sacrificio dando poi inizio alla famosa saga degli Argonauti.
4.
La discendenza di Hermes
Il mito attribuisce anche al dio Hermes, come del resto a molti degli immortali, una nutrita discendenza.
In particolar modo, da una relazione che il dio ebbe con Afrodite nacquero TYCHE (la dea della fortuna), ERMAFRODITO e, secondo alcuni, PRIAPO5.
Alcune fonti riportano che anche il dio alato dell’amore Eros, figlio di Afrodite, sarebbe stato concepito con Hermes.
Erano figli del messaggero degli dei anche ABDERO, che accompagnò Eracle durante una delle sue dodici fatiche e che venne divorato dalle cavalle di Diomede, e AUTOLICO, il principe dei ladri.
Dal seme di Hermes, unitamente a quello di Zeus e Poseidone, nacque anche il gigante cacciatore Orione.
Si attribuisce al messaggero degli dei anche una storia d’amore con ERSE, figlia del re di Atene CECROPE, con la quale il nume concepì un figlio cui venne dato il nome di CEFALO. Di questo fanciullo si innamorò EOS, la dea dell’aurora, che lo rapì e si unì in amore con lui in Siria.
Secondo una versione del mito narrata da OVIDIO (Metamorfosi, Libro II, vv. 708-833), questa passione suscitò il rancore della sorella AGRAULO6, la quale tentò in tutti i modi di ostacolare la relazione tra Erse e il dio Hermes; il nume, indignato, si vendicò pietrificandola .
Il poeta DANTE ALIGHIERI rammenta questa leggenda e la menziona come un esempio emblematico dell’invidia. Una voce che fende l’aria ammonendo le anime del Purgatorio, infatti, così tuona nel poema dantesco:
Io sono Aglauro, che divenni sasso
DANTE, Purgatorio, Canto XIV, v. 139
5.
Pan
Tra i discendenti di Hermes, va menzionato senz’altro il dio PAN: essere metà uomo e metà caprone, egli era figlio del messaggero degli dei e della ninfa DRIOPE.
Si narra che la madre, dopo averlo partorito, fuggì via dal neonato spaventata dal suo orribile aspetto; il padre, tuttavia, lo prese subito in braccio e lo accolse: egli si recò sul monte Olimpo, avvolgendo il figlio in una folta pelliccia di lepre. Qui, la strana creatura suscitò l’ilarità di tutti gli dei (ed in particolare di Dioniso, di cui divenne in seguito compagno inseparabile) meritandosi così l’appellativo di Pan, perché a tutti aveva rallegrato il cuore.
La più importante testimonianza letteraria legata a questa divinità è contenuta negli Inni omerici:
Musa cantami il caro figlio di Ermes, bicorne,
dai piedi di capra, amante del frastuono, che vaga
per le valli boscose in compagnia con le Ninfe danzatrici:
esse amano percorrere le cime delle rupi scoscese,
invocando Pan, il dio dei pascoli, dai capelli lucenti,
irsuto, che frequenta tutte le alture nevose
e le cime dei monti e i sentieri pietrosi.
Si aggira in su e in giù per le fitte macchie:
ora è attratto dall’acqua di tranquilli ruscelli,
ora si arrampica su rocce inaccessibili,
salendo sulla cima più alta, per sorvegliare le greggi.
Spesso corre per le grandi montagne biancastre,
spesso attraversa le valli, facendo strage di selvaggina
grazie alla vista acutissima. Solo al tramonto,
tornando da caccia, intona sulla zampogna una dolce
melodia: non lo vince nel canto
l’uccello che a primavera effonde un lamento
con voce di miele tra i fiori e le foglie.
Allora si uniscono al suo canto le Ninfe montane
dalla limpida voce, danzando con passi rapidi presso la fonte
profonda, e l’eco risuona dalla vetta del monte.
Il dio ora danza in tondo, ora entra nel mezzo,
con rapidi passi – porta sul dorso una fulva pelle
di lince – e si esalta nel cuore a quel canto ritmato,
sul tenero prato dove il croco e il giacinto
odoroso si mescolano all’erba, fiorendo in gran copia.
Inni omerici, XIX, Inno a Pan, vv. 1-26
(traduzione di G. ZANETTO)
Divinità pastorale legata alla campagna, alle selve e ai pascoli (e quindi, in generale, alla fertilità dei campi e alla energia della Madre Terra), Pan amava vagare per i monti e per boschi, suonando e danzando.
Egli aveva una indole selvaggia (dal suo nome deriva appunto il termine “panico”, poiché egli si adirava con chi lo disturbava emettendo urla terrificanti e provocando così una incontrollata paura), ma anche un carattere generoso e bonario.
Le leggende raccontano di come Pan tentasse spesso di sedurre, anche con la forza, le ninfe dei boschi: la storia più famosa è senz’altro quella che racconta della bella SIRINGA e viene narrata da HERMES ad Argo Panopte per farlo addormentare.
“Sui gelidi monti dell’Arcadia tra le Amadriadi della Nonacride ve ne era una di gran lunga più famosa, che le ninfe chiamavano Siringa. Più volte essa era sfuggita ai satiri che l’inseguivano e a quanti altri dei abitano nelle selve ombrose e nella campagna ferace; essa venerava con fervore e particolarmente con la castità la dea Ortigia; succinta alla maniera di Diana [Artemide] avrebbe potuto dare l’illusione di essere la figlia di Latona [Leto], se non avesse avuto un arco di corno, che la dea aveva d’oro; ma anche così traeva in inganno. Mentre essa tornava dal monte Liceo fu scorta da Pan […] La ninfa, non accettando le preghiere, fuggì per luoghi solitari, fino a che non giunse al placido corso del sabbioso Ladone: in questo posto dove le onde le impedivano la corsa, ella invocò le sorelle fluviali perché la trasformassero e Pan, mentre credeva di aver stretto Siringa, invece del corpo della ninfa si trovò in mano un fascio di canne palustri; mentre sospirava su di esse, il movimento dell’aria provocò un suono flebile e simile ad un lamento; il dio avvinto dalla novità dell’invenzione e dalla dolcezza del suono esclamò: «Questo sarà il mezzo di colloquiare con te»; e così congiunte con la massa della cera le canne disuguali tenne vivo il nome della fanciulla”, creando lo strumento musicale che ancora oggi porta il nome della ninfa.
Ovidio, Metamorfosi, Libro I, vv. 689-712
(traduzione in prosa di N. SCIVOLETTO)
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1 Nell’Inno omerico a Demetra, è Hermes a riportare Persefone sana e salva dalla madre.
2 Secondo una leggenda, le PLEIADI erano figlie del Titano Atlante e di PLEIONE ovvero di ETRA, una delle Oceanine: esse furono perseguitate dal gigante ORIONE e per questo trasformate da Zeus dapprima in colombe e poi nella costellazione che porta il loro nome.
3 Il pavone, animale sacro alla dea Hera.
4 Il figlio di Hermes e di Afrodite venne allevato dalle ninfe in Frigia. Egli giunse in Caria, sulle rive di un grande lago: qui lo vide la ninfa SALMACE, che si innamorò subito di lui e chiese agli dei di potersi unire per sempre a lui. I due divennero così un essere solo, metà uomo metà donna.
5 Priapo era un dio noto per la lunghezza smisurata del suo pene: egli rappresentava l’istinto, la forza sessuale maschile e la fertilità della natura. La sua paternità viene attribuita a Hermes, a Dioniso ovvero al padre di tutti gli dei Zeus (secondo quest’ultima versione Hera, gelosa del rapporto adulterino del marito con Afrodite, si vendicò con Priapo e gli diede un aspetto grottesco, con enormi organi genitali). Non fu accettato fra gli dèi olimpici poiché tentò, ubriaco, di abusare di Hestia e venne espulso. Il culto di Priapo era molto diffuso nella Roma antica, per propiziare la fecondità e la capacità di generare. Secondo alcuni, attraverso la figura di Priapo si perpetua il ricordo dell’origine di Hermes come divinità fallica
6 Di Agraulo si racconta che ebbe da Ares una figlia di nome ALCIPPE. ALIRRONZIO, figlio di Poseidone, un giorno la violentò, ma Ares lo scoprì e lo uccise. Per questo motivo il dio della guerra venne chiamato a difendersi davanti all’Areopago.
7 Tale tradizione è in contraddizione con un altro mito, secondo il quale le figlie di Cecrope impazzirono alla vista di Erittonio, figlio della dea Atena, e si gettarono dall’acropoli.
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Fonti:
https://www.theoi.com/Olympios/Hermes.html
o Homer, The Odyssey – Greek Epic C8th B.C.
o The Homeric Hymns – Greek Epic C8th-4th B.C.
o The Orphic Hymns – Greek Hymns C3rd B.C. – C2nd A.D.
o Ovid, Metamorphoses – Latin Epic C1st B.C. – C1st A.D.
o Apuleius, The Golden Ass – Latin Novel C2nd A.D.
o Suidas – Byzantine Greek Lexicon C10th A.D.


