
IL MISTERO DI HANGING ROCK
di Dominic Noir
Da qualche parte nelle vastità dell’Australia, ove le colline brulle e i silenzi atavici si stendono sotto un sole crudele, sorge un monolito di pietra che l’uomo moderno chiama Hanging Rock. Qui, nel remoto inverno del 1900 (precisamente il 14 febbraio, giorno di San Valentino), un gruppo di studentesse dell’Appleyard College scomparve senza lasciare traccia. Una vicenda che, grazie alla penna di Joan Lindsay e alla visionaria regia di Peter Weir, ha scosso le fondamenta della nostra percezione della realtà. Ma, ci chiediamo con crescente inquietudine: si tratta solo di una finzione letteraria, o in quella storia pulsa il cuore oscuro di un autentico enigma?
Hanging Rock non è un semplice affioramento basaltico. Geologi e occultisti concordano sul fatto che la sua origine sia arcaica, forse risalente a un’epoca in cui la nostra razza era appena un’ombra nell’indifferente schema del cosmo. Le tribù aborigene, i cui sussurri riecheggiano nel vento della notte, parlano di quel luogo con timoroso rispetto. Storie di esseri che non appartengono alla Terra, di varchi tra i mondi, di coloro che “camminano tra le fessure del tempo”.
Nel 1975, il regista Peter Weir portò su pellicola il romanzo di Joan Lindsay, trasfigurando la storia in un’opera cinematografica impregnata di un senso di terrore silenzioso, di un’angoscia che striscia sotto la pelle. Il film suggerisce, senza mai rivelare apertamente, che le giovani scomparse siano state vittime di un fenomeno inspiegabile: un’alterazione temporale, un’eco cosmica, forse il richiamo di forze che nessun uomo dovrebbe evocare.
Si è spesso detto che Picnic a Hanging Rock sia solo un racconto immaginario. Ma coloro che hanno scavato più a fondo sanno che Joan Lindsay scrisse il libro come se fosse il ricordo di un sogno vissuto, un sogno che le era stato imposto da qualcosa di esterno alla sua mente. Nelle prime edizioni dell’opera, un capitolo finale – poi rimosso – suggeriva che le ragazze avessero attraversato un varco dimensionale, dissolvendosi in un tempo o in un luogo sconosciuto.
Le indagini storiche sul caso rivelano dettagli inquietanti. Sebbene non vi siano prove concrete della scomparsa delle studentesse nel 1900, il folklore locale è disseminato di testimonianze su persone sparite senza lasciare traccia nei pressi della roccia. Persino alcuni membri della troupe di Weir riferirono di aver vissuto sensazioni inspiegabili durante le riprese: un senso di vertigine, un tempo che sembrava rallentare, suoni che emergevano dal nulla.
Ci piace pensare di vivere in un mondo stabile, dove il tempo scorre in modo lineare e le leggi della fisica sono immutabili. Ma Hanging Rock, come certi luoghi maledetti del nostro pianeta, sembra suggerire un’altra verità: che la realtà è un fragile strato sopra un abisso di caos.
Peter Weir, con il suo film, ha forse toccato un nervo scoperto dell’universo. Forse, in quel caldo giorno del 1900, qualcosa ha chiamato le ragazze nella pietra, qualcosa che esisteva ben prima che l’uomo osasse avvicinarsi a quel luogo proibito.
E mentre il vento soffia tra le fenditure della roccia millenaria, non possiamo fare a meno di chiederci: se mai ascoltassimo quel richiamo, saremmo in grado di tornare indietro?